Rai: 5 inviati in Australia per un solo premier. Ordine Renzi? No di Saxa Rubra!

di Lucio Fero
Pubblicato il 19 Novembre 2014 - 13:26 OLTRE 6 MESI FA
Rai: 5 inviati in Australia per un solo premier. Ordine Renzi? No di Saxa Rubra!

Rai: 5 inviati in Australia per un solo premier

ROMA – Eccoli lì in una foto che è più di una foto, è un fermo immagine. L’immagine vera di cosa è la Rai e di cosa davvero comanda e dispone in azienda. L’immagine ferma di una impossibilità di essere normali, di una irriformabilità fortemente voluta e strenuamente difesa. Eccoli lì in una sola foto tutti raccolti insieme i microfoni delle sigle, testate e inviati Rai che hanno seguito in Australia Matteo Renzi. Eccoli lì, cinque inviati per un solo premier.

Dovevano fare inchieste, forzatamente diverse tra telegiornale e telegiornale? No, nessuna inchiesta o reportage. Dovevano “coprire” settori diversi con diversificate competenze, uno magari a riferire dell’economia australiana, l’altro della legislazione  australiana sull’immigrazione…No, erano tutti sulla stessa palla, come ragazzini che giocano a pallone all’oratorio. E la “palla” era Matteo Renzi. Dovevano allora, almeno uno o due, intervistare il premier in “esclusiva Rai”? No, la palla da inseguire, prendere in bocca e riportare con scodinzolo d’ordinanza erano solo e soltanto le dichiarazioni del premier. Quelle, per intenderci, che riportavano pari pari le agenzie di stampa. I cinque inviati Rai ci hanno messo sopra di loro solo le immagini, anche quelle uguali per tutti.

E allora perché cinque inviati e non uno solo? Perché moltiplicare per cinque i costi della trasferta, costi non piccoli visto che era l’Australia? Perché così ha deciso e voluto quella che conta e comanda e dispone davvero in Rai, la nomenklatura di Saxa Rubra che, quando vuole, non è da meno di quella di Viale Mazzini. Gente esperta i direttori delle testate e i comitati di redazione e i sindacalisti dell’Usigrai. Mica li freghi, a loro non la fai. Gente che ha competenza burocratica da capo di gabinetto…Era successo che Luigi Gubitosi, che sarebbe il direttore generale dell’azienda, si era permesso di vietare il multi invio di inviati al seguito del premier in quel di New York. Divieto sorretto dall’argomento di buon senso che, essendoci a New York i corrispondenti Rai, un servizio giornalistico così complesso come raccogliere le dichiarazioni del premier potevano anche farcela senza l’arrivo dei soccorsi da Roma. Era successo. E a Saxa Rubra, roccaforte dei telegiornali, se l’erano legata al dito.

Infatti cosa hanno pensato a Saxa Rubra? Che in Australia non ci sono corrispondenti Rai. E quindi via libera agli inviati, sgambetto a Gubitosi e alle sue fastidiose regole. Sgambetto e via libera a filo di interpretazione burocratica della natura della missione giornalistica. E non è vero che i cinque inviati cinque di Tg1, Tg2, Tg3, Radio Rai e Rainews 24 tutti a fare la stessa domanda e registrare la stessa risposta a Renzi non servivano  nulla e ne bastava uno. Servivano, eccome: a ricordare alla Rai, a Viale Mazzini, al governo e a tutta l’attuale dirigenza aziendale che il piano, anzi solo l’intenzione di non avere più una decina abbondante di testate (telegiornali e simili) è bestemmia, orrore e non passerà.

L’imbarazzante scena di cinque telegiornali e giornali radio dello stesso paese al seguito di un solo premier non è la conseguenza di un ordine vanitoso e bulgaro impartito da Renzi, è invece la rappresentazione plastica del modello di produzione sovietico più corporazione all’italiana gelosamente e orgogliosamente piantato, irrigato e coltivato in Rai. E al primo che dice “pluralismo” per giustificare le cinque sigle cinque sotto l’unica inquadratura, va ricordato con pazienza ma non troppa che all’origine la lottizzazione aveva almeno un senso, una geografia di appartenenza politica. Oggi neanche quella, oggi il “pluralismo” in Rai è come quello dei sette sindacati dei dipendenti del Teatro dell’Opera di Roma. Serve a trattare molto, lavorare meno.