L’11 settembre del Mediterraneo. Ramadan “calamità per infedeli”

di Lucio Fero
Pubblicato il 26 Giugno 2015 - 16:17 OLTRE 6 MESI FA
L'11 settembre del Mediterraneo. Ramadan "calamità per infedeli"

L’11 settembre del Mediterraneo. Ramadan “calamità per infedeli”

E’ un undici settembre del Mediterraneo. La Francia, l’attacco alla fabbrica di gas per farla esplodere, la testa mozza lasciata sulla cancellata, le scritte in arabo sulla testa mozzata, la decapitazione come firma. Ed erano le dieci del mattino. Poche ore dopo la mattanza di turisti europei in Tunisia, macellati a colpi di fucile mitragliatore in spiaggio. Come al museo del Bardo, peggio che al museo del Bardo. Più di 30 assassinati in Tunisia, un ammazzato in Francia. In Francia un solo morto perché le bombole non sono esplose. E insieme, nelle stesse ore, l’attacco alla moschea sciita in Kuwait. Un’altra quindicina di “infedeli” fatti a pezzi.

Già, “infedeli” anche loro, gli sciiti. Infedeli anche se musulmani. Ma soprattutto colpiti gli “infedeli” bianchi e occidentali, cioè noi. Isis e la sua galassia hanno consacrato il Ramadan in corso, il mese delle devozione dell’Islam, a “calamità per gli infedeli”. Che vanno braccati, uccisi, terrorizzati, respinti, fatti a pezzi, sottomessi, soggiogati.

Al Ramadan “calamità per infedeli” hanno risposto e rispondono i volontari della milizia, quegli jihadisti che vivono in tutta Europa e che sono in Europa bombe a orologeria. Ad un segnale scatta il timer e loro diventano assassini. Dove possono, come capita. Sostanzialmente non c’è difesa: non si possono presidiare con esercito e polizia tutte le fabbriche, uffici, scuole, stazioni. L’unica difesa è una sorta di attacco preventivo: azioni di intelligence, spionaggio e di polizia anche internazionali. Senza isterie ma anche senza garantismi fuor di luogo. Non tutti i sospettati e sospettabili di jihadismo in Europa sono colpevoli, tutt’altro. Ma non tutti i sospettati, e talvolta segnalati e talvolta noti per le loro attività border line, sono innocenti a prescindere. Le bombe ad orologeria non le disinneschi scuotendole con forza ma se le accarezzi non è che si spengono.

Al Ramadan “calamità per infedeli” rispondono le truppe e i reparti organizzati e combattenti dell’Isis e della sua galassia. Qui non c’è polizia che tenga. Qui per noi europei c’è solo il ritirarsi, l’abbandonare. Oggi la Tunisia, ieri la Libia. Dopo già essersi allontanati dalla Siria, dalla Somalia, da buona parte della Nigeria, da un terzo dell’Africa, da quasi tutto il Medio Oriente. Allontanarsi, ritirarsi non da parti del mondo precedentemente da noi occupate o a nostra disposizione. No, allontanarsi nel senso di non poterci mettere più piede. Come turisti, come bianchi, come occidentali, come infedeli. Insomma sgomberare, evacuare. Sperando che quelli si fermino. Dove? A Istanbul oppure in Bosnia? In Marocco o anche più su? Sgomberare, evacuare…sperando non passino il mare.

Oppure, in alternativa al ritirarsi e sgomberare, non c’è il difendersi, il presidiare, l’attendere. In alternativa non c’è polizia ma forza militare. Se i governi e le pubbliche opinioni europee se la sentono (e oggi per mille ragioni alcune sacrosante altre fasulle così non è) c’è la risposta militare a quello che è attacco militare concentrico e incalzante. L’11 settembre del Mediterraneo parla un linguaggio chiaro e netto ed è linguaggio della guerra, la guerra a noi. Anche in casa nostra. Al loro 11 settembre gli americani risposero con una guerra sacrosanta e giusta, l’Afghanistan, e poi una guerra sbagliata e drammaticamente nociva, l’Iraq. L’Europa è in grado di evitare errori senza restare paralizzata, inerme, ipnotizzata dalle teste mozze ormai issate anche sulle cancellate delle sue fabbriche dai cadaveri dei suoi uomini e donne macellati tra gli ombrelloni?

(Foto dai social network)