Roma Comune: perfino le farmacie falliscono ma ingrassano bollette e “creativi”

di Lucio Fero
Pubblicato il 7 Gennaio 2014 - 17:27 OLTRE 6 MESI FA
Roma Comune: perfino le farmacie falliscono ma ingrassano bollette e "creativi"

“Cocaina? Ma de che! Zucchero a velo!”: i manifesti antidroga del Comune di Roma

ROMA – “Cocaina, ma de che? Molto meglio lo zucchero a velo“. Così si legge su un manifesto affisso qua e là per la Capitale. Manifesto a cura di apposito organismo del Comune di Roma dedito alla lotta alle tossicodipendenze, come si premura di informare il manifesto stesso. Manifesto stampato, pagato, affisso. Pagata ovviamente è stata anche la “pensata” di distogliere dall’uso della cocaina mostrando uno che trova lo zucchero a velo sul e dentro il Pandoro. Ci vuole genio, estro, creatività per combattere la cocaina con un “ma de  che?”. E la trovata poi dello “zucchero a velo”! Che dire? Squisita. Creativi della comunicazione, sociologia e discipline affini si saranno cimentati nel realizzare il manifesto. E il Comune di Roma, dipartimento lotta alle tossicodipendenze, li avrà retribuiti come si conviene. E, se qualcuno domanda, si dirà che è stata “spesa sociale”.

E’ solo un piccolo e manifesto esempio quel manifesto. Un esempio tra mille e mille di come il Comune di Roma travesta da spesa sociale la spesa che invece è per consenso sociale. Sono due cose assai diverse: la spesa sociale è collettività che si fa carico dei problemi collettivi anche se individualmente declinati: l’istruzione, la sanità, la vecchiaia, l’emarginazione…La spesa per consenso sociale è quella con cui finanzi l’elettorato. L’elettorato e non la società. Distribuisci soldi sperando ritornino indietro sotto forma di voti. Nello scambio chi ha in mano il voto si abitua ad una sua valutazione di mercato, se non lo paghi alle quotazioni e d abitudini precedenti il voto te lo nega. Quindi, per paradosso ma non tanto, la spesa sociale davvero sociale è flessibile ed elastica. Invece la spesa per il consenso sociale è fissa, rigida, irriformabile.

Entrambi i tipi di spesa vengono finanziati con i proventi delle tasse. Però una differenza anche qui c’è, eccome se c’è. Con la spesa sociale finanzi, paghi un servizio sociale. Che so, il prelievo puntuale e capillare e pulito dei rifiuti urbani o il trasporto pubblico locale a tempi serrati e su mezzi di qualità. Con la spesa per consenso sociale finanzi invece l’esistenza in vita e lo sviluppo di aziende dei trasporti e dei rifiuti che offrono pessimi e saltuari servizi ma hanno un sacco di gente a busta paga a fine mese.

Roma da questo punto di vista è davvero la capitale d’Italia. Italia dove la spesa per consenso sociale è contrabbandata alla grande per spesa sociale. Sapete quante società-aziende sono controllate dal Comune di Roma? Una cinquantina. Più la ventina direttamente “partecipate”. Tra Acea (energia), Ama (rifiuti) e Atac (trasporti) 31.338 dipendenti (fonte Corriere della Sera lunedi 6 gennaio articolo di Sergio Rizzo). Aggiungere i 25 mila direttamente dipendenti dal Comune: fanno 56 mila e dispari. E i consulenti, e i collaboratori…Facciamo 60 mila redditi e stipendi a fine mese? Sessantamila: la Fiat di dipendenti non arriva  27 mila.

La grande azienda Comune di Roma gestisce di tutto, anche delle farmacie comunali. Farmacie, non ce n’è una in Italia che non guadagni. Tranne quelle del Comune di Roma che sono in perdita, 15 milioni di euro di debiti. Come faccia il Comune di Roma a rimetterci gestendo alcune farmacie è performance che non teme rivali al mondo. Perfino le farmacie fanno fallire, deve essere che non tollerano, trovano sconveniente e inquietante un bilancio, anche uno solo, che non si in rosso e da rifinanziare con nuove tasse o incrementi di quelle vecchie.

In compenso, se le farmacie comunali perdono soldi pubblici, di soldi pubblici ingrassa ad esempio Acea. Il presidente Giancarlo Cremonesi guadagna 408 mila euro annui, garantiti e blindati fino al 2016: a scanso di equivoci se li sono garantiti  blindati prima delle elezioni, hai visto mai? Amministratore delegato Paolo gallo: 318 mila euro e appartamento in benefit. Poi sette consiglieri da 120 mila euro l’uno. E allora? Se li saranno guadagnati, se li sudano quei soldi. Davvero? In cinqe anni, gli ultimi, i debiti Acea sono cresciuti da un miliardo a due miliardi e mezzo. Allora cosa ha fatto Acea? Ha fatto sapere alle banche creditrici che la sua potenzialità di ripagare è alta, molto alta, più alta di quanto sia in realtà.

E come ha fatto Acea ad alzarsi così tanto? Alzando il monte bollette potenziale. Semplice: si smette di leggere il contatore, si invia bolletta “stimata”, stimata sistematicamente per eccesso. L’utente paga la prima bolletta aumentata in media di un terzo rispetto ai consumi reali  , la prima volta la gran parte paga sperando in un conguaglio successivo o per evitare grane. A questo punto la bolletta standard diventa quella gonfiata, almeno ai fini della potenzialità di incasso da esibire.  Non solo, finché si può standard resta la bolletta gonfiata anche per l’utente. Succede da almeno due anni a decine di migliaia di romani che possono agevolmente scegliere se protestare secondo modalità e quindi senza costrutto e risposta da parte dell’azienda. O rivolgersi ai giornali e agli avvocati e allora l’azienda si dà sulle bollette almeno una momentanea calmata.

Questa è l’Acea. L’Ama, azienda rifiuti la cui efficienza è tale che perfino il sindaco ha denunciato, in fondo anche denunciando se stesso, il luridume strutturale delle strade e piazze ha assunto 1,518 persone tra il 2008 e il 2010. Tutti al lavoro forsennato da allora come dimostra la raccolta rifiuti di Natale e Capodanno a Roma: zero. L’Atac in dieci anni ha perso 1,6 miliardi. E soprattutto un bus a Roma è una lotteria, un ghirigoro pieno di cancellazioni, non una linea. Le bollette improbabili e incorreggibili dell’Acea, i bus intermittenti e indolenti dell’Atac, il prelievo renitente e singhiozzante dell’Ama e i “creativi” dello zucchero filato meglio della cocaina. Questa è l’indomabile, insopprimibile, ingovernabile “spesa sociale” del Comune di Roma, sindaco Alemanno o sindaco Marino. Iol primo l’ha gonfiata come un pallone, come fece Storace alla Regione Lazio. Marino e Zingaretti hanno smesso di gonfiarla ma la ritengono intoccabile come una vacca sacra. Sì, una differenza c’è ma è davvero troppo piccola per essere apprezzata da chi deve pagare l’addizionale fiscale regionale e comunale più maggiorata d’Italia.