Renzi manovra: 30 miliardi “di sinistra” per un 2015 o la va o la spacca

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Ottobre 2014 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA
Renzi manovra: 30 miliardi "di sinistra" per un 2015 o la va o la spacca

Matteo Renzi ospite a Che Tempo che fa da Fabio Fazio (foto Lapresse)

ROMA – “Non è una legge di stabilità per stomaci leggeri” scrive, dimostra e argomenta Federico Fubini su La Repubblica. E le cifre, i fatti contabili dovrebbero fare strage di almeno una delle critiche-lamentazioni-accuse più comuni nei confronti del governo: quella appunto di un governo che produce solo acqua fresca. Altro che acqua fresca, potrà alla fine risultare anche acqua avvelenata ma certo non è aria fritta. E chi lo sostiene, chi sostiene che sia aria fritta lo fa per partito contrario a prescindere, per effetto e inerzia da propaganda. Undici miliardi di provvedimenti sostanzialmente di sgravio fiscale finanziati in deficit, pagati aumentando il deficit pubblico sono una botta di coraggio rispetto ai mercati, quasi una sfida all’Europa formato Bundesbank. E sono, nel concreto, quanto tutti o quasi chiedono a chi governa l’Italia: abbassare le tasse e forzare i vincoli europei.

Meno tasse, meno gettito fiscale ripianato in deficit è cosa che con il suo linguaggio ha chiesto Berlusconi e che a Berlusconi dovrebbe piacere. Ma Brunetta sta già scrivendo che è una follia e Forza Italia ovviamente in Parlamento voterà contro la legge di stabilità, la manovra economica e finanziaria per il 2015. Meno tasse pagate con il deficit pubblico è cosa che con il suo linguaggio chiede Beppe Grillo. Ma Beppe Grillo sta già dicendo che è sterco e M5S ovviamente in Parlamento farà ostruzionismo e casino e magari in piazza farà piazza e corteo contro l’orrida legge. Meno tasse finanziate in deficit è cosa che il Pd, in particolare il Pd “di sinistra”, aspetta e invoca. Insomma è quello che gli Stefano Fassina, i Pippo Civati e i Gianni Cuperlo rimproverano a Renzi di non fare. Ora Renzi lo fa ma la sinistra Pd va in piazza con la Cgil contro Renzi.

Già, la Cgil. Ha detto Renzi: “Se lo sgravio fiscale in arrivo sull’Irap e i tre anni di esenzione dal pagamento dei contributi per i nuovi assunti a tempo indeterminato li avesse fatti qualcun altro, la Cgil l’avrebbe applaudito”. Proprio così, ma la Cgil di Susanna Camusso si è data una mission: abbattere Renzi. Così presto si assisterà al surreale scenario di uno sciopero generale proclamato dal sindacato contro una manovra economica finanziaria che abbassa di circa 18 miliardi le tasse sul lavoro e lo fa per due terzi allargando il deficit. Praticamente il manuale, le istruzioni di governo nel manuale del governare socialdemocratico, laburista o socialista, comunque si voglia dire, in Europa. Ma la Cgil ha altro da fare, deve vendicare l’affronto di un congresso pd che ha dato il partito a Renzi e ribaltare la sciagura del risultato delle primarie, insomma l’usurpazione.

Undici miliardi di meno tasse pagati con il deficit pubblico più largo, un azzardo in Europa e una scommessa in Italia. Meno tasse: 10 miliardi per confermare ed estendere  gli 80 euro mensili netti in più ai lavoratori dipendenti a reddito medio-basso. Sei miliardi e mezzo per abolire o quasi la parte Irap che le aziende pagano indipendentemente dai profitti o perdite ma solo in relazione ai dipendenti che hanno. Un miliardo e mezzo per pagare i contributi previdenziali che gli imprenditori non pagheranno per i nuovi assunti per tre anni…Fanno 18 miliardi. Ne servono altri oltre agli 11 di maggior deficit.

Tredici miliardi devono arrivare da tagli di spesa e circa cinque da nuove entrate. Già, perché oltre ai 18 di meno tasse ne vanno finanziati un’altra dozzina tra fondi per i Comuni, la scuola, gli ammortizzatori sociali e spese cui non ci si può sottrarre tipo le missioni all’estero o la “riserva speciale in caso di contenzioso con la Ue”.

Forse 13 miliardi di minor spesa pubblica sono chiacchiera sparsa al vento, forse. Questo è il punto debole, molto debole del governare di Renzi. Ma non vi è dubbio che le cose stanno come segnala Fubini: “Renzi si è reso conto, magari in ritardo” che il 2015 è l’anno in cui l’Italia o la va o la spacca in economia e finanza. O riparte o on riparte più. “Renzi prova il tutto per tutto”. Finanzia in deficit lo sgravio fiscale, sfiora il 3 per cento, cancella parte dell’Irap e i contributi ai nuovi assunti per tre anni, chiede alla macchina pubblica 13 miliardi di minor spesa…Se tutto questo nel 2015 non fa almeno lo 0,6 per cento in più di Pil, allora non va ma spacca. Spaccano Renzi, il suo governo. Si spacca la stessa “stabilità” italiana.

Ed è un la va o la spacca anche sul piano politico. L’aggregarsi di un blocco anti euro formato da M5S e Lega, con robuste retrovie e linee di rifornimento sia in Forza Italia che in Cgil e Sel è un ostacolo mica da poco. Un “aggregato” che può diventare blocco sociale maggioritario o quasi se nel 2015 non riparte occupazione e produttività. scrive ancora Fubini: “Tentativo di Renzi di dare una frustata con la legge di stabilità. Non è una misura del tutto radicale, poteva ridurre ancora di più le tasse sulle imprese e fissare per legge ulteriori tagli di spesa…”. Cioè poteva essere più liberale e liberista in economia e finanza. Invece fa una manovra classicamente “di sinistra” socialdemocratica, meno tasse a deficit. La “rossissima” Camusso chiama a scioperare contro la manovra Renzi e la sinistra-sinistra le va dietro. Fantasioso paese l’Italia.