Mogli, cioè donne assunte a vita dal maschio. E’ il divorzio con assegno-vitalizio

di Lucio Fero
Pubblicato il 11 Aprile 2018 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA
Mogli secondo la Cassazione, cioè donne assunte a vita dal maschio. E' il divorzio con assegno-vitalizio

Mogli, cioè donne assunte a vita dal maschio. E’ il divorzio con assegno-vitalizio (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Mogli, cioè donne assunte a vita dal maschio.

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Assunte con contratto a tempo indeterminato con la mansioni di mogli appunto. Questo è il divorzio con assegno di mantenimento all’ex coniuge, mantenimento della vita di prima, del tenero di vita precedente. Tenore di vita di fatto equiparato come concetto e valore ad uno stipendio, una retribuzione appunto.

Mogli, cioè donne assunte a vita dal maschio. A questo approdo culturale attraccano (singolarmente ma poi non tanto) sia i robusti e profondi residui culturali di una società ex contadina ma comunque anti moderna (quella che assegnava alla donna l’esclusiva funzione di accuditrice del maschio e riproduttrice della specie), sia una sorta di sindacalismo di genere che, in consonanza con quasi tutti i sindacalismi qui e oggi, declama come diritti universali e inalienabili legittimi ma parziali interessi di lobby e corporazione.

Mogli, cioè donne assunte a vita dal maschio è quanto predicavano e speravano le nonne e le bisnonne e quanto predicano e invitano a praticare quanti, purtroppo soprattutto donne, stanno lavorando alla contro riforma dei canoni di legge sul divorzio. Una moderna e civile sentenza aveva stabilito che l’ex coniuge deve corrispondere ovviamente assegno per i figli se non li ha in custodia e deve corrispondere assegno all’ex partner se questo non è in grado di lavorare o non ha patrimonio. Insomma la sentenza diceva che l’ex coniuge non può abbandonare economicamente l’ex partner e deve contribuire alla sua sussistenza.

Ma al contempo escludeva la sentenza vi fosse obbligo di pagare da parte dell’ex coniuge il costo del mantenimento della qualità della vita precedente. Finalmente la magistratura poneva fine all’idea del matrimonio come rendita, anzi vitalizio. Matrimonio come contratto invece. Contratto che se si scioglie conosce giuste modalità di scioglimento appunto e anche di reciproco risarcimento se del caso o reciproca garanzia. Ma che non è sistemarsi a vita.

Da quella sentenza è partita ed è ora in pieno sviluppo una contro riforma. Animata da appunto vivace sindacalismo di genere. Sostenuta da una propaganda che dipinge legioni di donne ex mogli abbandonate alla miseria (più o meno come ai tempi la propaganda anti divorzio raccontava che tutte le mogli un po’ su con l’età sarebbero state abbandonate dai mariti che scappavano con le giovani). Propaganda innervata dalla figura cardine della moglie donna truffata dal datore di lavoro-marito. L’argomento è: ho lavorato per te per anni e ora dovrei accontentarmi di assegno di sopravvivenza o addirittura di niente assegno solo perché posso mantenermi da sola o non avrei bisogno di farmi mantenere da nessuno?

Una contro riforma fatta di culture e pulsioni anti moderne che però viaggia abbastanza protetta. In tempi di mee-too internazionale e in tempi un cui un grande e stimabile quotidiano lancia qui da noi la campagna per un premier donna perché…è donna, assolutamente contro vento ricordare e rimarcare che in una società laica, moderna e civile una moglie non è una donna assunta a vita dal maschio. Non lo è nella realtà, non dovrebbe esserlo nei Tribunali e non dovrebbe esserlo neanche nel rispetto vero della vera dignità delle donne.