Obama? Eccolo. Ma non sarà impatto dolce con gli europei

Pubblicato il 30 Marzo 2009 - 15:49| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Obama? Eccolo. Dal vivo, in carne ed ossa, a contatto e confronto con gli europei. Ma non sarà dolce l’impatto. Porta con sè in valigia un esempio-ordine che sarà duro imitare/obbedire, ma che sarà quasi impossibile ignorare. E cioè aiuti di Stato alle aziende, non solo alle banche, in cambio però di una limitazione dei guadagni dei manager e di un controllo sulle strategie di impresa. C’erano dunque una volta gli Usa “liberisti” e osservanti del dogma del mercato che si autoregola. Non ci sono più, parlano un’altra lingua e i governi europei faticheranno a recepire misure analoghe. Ma non possono non farlo: sono stretti tra l’azione di Obama e la protesta sociale che monta anche in Europa. Protesta che reclama protezione dalla crisi, ma anche “vendetta” verso i suoi veri o presunti responsabili.

Porta anche il presidente americano una colossale minaccia: se gli europei giocano con il protezionismo, cioè provano a farla pagare la crisi ai consumatori americani invece che ai lavoratori europei, allora gli Usa libereranno il loro protezionismo e se la vedranno magari con l’unico competitore che conta, la Cina che ha in pancia gran parte del debito pubblico Usa. La Francia, soprattutto la Francia è avvertita. E la Germania non può mettere a rischio il suo export.

Non è finita: Obama porta l’urgenza di scelte e investimenti sulle nuove fonti di energia. Terreno sul quale l’Europa ha trovato un’intesa solo decidendo di procedere lenta, a frenare sono state soprattutto Polonia e Italia. Ancora non basta: Obama chiederà soldati che combattano davvero in Afghanistan una guerra da vincere non solo con le armi ma anche con le armi. E soldati che combattano e muoiano l’Europa non vuole e non sa darne.

Infine le “regole”, l’unico tema sul quale gli europei avranno qualcosa da rimproverare al modello finanziario americano, l’unica moneta di scambio che avranno con Washington nel G20 di Londra: sono state le regole americane quel che Berlusconi chiama il “virus” della crisi.

Comunque, se diranno di sì ad Obama, i governi europei dovranno incamminarsi su una strada dove si perde consenso, almeno immediato, in casa propria. Niente protezionismo, delle imprese e del mercato del lavoro, redistribuzione del reddito con lo strumento della tassazione per i redditi alti, impegni militari, riconversione industriale ben più veloce di quanto vogliano le Confindustrie europee. Tradotto in italiano, sarebbe dover assestare colpi a ciascuno dei segmenti sociali che compongono il il quaranta e passa per cento del partito di Berlusconi, per non parlare della Lega.