Sinistra: più sei “rosso” e più hai nostalgia canaglia del…turbocapitalismo!

di Lucio Fero
Pubblicato il 3 Giugno 2015 - 13:52 OLTRE 6 MESI FA
Sinistra: più sei "rosso" e più hai nostalgia canaglia del...turbocapitalismo!

Sinistra: più sei “rosso” e più hai nostalgia canaglia del…turbocapitalismo! (foto Ansa)

ROMA – E’ difficile ridurre e riproporre la storia in poche righe ma, in pochissime righe eccola qua la storia: i paesi e i popoli europei per 25 anni dopo la seconda guerra mondiale hanno saputo produrre enorme ricchezza materiale con cui hanno finanziato e pagato il welfare, le pensioni, la sanità, la salute, i consumi, la spesa pubblica, i pubblici servizi…Per 25 anni la qualità della vita, i diritti individuali e collettivi, il lavoro, l’impresa, la solidarietà sociale sono impetuosamente cresciuti e migliorati. Centinaia di milioni di europei hanno goduto del miglior “mix” di libertà/diritti/redditi/consumi mai visto nella storia del pianeta terra. Sviluppo economico e democrazia, aumento del reddito dei lavoratori e capitalismo d’impresa sono per 25 anni stati congiunti in felice matrimonio.

L’Europa produceva ricchezza materiale con cui si pagava i diritti conquistati, le sicurezze sociali, i consumi crescenti. Chi dubita che sia così e ha gli anni giusti per ricordarlo ricordi come nella sua casa, nella sua famiglia, qualunque fosse il reddito e la condizione sociale, ogni anno andava un po’ meglio di prima, ogni anno si comprava qualcosa in più e questo migliorare era per tutti ovvio, naturale. La qualità della vita seppur asimmetricamente migliorava per tutti e gli europei se la pagavano la crescente qualità della vita con e soprattutto a misura della ricchezza materiale prodotta.

Andò così fino alla fine degli anni Settanta, fino all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso. Poi, circa 30 anni fa, il capitalismo d’impresa cominciò a scoprirsi lento e impacciato rispetto al capitalismo finanziario. Insomma si cominciò a scoprire che si potevano fare più soldi operando sulla finanza invece che investendo in una fabbrica. “Manifatturare” ancora si doveva, certo. Ma la ricchezza materiale prodotta cominciò ad essere avvicinata, poi pareggiata, poi surclassata dalla ricchezza finanziaria vagolante per il pianeta. Fino ad oggi, fino ad un pianeta dove i titoli finanziari più o meno esigibili valgono molto, molto di più del Pil mondiale, cioè della ricchezza materiale prodotta.

La finanza non è il diavolo, senza l’intermediazione e l’attività finanziaria non solo non ci sarebbe l’impresa, non ci sarebbe stata neanche la miglior qualità della vita, i maggiori consumi, l’idea e la praticabilità stessa di una pensione, il welfare e tante altre conquiste. Ma l’attività finanziaria, la cosiddetta “leva”, il debito e il credito dovrebbero avere un rapporto sotto controllo con la produzione di ricchezza materiale. Questo rapporto dagli anni Ottanta in poi diventa un rapporto molto astratto, molto lasco, in cui uno dei due ingrossa a dismisura e l’altro rimpicciolisce. In forme e quantità differenziate ma riconducibili a un denominatore comune da circa 30 anni paesi e popoli europei rallentano l’incremento della produttività. Qualcuno come l’Italia smette proprio di incrementarla la produttività.

Si crea quindi uno scomposto e instabile triangolo: alta qualità della vita e alta quantità dei diritti e conquiste che la gente vuole ovviamente mantenere, è il primo lato. Produzione di ricchezza materiale stagnante o addirittura calante. E quindi difficoltà se non impossibilità a pagare il “primo lato” con le risorse che vengono dal “secondo lato”, cioè la ricchezza materiale prodotta. E infine il “terzo lato”, la finanziarizzazione dell’economia, il cosiddetto turbo capitalismo. Quello dagli sconfinati profitti e incontrollati rischi. E’ questo terzo lato che scatenerà la crisi all’inizio del nuovo millennio. Ma è stato lo stesso turbocapitalismo finanziario che ha tenuto in piedi, e pagato fino alla crisi, gli altri due lati del triangolo. Da una trentina d’anni in Europa, chi più chi meno, ciascun paese e popolo ha tenuto in piedi diritti e conquiste sociali delle popolazioni non più pagandoli con i profitti della manifattura ma finanziandoli con gli strumenti del turbo capitalismo finanziario.

E’ di natura finanziaria, sono pura e sola finanza le “risorse”, tanto per fare un esempio, che la sinistra politica e sindacale intima di “tirar fuori” per “creare lavoro”, cioè distribuire stipendi a prescindere dalla creazione di ricchezza materiale. E’ di natura finanziaria, cioè a debito, la posta di bilancio invocata e reclamata perché nessun diritto, garanzia, abitudine previdenziale o sanitaria o assistenziale sia modificata e toccata. E’ affidata alla turbo finanza (anche se i promotori non lo dicono o non lo sanno) la missione di trovare i fondi per pagare l’ammortizzatore sociale universale, il reddito di cittadinanza.

Quando si grida o si argomenta contro “austerità” più ci si colloca (auto colloca?) a sinistra sociale politica e più non si intende solo una politica di bilancio favorevole a impresa e lavoro (detassazione-rinnovamento tecnologico impianti e prodotti-ricerca-minor spesa pubblica). No, quanto più ci si colloca socialmente e politicamente oggi a sinistra in Europa anti austerità tanto più la si declina in termini di nostalgia canaglia…del turbo capitalismo!

Non c’è nessuna voglia esplicita e neanche celata in Syriza o in Podemos di affrontare su parametri contemporanei la questione della produzione del plusvalore e quindi della sua redistribuzione sociale o accaparramento di classe. No, Syriza, Podemos, la Cgil, Sel, buona parte del Pd danno per scontato e dovuto il plusvalore. E reclamano sia speso, distribuito. Ma le enormi quantità di plusvalore necessarie a finanziare, materialmente pagare, la somma di diritti e conquiste, in assenza di quote rilevanti e crescenti di ricchezza materiale prodotta, possono venire solo dalla iper finanza, dall’economia finanziaria.

Che però, tanto più ti collochi (auto colocchi?) tanto più è il mostro, l’orco cannibale da abbattere. Si assiste ogni giorno al paradosso: alla Bce ad esempio vengono fermamente richieste le risorse per tenere in piedi welfare e democrazia e fermamente la Bce viene indicata come l’affamatore e il distruttore di welfare e democrazia.

Il paradosso si ripropone ovunque, diventa il paradigma della vita pubblica. Non c’è ad esempio nessuna voglia tra i lavoratori della scuola di porsi la questione di quale prodotto, della qualità e quantità della produttività nel percorso della formazione, della trasmissione e acquisizione di competenza. Per dirla sorridendo un po’ i democratici e di sinistra prof in lotta dura e senza paura contro la “privatizzazione della scuola, carriere e stipendi” non azzardano, neanche si sognano un’analisi para marxiana della loro struttura e lavoro. No, sono molto democratici e di sinistra, anzi più lo sono e più sono fermamente determinati a conservare quel che resta dei tempi giusti e belli dove tutto si pagava…a debito.

La turbo finanza, il turbo capitalismo e cioè gli orrori agli occhi della sinistra tanto più sinistra è diventano però l’unico sostegno reale e pagatore di ultima istanza per la sinistra, sociale politica, che dice di essere tale. Il paradosso non è senza conseguenze pratiche. Tra gli effetti collaterali: Renzi ha potuto e potrà forse ancora farcela nel cosiddetto “palazzo”. Ma comincia e non farcela e non ce la farà tra la gente reale. La maggioranza del paese, sinistra dei sindacati e della politica comprese, anzi in testa, non è pro riforme. E’ per conservare gli status raggiunti. Conservarli, non solo conservarli che non ci sarebbe niente di male. Ma conservarli senza avere l’angoscia e la responsabilità e la fatica di pagarli. Conservarli attraverso la versione politica del turbo capitalismo: il deficit e debito pubblico. Vendola, Fassina, Camusso, Podemos, Tsipras…nutrono tutti una grande nostalgia canaglia del turbocapitalismo. E in questo sentimento incontrano il comune sentire di M5s e questo sentimento li apparenta agli alieni per loro (ma neanche tanto) che votano Salvini. In qualche cosa, in qualche cosa di fondo, il paese è sostanzialmente unito.