Pdl Tribunale Okkupato venerdì bis Camere? Il 68 degli impuniti pro amnistia

di Lucio Fero
Pubblicato il 12 Marzo 2013 - 16:32| Aggiornato il 24 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tutti lì, dritti e impettiti sulla scalinata esterna del Palazzo di Giustizia a Milano, con la faccia seria a farsi ritrarre per l’istantanea dello sdegno di gruppo. Tutti lì i parlamentari del Pdl, anzi di Berlusconi che è lo stesso, a sfidare, senza esagerare però, l’ordine costituito e lo “Stato dei padroni”, pardon dei giudici. Tutti lì a manifestare per…In realtà a manifestare per cosa tanto bene non si sa. Nessuno in questo e in nessun altro paese può decretare immunità e impunità giuridica e giudiziaria per un uomo, sia pure un uomo votato dal 30 per cento degli elettori. Manifestano allora per l’amnistia, premono perché il nuovo Parlamento e il nuovo Presidente della Repubblica firmino e votino l’amnistia, la cancellazione dei reati e delle pene per tutti, almeno fino a un certo livello di pene e reati? Non lo sanno, non saprebbero dirlo e, se lo sapessero, non lo direbbero. Sono parlamentari, alcuni da anni, e sinceramente, incredibilmente credono che okkupare uno scalone o sventolare i voti conquistati sia una fonte di diritto e di ragione.

Stanno lì, dritti e impettiti per la foto e prima erano entrati nei corridoi di Palazzo di Giustizia accennando qualche slogan ritmato e badando a non finir troppo a ridosso dei Carabinieri di servizio. Una “passeggiata proletaria”, pardon garantista nel Palazzo del nemico, un atto simbolico come, del tipo di quelli che a Genova o a Chiomonte vogliono mostrare di poter arrivare alla recinzione della “zona rossa” e di toccarla. Una secca contestazione dello Stato? I dritti e impettiti sullo scalone e i passeggianti in protesta non direbbero e non dicono così. Loro vogliono solo che lo Stato non dia pena e fastidio al Capo, al Leader. Al dunque, tra foto, parole, pensieri e immagini, slogan e interviste volanti è stato, anzi è un “sessantotto degli impuniti”, con qualche scusa al sessantotto, anno che non si offende comunque perché ha le spalle larghe.

Sessantotto degli impuniti perché la tecnica, l’umore, diremmo la stessa cultura del Pdl al Tribunale di Milano è quella di chi occupa la casa popolare perché non gli è stata assegnata. Invocando non il diritto negato di una graduatoria ignorata ma inventando il diritto del mi spetta a prescindere. Una cultura neanche pienamente e consciamente eversiva, al contrario una cultura solo enfaticamente cialtrona. Rifaranno la stessa cosa venerdì 15 marzo alle Camere. Faranno la mossa di uscire dall’aula per mimare un “Aventino 2013”, per dichiarare “okkupati” anche solo per qualche minuto Montecitorio e Palazzo Madama? Esporranno da un balcone dell’uno o dell’altro il fotomontaggio di Berlusconi in manette? Sono arrivati a dire alle telecamere dei tg che a Milano si muovevano a Palazzi di Giustizia “come avrebbero fatto falcone e Borsellino”. Detto questo e fatto quello possono fare venerdì, direbbe la indimenticata Minetti, “la qualunque”.

Tutto, proprio tutto possono fare. Tranne mettere le carte in tavola e raccontare come davvero stanno le cose. All’ingorgo di processi e sentenze che possono buttare Berlusconi fuori dal Parlamento si è arrivati anche e soprattutto per l’unica strategia difensiva da sempre adottata da Ghedini e soci: rinviare, evitare, rinviare. Dopo dieci anni e passa di rinvia ed evita e scansa e dribbla il processo, la “palla” inevitabilmente la perdi. Mister Berlusconi dovrebbe saperlo che i dribblomani non danno punti in classifica. L’unica per uscire, salvare il soldato Silvio è l’amnistia. La chiedano i parlamentari del Pdl, la chiedano davanti al paese. Dicano che i loro voti andranno al capo dello Stato e al governo che faranno l’amnistia e solo a chi la farà. Dicano che l’amnistia è la condizione secondo loro della governabilità italiana. Lo dicano se hanno cuore e intelletto. Lo dicano e vediamo come reagiscono gli italiani, a partire da quelli alquanto “ingrillinati”.