Renzi lo spaccone in un mondo di furbi. Pagella premier 2015

di Lucio Fero
Pubblicato il 29 Dicembre 2015 - 15:35 OLTRE 6 MESI FA
Renzi lo spaccone in un mondo di furbi. Pagella premier 2015

Renzi lo spaccone in un mondo di furbi. Pagella premier 2015 (foto Ansa)

ROMA – Matteo Renzi non disdegna la furbizia, nella sua apparizione/bilancio di fine 2015 di “astuzie” ne ha piazzate due. La prima, quel “se perdo me ne vado”, impegno solenne collegato però al referendum 2016 sulle riforme costituzionali e non alle amministrative 2016. Una dose evidente di “ti piace vincere facile” assunta dal premier: perdere il referendum è per lui improbabile, andar male alle amministrative è per lui possibile.

La seconda “astuzia” è quell’annunciare, anzi ribadire che “dopo aver fatto il premier, alla scadenza del mandato, non avrò altri incarichi pubblici”. Di questi tempi fa sempre piacere al pubblico, pardon elettorato, sentire che un politico prima o poi sloggia. Però alla fine del mandato in lingua renziana vuol dire alla fine della prossima legislatura, anno 2023, campa cavallo e beato chi ci arriva…

Non disdegna la furbizia Matteo Renzi, anche se due astuzie di cui sopra le abbiamo messe tra virgolette per il semplice motivo che sono troppo scoperte, evidenti per esser davvero callide come avrebbero detto gli antichi…insomma per funzionare al cento per cento.

Però astuzia qua, astuzia là…E una naturale tendenza al ruolo di spaccone. “Nel 2018 se continua così vinceremo al primo turno…il consenso intorno al governo non è basso, è alto…”. A Renzi lo spaccone piace raccontare che l’Italia sta cambiando i connotati. Gli piace talmente raccontarlo che lo racconta, anzi lo canta a se stesso e se stesso incanta. Insomma Renzi ci crede che grazie al suo governare il paese sta cambiando i connotati. E questo è un guaio perché non è vero. E da spaccone ad illuso il passo è breve.

Nella conferenza stampa di fine anno Renzi si promuove e questo è come domandare all’oste come è il vino. Facciamola qui una pagella artigianale del governo Renzi 2015.

Materia Economia: voto sei pieno. Ha cambiato le leggi sul mercato del lavoro, ne son venuti più contratti a tempo indeterminato, la vita di centinaia di migliaia è meno precaria. Ha abbassato qua e là le tasse, prima tra tutte quella sulla prima casa ma anche quelle sulle aziende. Ha fatto una legge di stabilità in deficit come tutta Italia gli chiedeva (salvo non accorgersene di essere stati esauditi o far finta di non accorgersene) e senza rompere con L’europa. Più lavoro, meno tasse, fine austerità. Sei pieno, fosse arrivata anche una vera ripresa economico e fosse Pil sopra uno per cento, il voto in pagella sarebbe sette.

Materia Spesa Pubblica: voto quattro. Al netto di un costante gioco misto tra tre carte e nascondino, il governo Renzi con la spesa pubblica ha fatto quello che hanno fatto tutti i governi nazionali e locali da mezzo secolo: l’ha mantenuta alta dov’era, possibilmente aumentata in percentuale se non in somma assoluta. E non ha agito sull’efficienza e anche giustizia sociale di questa spesa che resta in gran parte tanto massiccia quanto clientelare, incontrollata e perfino ingiusta negli esiti e modalità.

Materia Linea e Azione Politica: voto sei tendente al sette. Non perché quel che ha fatto sia necessariamente fatto bene. Ma voto alto perché ha fatto là dove si pensava fosse impossibile fare. E ha fatto quel che in Italia era prima di lui impossibile fare. Ha fatto una legge elettorale, l’Italicum, che tra non pochi difetti e qualche incertezza dovuta a mediazioni soprattutto con i piccoli partiti, consente a chi vince le le elezioni di governare. In un paese dove da almeno 40 anni governare è considerato un peccato di lesa democrazia, in Italia dove anche oggi è pieno di chi grida allo scandalo se a governare almeno un po’ non ci sono anche quelli che hanno perso o hanno preso pochi voti però sul carro vincente…Qui da noi dove è niente meno che “dittatura” se la maggioranza di governo si forma nelle urne al secondo turno (quindi i sindaci e i presidenti delle Regioni sono tutti dittatori e tiranni?), in un paese così l’Italicum portato a casa è una grande e inattesa e perfino improbabile vittoria. Renzi, che è spaccone ma non fesso, l’ha quindi definito “un capolavoro”.

Materia Consenso, voto quattro. Insufficienza piena. Il paese è pieno di anti renzismo, l’anti renzismo è un lago con molti fiumi e tantissimi ruscelli che affluiscono. Il lago si è formato mentre Renzi governava. E lui Renzi sembra neanche accorgersene di avere quasi i piedi già bagnati. Un solo esempio di come l’anti renzismo si forma ovunque. Quelli che avevano obbligazioni carta straccia delle famose quattro banche si gridano “vittime del salva-banche”. Quindi del governo. In realtà sono casomai vittime delle banche e non del governo. Il governo ha salvato invece i conti correnti, i depositi, parte del portafoglio anche di chi ha perso l’investimento in azioni e obbligazioni. Ma non conta, per la gente, per l’opinione pubblica, chi la compone e chi la fa, sono “vittime del salva-banche”.

Un esempio, solo un esempio. Anti renzismo si è formato e trasuda tra i prof della scuola. A nulla sono valse le assunzioni dei precari. Anti renzismo tra gli impiegati pubblici che vogliono aumenti contrattuali. Anti renzismo a valanga nei sindacati. Anti renzismo “rosso”, perenni scrosci di anti renzismo “rosso” nella “ditta” come la chiama Bersani. L’intero “popolo dei delusi della sinistra” è mutato in “popolo anti Renzi”. Anti renzismo militante non solo tra i tanti elettori di Grillo e Salvini, anti renzismo soprattutto nella società.

Una pagella dove il sei in economia fa a pugni con il quattro in consenso e viceversa. Accade perché Renzi varca spesso il confine tra spaccone e illuso e perché il premier astuto è spaccone in e di un paese di furbi. Più furbi in fondo e astuti di lui: sono i moltissimi che hanno capito, d’istinto o di ragione, che se l’Italia cambia davvero i connotati tocca faticare, tocca meritare il proprio posto nei nuovi connotati. E questo no, proprio no: dagli autisti della metro di Roma, ai precari della scuola, ai dirigenti e quadri della Pubblica Amministrazione, agli autotrasportatori  sovvenzionati, a padroni e clienti di banche di paese amiche, ai professionisti della caccia al denaro pubblico, agli imprenditori che non ci mettono un euro in azienda…

Basta, l’elenco è assolutamente incompleto e continuerebbe a lungo, su e giù e in mezzo e di lato alla società italiana. Renzi si illude di essere più astuto del grande esercito dei furbi.