Senatori a vita, poveri italiani e italiani pezzenti

di Lucio Fero
Pubblicato il 2 Settembre 2013 - 15:41 OLTRE 6 MESI FA

Senatori a vita, poveri italiani e italiani pezzentiROMA – Le reazioni, anzi gli umori secreti dopo la nomina dei nuovi quattro senatori a vita raccontano molto. Raccontano di poveri italiani confusi e disorientati dai guai che passano ogni giorno, dalle frottole e favole che vengono loro raccontate ogni giorno da ogni pulpito e predica, dall’incertezza sul futuro che li divora e li fa talvolta perfino sragionare. Italiani poveri nel portafoglio e nella speranza e purtroppo impoveriti anche nelle idee e nella cultura. Ma raccontano anche di italiani pezzenti, pezzenti nell’anima e nella fibra, nel cuore e nel cervello. Perché si può essere e da noi spesso si è pezzenti anche avendo il portafoglio pieno e il futuro assicurato, pezzenti con le pezze al sedere della propria identità anche se seduti su un divano di costosa pelle.

Facciamola corta, passi il sospetto che Giorgio Napolitano abbia nominato senatori  vita Carlo Rubbia, Claudio Abbado, Renzo Piano ed Elena Cattaneo per “motivi politici”. Passi, solo perché la nostra vita pubblica è talmente inquinata, scadente e decaduta, infarcita di mediocre umana miseria, passi. Un sospetto così in un paese così non ci si poteva aspettare non insorgesse. Chi va per questi mar di questi pesci piglia, e se il mare della politica italiana, se la sua ittica fauna è fatta di Calderoli e Santanché e sub-Grillo, il sospetto allora era ovvio nascesse. Passi il sospetto di mossa politica in un paese di Machiavelli “de noantri”, di arguti padani alla Bossi, di strateghi che schierano la squadra in campo muovendo i bicchieri, di informatissimi ignoranti di tutto tranne ciò che è stato loro sussurrato all’orecchio dal cugino della cognata o dal blog insalata. Passi che si dica che fare senatori a vita un grande scienziato, un grande musicista e un grande architetto serva al governo futuribile Renzi-bis. Passi, perché questo è il paese e con la realtà non si polemizza.

Però di argomento contro le nomine, di umore rancido ne è stato diffuso e sparso un altro. E non c’è nemmeno stato bisogno di diffonderlo, si è sparso da solo. Tra la gente, tra la società “civile” è corso quell’umore: non c’è stato bisogno di politici suggeritori. Non c’è stato untore, la peste si è diffusa come se la gente fosse il naturale habitat. E la peste è stata ed è quello, quelli che si rammaricano, stridono i denti, sbavano e fumano di rabbia (di repressa invidia?) perché quei quattro saranno niente meno che pagati con uno stipendio di Stato. Un paese, una comunità che trova spreco di soldi pubblici il pubblico riconoscimento delle eccellenze professionali, un paese, una comunità, una “gente” che si sente derubata perché quattro dei suoi migliori diventano istituzione e simbolo nazionale è una comunità di pezzenti.

Napolitano non è il Vangelo: le quattro nomine possono essere criticate o interpretate, ma dire, pensare che sono soldi buttati è come dire che buttati sono i soldi per mandare i bambini a scuola. E in effetti c’è, eccome se c’è, gente che pensa siano buttati i soldi per i libri, tanto per stare alle domestiche economie. Pezzenti, qualunque sia il loro reddito.

Una volta, non tanto tempo fa, chi nutriva consimili umorali miserie un po’ o alquanto le nascondeva. Adesso le esibisce con fierezza, proprio come fa e farebbe un esibizionista con i suoi attributi sessuali. Il movente psicologico è lo stesso. Ma questa esibizione è favorita dalla complicità, inconscia ma contigua, di altri italiani. Potremmo chiamarli gli italiani presuntuosi e…fessi. Quelli, animalisti e M5S contiguo, che a Sarzana chiedono al sindaco di “impedire l’ingresso in città” a Silvio Garattini perché Garattini non conviene con loro sull’inutilità della sperimentazione medica sugli animali. Impedire l’ingresso in città…che direbbero se, a maggioranza, si impedisse loro l’ingresso nelle italiane città invocando la loro teorica responsabilità nella prossima pandemia e semplicemente influenza da affrontare senza farmaci nuovi? Direbbero che è violenza e dittatura. appunto, come la loro. Ci vuole presunzione violenta per affermare che la propria verità deve essere osservata e obbedita da tutti. Presunzione e stupidità.

Presunzione, stupidità e anche una terza caratteristica, la vigliaccheria che si trova anche negli aedi e cantori della Resistenza Anti Tav. Gianni Vattimo, Erri De Luca, eccoli a spiegare che il “sabotaggio” è doveroso, che la violenza anti Tav è una missione, che si può e si deve andare contro la legge ” della finanza e della banche” e peggio per loro se ci vanno di mezzo camionisti, operai, imprenditori e imprese che lavorano alla Tav. In fondo sono collaborazionisti dello “esercito di occupazione” che sta in Valle, cioè di Carabinieri e Polizia. E sia: la presunzione che la propria ragione debba diventare legge, la stupidità nel non cambiare, mutare mai non dico idea ma nemmeno modulazione del proprio pensare dai 16 ai 70 anni, la stupidità del nulla apprendere dall’esperienza empirica e storica. Ma soprattutto una “pezzenteria” della propria stessa epica. Il No-Tav come la Resistenza? La Polizia come le truppe naziste? I Centri sociali come i partigiani? Non si ha notizia di partigiani che pretendevano le truppe tedesche non sparassero e si arrendessero. Non si ha notizia di rivoluzioni e assalti allo Stato infame con la garanzia di non farsi male. Si ha ampia notizia di piagnucolosi guerrieri del mondo santo e giusto e senza Tav che vogliono andare alla guerra con la certezza e garanzia preventiva che i nemici siano disarmati. Altrimenti non vale. E questo i Vattimo e i De Luca la cantano come rivoluzione, un canto pezzente.