Salari: Cenerentola nana e orfana. Tutto alle sorellastre Tassa e Spesa

di Lucio Fero
Pubblicato il 27 Febbraio 2012 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Stipendi piccoli e anche orfani: alla busta paga, sia essa salario, stipendio o pensione, la Grande Famiglia Italia assegna da almeno 20 anni il ruolo di Cenerentola, riservando tutte le attenzioni alle due “sorellastre”, la Tassa e la Spesa. Alla Cenerentola busta paga scarpe rotte e abiti dismessi, alle due sorellastre tutti i premi, i ninnoli e gli sfizi. Salari piccoli e lo si sapeva, anche se lo si riscopre ogni volta con la finta sorpresa di chi finge di ustionarsi con la scoperta dell’acqua che non è più neppure calda ma si è fatta tiepida. Salari però anche orfani dentro la Grande Famiglia Italia, nonostante un finto amore dei parenti stretti.

Fa bene, anzi benissimo Bonanni segretario della Cisl a rimproverare il governo, o almeno a sollecitarlo il giorno dopo la prova provata, con tanto di firma Eurostat, della esiguità degli stipendi netti nel nostro paese. Ma Bonanni, come tutti i grandi sindacati italiani, è almeno venti anni che nei fatti trascura la “questione salariale”. Non solo Bonanni la Cisl, ma anche la Cgil. E più in generale tutta la sinistra politica e sindacale, e dire che nulla più “di sinistra” sarebbe che aumentare il salario.

Aumentare il salario, il netto in busta paga. Si può fare solo per via fiscale, diminuendo le tasse sul lavoro e sull’impresa. Si potrebbe fare, eccome: i salari italiani sono tra i più bassi in Europa ma il costo del lavoro, cioè il “lordo” che le aziende pagano per un lavoratore dipendente è tra i più alti nel continente. Molto di questo “lordo” va a pagare il sistema del Welfare, le pensioni, la Cassa Integrazione, la Sanità, la scuola. Sono capitoli di spesa che non possono e non devono essere abbattuti, neanche per dirottare risorse sul salario. Ma la spesa pubblica non è tutta qui e non è solo questo.

Dei circa 400 miliardi di spesa pubblica all’anno, tutta pagata con le tasse, quelle tasse che fanno nano il salario, almeno un centinaio sono l’effetto del mal governo pubblico di aziende e servizi pubblici. Aziende e servizi pubblici al cui governo la politica tutta non vuol rinunciare. E la spesa pubblica di questo tipo i sindacati e anche la sinistra nuovissima la difende e la considera il “cuore” della propria azione. I contributi e le sovvenzioni pubbliche ad ogni attività e azienda, la lievitazione del costo degli appalti, la moltiplicazione delle burocrazie e degli apparati, le cronache quotidiane dei sovra costi e dei finanziamenti pubblici, la questua sempre remunerativa che praticano tutte le categorie e i “territori”.

Prima ancora della corruzione e dello spreco, che pure tanta parte dei proventi fiscali assorbono, c’è l’idea, la cultura, la prassi secondo le quali il “pubblico” sta lì per distribuire denaro pubblico e guai a chi mette in dubbio questa “missione”. La spesa pubblica in Italia è sempre e comunque “sociale” anche quando non lo è per nulla. Di questa spesa pubblica godono in effetti ceti sociali, ma non sono propriamente quelli che percepiscono salario. Questo tipo di spesa pubblica è quella che per via fiscale si mangia il salario. Il giorno in cui i sindacati e i partiti politici, e anche i movimenti referendari, saranno almeno per un giorno e per una volta non dalla stessa parte di Regioni, Comuni e Province nello spendere a prescindere, allora e solo allora sapremo che sono davvero dalla parte del salario. Salario Cenerentola per cui non c’è bisogno di attendere il Principe Azzurro sotto forma di un “mondo nuovo”. Basterebbe nel mondo vecchio togliere a Cenerentola-Salario il peso di un po’ di tasse mettendo a dieta le due sorellastre, la Tassa appunto e la sua gemella Spesa.

Ma chi prova a farlo davvero, pochi anzi pochissimi, si trovano da almeno venti anni contro i sindacati, la sinistra, la destra e pure l’opinione pubblica organizzata in comitati e movimenti oltre che in lobby. Poi tutti piangono sul salario nano. Strano paese o forse per nulla strano, solo bugiardo con se stesso.