Pensioni: 230mila da 35 anni. E ci si va a 60, Fornero ko

di Lucio Fero
Pubblicato il 18 Agosto 2016 - 10:51 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni: 230mila da 35 anni. E ci si va a 60, Fornero ko

Pensioni: 230mila da 35 anni. E ci si va a 60, Fornero ko

ROMA – Pensioni, pensioni italiane. Ci sono 230 mila italiani che la pensione a fine mese la prendono regolarmente da 35 anni, in pensione ci sono andati che albeggiavano gli anni ‘8o. E ci sono 700mila italiani che la pensione la incassano da trenta anni.

Vita media di un italiano/a: ottanta anni circa. Calcoliamo una ventina tra infanzia, scuola e annessi prima di cominciare a lavorare. Venti più 35 di pensione fa 55 anni. Per il lavoro e per i contributi da versare restano 25 anni nel caso dei 230 mila e 30 anni nel caso dei 700 mila. Lavorare 25/30 anni e stare in pensione per 30/35 anni, è questo il sogno che agli italiani è stato fatto sognare.

Ma, dice, il sogno è stato brutalmente infranto da quella strega cattiva della Fornero, adesso, dopo la sua maledetta legge, in pensione ci vai da vecchio vecchissimo e te li scordi 30/35 anni di assegno pensionistico. Mica tanto vero, anzi. L’Italia tenacissima delle eccezioni resiste e resiste in massa: l’età effettiva, quella vera e reale dell’andata in pensione prima, della pensione anticipata è ad oggi, anni dopo la legge Fornero, di 59,8 anni.

Segnatevelo: 59,8 anni. A questa età si va in pensione di fatto se è pensione di anzianità o di qualunque altro tipo che non sia pensione di vecchiaia. Prima della Fornero l’età della pensione di anzianità era di 58 e passa. Che significano queste cifre? Significano che categorie, gruppi, individui si difendono eccome dalla legge Fornero e riescono ad andare in pensione, qui e oggi, a 59 anni. La demografia dice che difficilmente ce la faranno ad arrivare al traguardo dei 30 anni in pensione, però con un po’ di fortuna…

Ad andare in pensione a 66 anni e passa, come dice la legge, quelli che vanno in pensione di vecchiaia. Qui la media è salita dai 63 anni appunto a circa 66. Dunque un bel po’ di italiani riescono ancora oggi ad andare in pensione a 60 anni e un milione di italiani è in pensione da 30/35 anni. Eppure non c’è sindacato che non chieda un abbassamento dell’età pensionabile. E comunque l’umore diffuso, la percezione di massa, la ferma convinzione della gente, di noi tutti, è che la pensione non arrivi mai.

E invece la realtà è che per un milione di italiani la pensione è arrivata fin troppo presto e dura ancora. E che migliaia e migliaia di italiani vanno ancora oggi in pensione a 59/60 anni. I dati, le tabelle, i resoconti Inps dicono questo…e altro. Chi vuole consultarli può utilmente farlo sul Sole 24 Ore.

Dicono ad ad esempio che il sistema previdenziale nel suo complesso (non l’Inps da solo) accumula un deficit di 25 miliardi che cresce perché in molti luoghi del lavoro aumentano in pensionati e non i lavoratori in attività.

Dicono che non è niente vero che ci sono tanti lavoratori ultra cinquantenni perché è bloccata la strada che porta alla pensione e che quindi non c’è lavoro per i giovani perché il cinquantenne attempato in pensione non ci va. La demografia dice che l’aumento dei lavoratori cinquantenni deriva dal semplice fatto che a cinquanta e passa anni ci sono arrivati i nati negli anni’50, ben più numerosi dei nati in precedenza.

Dicono che ci sono tra invalidità varie quattro milioni di pensioni di assistenza. Dicono che ce ne sono quasi altrettante di pensioni al superstite. E, se incroci questi dati con quelli fiscali, i dati dicono che 10/15 milioni di italiani pur destinatari di una qualche forma di welfare (sanità, previdenza…) non versano un euro di tasse o contributi.

Insomma c’è ancora parecchio di storto nel sistema pensioni e questo storto non è certo l’età pensionabile a 66 anni. Storta, stortissima è l’idea, elevata anzi a diritto naturale, di poter trascorrere un quarto se non un terzo della vita in pensione. Nessuna contribuzione per 25/30 anni potrà mai sostenere pensioni pagate per 30 anni appunto. Lo dicono le cifre, i numeri, i fatti. Parlano chiaro. Ma non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire e quindi le cifre e i fatti parlano a futura memoria. Oggi non hanno ascolto e pubblico, anzi rischiano grosso pomodori e pernacchie.