Muro salva Stati, Lettera da Roma, ma chi presta all’Italia vuole di più

di Lucio Fero
Pubblicato il 28 Ottobre 2011 - 14:37 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Sì, va bene: l’Europa ha promesso un muro di mille miliardi dietro il quale proteggere anche l’Italia e il suo debito. Sì, va bene: il governo italiano si è impegnato a far ripartite in otto mesi la produzione di ricchezza italiana. Sì, va bene tutto… Ma per prestare soldi all’Italia, comprare miliardi del suo debito pubblico, investitori e risparmiatori vogliono in cambio più soldi di prima, più soldi di quanto chiedevano prima del “va bene”. Vogliono il sei per cento e spicci di interesse annuo pagato per comprare Btp a dieci anni e vogliono il 4,9 per cento di interessi pagati ogni anno per comprare titoli di Stato italiani a tre anni. E’ il risultato, il “fixing” delle ultime aste. Ed è tanto, troppo perché l’Italia possa sostenere alla lunga, anzi alla media distanza, questo ritmo. Su 1.900 miliardi di debito il cinque per cento fa 95 miliardi di interessi all’anno da pagare. Ora l’Italia ne paga una ventina di meno. Se il debito si rinnova a questo ritmo l’Italia futura ma non tanto sballa al ritmo di venti miliardi all’anno in più da pagare.

Se… Buona parte del debito italiano, quello comprato negli anni scorsi, è pagato a tassi di interessi inferiori al 5/6%, altrimenti saremmo già “sballati”. Ma da qui al 2013, anno del promesso pareggio di bilancio, ci sono circa 500 miliardi di debito da rinnovare, cioè da vendere a qualcuno che li compri. Da vendere in concorrenza con i titoli pubblici di altri paesi. Se l’Italia dovesse nel prossimo biennio scontare un due per cento medio di aumento dei tassi da pagare su uno stock di 500 miliardi, fanno dieci miliardi almeno che nessuna manovra ha conteggiato. Se…Una cosa però è sicura: né il muro del Fondo Salva Stati (Efsf) né la “Lettera all’Europa” partita e sottoscritta da Roma hanno convinto che i titoli italiani siano meno rischiosi di prima, neanche un po’: i tassi sono aumentati. E questo vuol dire che il governo italiano ha guadagnato tempo ma non fiducia. Sopra il sei per cento di tassi da pagare sul debito si possono avere in Parlamento tutti i voti che si vogliono, però nella partita che conteggia i soldi e non i parlamentari si sballa.

Perché chi compra titoli di Stato italiani si fida ancora un po’ meno di quanto non si fidava prima del “sì, va bene”? Perché il muro dei mille miliardi è per ora un dipinto e non una muratura, un modellino in scala e non un edificio in piedi. Il Fondo Salva Stati ha, anzi aveva, in cassa 440 miliardi, gli unici veri e veramente stanziati. Di questi 100 circa vanno alla Grecia. C’è il rischio, la possibilità che altri miliardi debbano andare ad integrare quanto eventualmente le banche europee non riuscissero a trovare da sole sulla strada della obbligatoria ricapitalizzazione. Costo della ricapitalizzazione: circa 100 miliardi. Ce li metteranno le banche e i loro soci privati ma, per la quota cui banche e privati non dovessero arrivare, c’è appunto il Fondo. Che spera di non dover tirar fuori un miliardo, ma non è detto.

Facciamo pure che vada nel migliore dei modi: non un miliardo per le banche e Fondo che si tiene i suoi 440 miliardi meno i 100 alla Grecia. Fa 340 miliardi che è parecchio meno di mille e passa, dei mille e passa sventolati. E allora come si arriva alla promessa-assicurazione-muro alti più di mille miliardi che garantiscono e proteggono anche l’Italia? Dicendo e conteggiando che questi 340 miliardi saranno la garanzia, garanzia al 20 per cento per chi compra titoli di Stato. Tradotto: se lo Stato di cui hai comprato titoli non paga o fa fatica a pagare, il 20 per cento del danno che tu creditore subisci te lo paga il Fondo. E allora, poichè la Grecia almeno un 50 per cento del suo debito lo ripaga e Italia e Spagna mai potranno, si calcola, non ripagare almeno l’80 per cento del loro debito, con 340 miliardi che garantiscono il rimborso del 20% di perdita possibile, investitori e risparmiatori possono comprare relativamente tranquilli tra i mille e i millecinquecento miliardi di debito pubblico. Quindi il muro a riparo dell’Italia e di altri è nei fatti alto solo 340 miliardi, 340 miliardi di mattoni veri. Il resto è dissuasione, calcolo, intelaiatura. Tutto, ma non soldi in carne e ossa. Se un paese va in crisi di liquidità può funzionare: non è in grado di pagare qui e subito il suo debito, il Fondo soccorre e creditori e li rifonde della perdita momentanea. Ma se un paese va in crisi di solvibilità, cioè non si vede come possa alla lunga ripagare il debito, allora non funziona: i miliardi del Fondo 340 sono e 340 rimangono. E se nel Fondo ci mettono soldi i cinesi o i brasiliani? Non l’hanno ancora fatto e comunque se lo fanno vorranno garanzie, garanzie che sempre dovrebbero poggiare su quei 340 miliardi che così diventano fondamenta un po’ esile per sostenere tutta questa architettura finanziaria.

Chi ci mette soldi nei titoli di Stato queste cose le sa e le calcola e, ad oggi, stima e prezza il muro europeo salva Stati e salva Italia a 340 miliardi e non a mille e passa. Perciò chiede interessi crescenti. Poi va prezzato e stimato il dato Italia: ce la farà il governo Berlusconi in otto mesi a far ripartire il Pil, ci saranno elezioni, un nuovo e diverso governo manterrà gli impegni, ne contrarrà altri o tenterà di scartare, “rifiutare” l’ostacolo? Fino a che gli spread viaggiano intorno a quota 350, 400 o ancora più sù la risposta è una prezzatura e stima diffidente se non disperata. Per cui, sì, va bene il Muro e la Lettera, ma se l’Italia vuole soldi che paghi di più, più di prima del Muro e della Lettera.