Monti e il suo piccolo plotone nella terra di nessuno dei mercati

di Lucio Fero
Pubblicato il 16 Novembre 2011 - 15:04 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Monti e il suo piccolo plotone, nella terra di nessuno dei mercati. Neanche una dozzina e mezza: diciassette tra professori, prefetti, banchieri e funzionari di Stato a far da ministri. Accompagnati da una caritatevole mezza, meno di mezza, verità: “Nel corso delle consultazioni è emerso che l’assenza di politici agevolerà, creerà meno imbarazzo”. Così dice il capo del nuovo governo, ma “l’imbarazzo” evitato non sarebbe stato per lui. L’imbarazzo sarebbe stato per i partiti politici, soprattutto i due maggiori, il Pdl e il Pd, se politici, politici a loro riconducibili, avessero fatto parte del governo. E si vedrà se questo “agevola” davvero. Agevola perché Monti e il suo piccolo plotone possono far da soli, ma sarà “agevolazione” a scartamento ridotto, a binari stretti. Perché i partiti che entro le prossime 48 ore gli voteranno la fiducia in Parlamento, restando fuori, conservano una clausola di dissolvenza del plotone. Quel restar fuori è un pulsante che, se premuto, disperde il plotone. Per ora i partiti si guardano bene dal premerlo, ma l’hanno voluto lì e hanno voluto tenere il dito lontano ma puntato.

Quindi quella di Monti sarà una “corsa”, così lui stesso l’ha definita. Corsa dentro i mercati di cui Monti spera ma ovviamente non garantisce “un rasserenamento”. Più che sperare oggi non può. Da domani, da quando presenterà il programma di governo alle Camere, proverà a dar legno al fuocherello della speranza. Con la patrimoniale, con l’Ici, con l’allungamento dell’età pensionabile, con la task-force che all’interno del governo già si vede, con la pattuglia specializzata nella missione-commando di vendere pubblici beni immobiliari e, se possibile, anche pubbliche partecipazioni nelle aziende? Delle grandi aziende di Stato, poche e che oggi rischiano di essere svendute a prezzi bassi o nelle migliaia di aziende municipalizzate e partecipate dai governi locali che rappresentano la grande parte di quelli che vengono chiamati i costi della politica? Perché i costi veri della politica sono qui e non tanto e non solo nelle retribuzioni e privilegi degli eletti. Dal taglio di retribuzioni e privilegi si tirano fuori esempi, necessari e inderogabili. Dal taglio delle municipalizzate e affini si cavano miliardi.

A domanda su patrimoniale e pensioni, com’è giusto e ovvio fare in conferenza stampa, Monti non ha risposto. Ha rinviato al discorso programmatico alle Camere. Lì comincia la sua “corsa” contro lo spread. E la corsa parallela, solo parallela con chi lo accompagna, con i partiti politici e il Parlamento. Al via dietro e al fianco del plotone ci sono tutto o quasi tranne la Lega. Ma il grande gruppo resta diviso in squadre, ognuna con la sua strategia. Non è detto che si daranno il cambio a “tirare”. Non è detto che qualcuno non resti a ruota in attesa del momento buono per staccarsi. Monti ha ringraziato Napolitano e Berlusconi. Il primo per aver fatto insieme a lui il governo, il secondo per averlo, per amore o per forza, reso possibile. E’ partito il Gran Giro dello Spread: Monti e il suo plotone pedalano da soli, le squadre che lo accompagnano portano l’acqua dei voti in Parlamento. Ma ad ogni tappa potrebbero negargli la borraccia. E sarà un Gran Giro pieno di tappe di montagna: la patrimoniale, l’Ici, le pensioni, le tasse da togliere qua e mettere là, la minor spesa, la maggior crescita…Con la prima tappa a cronometro, tappa veloce che può segnare la classifica: quella contro lo spread, il vento gelido che soffia contro nella incognita terra dei mercati.