Renzi: E io mi faccio un referendum. Il 70% per l’abolizione del Senato elettivo

di Lucio Fero
Pubblicato il 2 Aprile 2014 - 12:18 OLTRE 6 MESI FA
Renzi: E io mi faccio un referendum. Il 70% per l'abolizione del Senato elettivo

Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – “Se il disegno di legge non passasse con la maggioranza necessaria per una riforma costituzionale, cioè con i due terzi,si andrebbe al referendum. E sapete che c’è? A quel punto il provvedimento passerebbe con un plebiscito popolare”. Si legge sul Corriere della Sera (Maria Teresa Meli) che così Matteo Renzi avrebbe detto ai “fedelissimi”, detto ai fedelissimi non per tenerlo segreto, al contrario proprio per mandarlo a dire ai meno “fedeli”, e sono tanti, del Pd.

Proprio così papale-papale forse Renzi non l’avrà detto o forse sì, ma la sostanza è quella: voi che difendete il Senato come seconda Camera con tutti gli attributi, compresi i senatori eletti e pagati, voi che difendete l’attuale architettura del Palazzo, al massimo disposti ad una imbiancata-ristrutturazione degli ambienti, sappiate che la “gente”, qualunque cosa sia la gente, non è con voi.

Sondaggi alla mano: l’ultimo dell’Istituto Piepoli su La Stampa testimonia. Alla domanda: ha ragione Pietro Grasso nel volere un Senato e senatori con la qualifica, prerogative e poteri che vengono da elezione diretta oppure ha ragione Matteo Renzi che vuole un Senato senza non seconda Camera, con senatori non eletti e con delimitati e ridotti poteri  e senza indennità senatoriale, il 63 per cento ha dato ragione a Renzi, il 22 a Grasso e il 15 non sa.

Da notare che in quel 22 per cento convergono le opinioni e la mobilitazione di un bel pezzo di Pd, dalla Bindi a Civati. Di un bel pezzo di società civile organizzata: Rodotà, Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, insomma l’auto rappresentazione di quello che una volta si auto battezzò il ceto medio riflessivo. Di tutto o quasi M5s con Beppe Grillo in testa che fa sapere la “democrazia in pericolo se non c’è il Senato”. Di tutta la Lega di lotta di Matteo Salvini. Di tutta Sel a Nichi Vendola. In più i dubbi dei centristi che fanno capo a Mauro ex ministro della Difesa, ex Scelta Civica, ex Pdl. In più, in più…un sacco di in più. Ancora: Forza Italia che vuole senatori eletti, Scelta Civica che precisa…Ma soprattutto l’unione in funzione anti Renzi della sinistra del Pd, della sinistra alla sinistra del Pd e di M5S. Bene tutto questo mare magnum fa 22 per cento, pochino.

Ancor più pochino se si legge l’altro dato del sondaggio: per il 76 per cento la riforma/abolizione del Senato elettivo “fa bene al paese”. Solo un 18 per cento la considera “fuffa inutile”. Sondaggi e umori popolari alla mano, Renzi può far sapere ai molti avversari: fermate, boicottate? E io mi faccio un referendum.

Referendum che poggerebbe in partenza su piattaforme di opinione come quelle del sondaggio citato. Che lieviterebbero ancora se diventasse nozione comune il significato della riforma del Titolo V. Meno soldi alla politica regionale, addio rimborso ai gruppi consiliari regionali quindi addio a Rimborsopoli, consiglieri regionali pagati quanto i sindaci e cioè da un terzo alla metà in meno che oggi, meno poteri alla Regioni e quindi meno burocrazia e burocrati e vita più semplice e facile per chi lavora e fa impresa e meno duplicazione e costi di uffici pubblici…

E io mi faccio un referendum…Certo Renzi se lo farebbe mettendo nel suo motore anche il carburante di quello che si chiama populismo, cioè lisciando il pelo dell’elettorato per il suo di verso, quello della gente, verso che di rado coincide con l’interesse generale. Renzi direbbe che in questo caso verso del pelo della gente e interesse nazionale e generale coincidono. Potrebbe anche esser vero, di tanto in tanto lo è, ma è una identificazione che fanno sempre tutti i leader populisti. L’ha praticata a lungo Berlusconi, la pratica Grillo.

A proposito di Grillo, fa una certa sensazione vederlo difendere l’equilibrio dei poteri e delle Camere, la permanenza in vita del Senato mentre il verso dei sondaggi e della gente gira da un’altra parte. In questa partita Grillo rischia grosso di inciampare in un populismo boomerang, succede quando si proclama “il populismo Alta Politica”. Si incassa nell’andare in scena con la bandiera-lenzuolo dell’Europa in testa ad impersonare “il fantasma che si aggira”, si paga quando per sgambettare Renzi ci si schiera con la Finocchiaro a guardia del Senato.

Se boicottate, io mi faccio un referendum…qualcuno pensa sia uno schema di gioco di Renzi più vasto della questione Senato e riforme. Dalle parti di Berlusconi e Forza Italia, lì sono sempre un po’ semplicioni e semplificatori, cominciano a vederla così: il Pd profondo e la “pancia” della sinistra impediranno a Renzi sia le riforme istituzionali che quelle sul mercato del lavoro. Quindi Renzi dirà. non mi fanno governare e io mi faccio un referendum chiamato elezioni anticipate ad autunno 2014.

Non è proprio così, a Forza Italia pensano Renzi possa fare così perché così farebbe e ha sempre fatto Berlusconi al posto di Renzi. Ad oggi Renzi non lavora ad elezioni anticipate, non ad ottobre e neanche nel 2015. Il non andare ad elezioni è la vera colla in Parlamento del suo governo. E comunque Renzi non vorrebbe elezioni “contro” il Pd. Ad oggi se il boicottaggio, lo stop, la melina, la barricata fermano Renzi è più probabile che Renzi vada a casa e venga giù “tutto il teatrino”. Ad oggi se Renzi perde va a casa e straripa Grillo. Lo ha capito Berlusconi e lo ha capito certo Grillo. E lo capisce anche Civati che infatti lavora di sponda con Grillo.

Chissà se lo hanno capito i Fassina, i Vendola, i Rodotà, le Bonsanti, gli Zagrebelsky…Tutti quelli che non è che dicono che la iforma elettorale o quella del Senato o quella del Titolo V si possono fare così che è meglio che colà. No, dicono che è “deriva autoritaria” cambiare i connotati allo Stato. Lavorano per Grillo, ci può stare, è legittimo e rispettabile. Ma in questa impresa e scelta, ci fanno o ci sono?