Regalo ai bimbi buoni, cioè cattolici: scuole e farmacie off-limits per i non battezzati?

Pubblicato il 29 Aprile 2010 - 15:31| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

In una serata in famiglia, e sottolineo famiglia, di qualche settimana fa si scherzava, sul filo e oltre il paradosso, si giocava a fare la “caricatura” della realtà, immaginando un futuro prossimo venturo assurdo e improbabile. Qualcuno infatti diceva: attenti ai figli non battezzati, se continua a tirar l’aria che tira si vedranno ridotti i diritti civili per questi bambini. Era appunto una battuta dell’assurdo, le mamme però l’accoglievano con un filo di istintiva anche se immotivata preoccupazione. Settimane dopo, in un giorno qualunque e normale, quei componenti della famiglia, delle famiglie, e sottolineo famiglie, si sono ricordati di quello scherzare di una sera e si sono accorti che l’istinto di mamma non era scattato invano.

Si sono telefonati i componenti di quelle famiglie, si sono detti: hai letto il giornale? Sul giornale, sui giornali c’era una storia. In una scuola romana, l’elementare statale “Giovan Battista Vico”, sono stati festeggiati bambine e bambine, dagli otto ai dieci anni, che avevano fatto la prima Comunione, la Comunione cattolica. La scuola si è congratulata con loro e ha tradotto le felicitazioni per il sacramento impartito dai sacerdoti e assunto dai bambini in un piccolo segno, in un regalino, un braccialetto donato ai bimbi cattolici. Gli altri bambini, quelli non “comunicati” e non benedetti e censiti da Santa Romana Chiesa, sono rimasti senza regalino, senza felicitazioni, senza congratulazioni della scuola. Insomma, la festa non era per loro. E’ una piccola storia, però dal grande significato. Significa che i figli dei non credenti o dei credenti in religioni che non siano quella cattolica sono non certo mal trattati ma ufficialmente diversi. Diversi nelle feste che la scuola pubblica allestisce per loro.

Dicono le maestre e la preside della scuola che in fondo non è accaduto nulla, che “i bambini della quarta hanno ricevuto il premio perché hanno accolto Gesù nel loro cuore”, quindi che male c’è? E chi “non accoglie Gesù nel suo cuore”, come dicono le maestre e la preside, che male fa? Nessuno rispondono le maestre e la preside. E allora perché per questi bambini non c’è nessun festeggiamento? Dicono le maestre e la preside che non volevano discriminare e certamente dicono il vero riguardo alle loro intenzioni. Però la loro cultura e le loro scelte dicono che i bambini dotati di cattolica prima comunione meritano un omaggio pubblico, gli altri no. Gli umani vivono di miti e di riti, tutti gli umani. Il rito celebrato alla scuola elementare e pubblica Vico di Roma è quello del “segno”, il braccialetto che contraddistingue e premia i bambini in regola, cioè quelli cattolici. Il non detto di questo rito ha un volume altissimo, grida che i non cattolici sono fuori dal cerchio magico e benedetto.

Il mancato regalo di una catenina a un bambino che non fa la prima Comunione cattolica è cosa sideralmente lontana da una limitazione dei diritti civili per i non battezzati. Però è un atto di civica scortesia, piccolo ma sincero. Introduce, anzi reintroduce il concetto di una “religione di Stato”, prima tra le altre e da tutti, dalla scuola in primo luogo, riconosciuta come tale. Forse val la pena di ricordare che perfino il Concordato tra Stato e Chiesa, quel concordato approvato e difeso dal Vaticano, esclude esplicitamente e non a caso che vi possa essere una religione di Stato.

E lo stesso giorno i componenti di quelle famiglie, e sottolineo famiglie, normali famiglie dove nascono, si allevano, si amano e si curano bambini, anche quelli nati prima del matrimonio, ormai più di un terzo del totale, si scambiavano anche un’altra notizia. Questa: una senatrice del Pdl ha depositato in Senato una proposta di legge per consentire l’obiezione di coscienza ai farmacisti. Insomma, se sono contrari all’aborto devono avere il diritto di non vendere farmaci abortivi. E’, dice la senatrice, la “loro incoercibile libertà”. Libertà di trasferire i precetti di una religione in un servizio pubblico come è quello esercitato in sostanziale regime di monopolio dalle farmacie. I farmacisti ci tengono eccome ad avere l’esclusiva della vendita dei farmaci. Ma i farmacisti cattolici vogliono anche il diritto di vendere o non vendere ciò che ritengono “giusto” o non “giusto”. Questa doppia rivendicazione è una violenta e prepotente rottura del patto sociale, patto che prevede che una categoria professionale esercita un servizio pubblico perché lo garantisce quel servizio pubblico. A tutti e non solo ai cattolici. Ma questa elementare regola della vita sociale, la regola che i patti si rispettano e che ogni patto contempla diritti e doveri, viene dimenticata, elusa in nome e per conto della “giusta fede”.

Una festa a scuola in meno se non hai fatto la prima Comunione, una farmacia che non ti vende il farmaco prescritto dal medico… Scuola e farmacie che vigilano sulla tua fede e condotta religiosa e monitorizzano i tuoi comportamenti… Non ci siamo ancora ai diritti civili dimezzati per i non battezzati, ma siamo sulla buona strada, il cantiere dove si costruisce l’equazione buon cattolico uguale buon cittadino è aperto e alacremente lavora. La prossima serata in famiglia qualcuno dirà: battezziamoli questi bimbi, forse è meglio.