Un sorriso si aggira per l’Europa…Da noi è la festa degli agnelli a Pasqua

di Lucio Fero
Pubblicato il 15 Maggio 2012 - 13:18 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un sorriso si aggira per l’Europa: Merkel perde, Hollande vince. Un sorriso si allarga per l’Europa: stan finendo i tempi cupi, al teutonico rigore si aggiunge finalmente la crescita ristoratrice. L’inverno del fiscal compact, del patto tra Stati a non creare nuovo debito e deficit, evolve nella primavera del fiscal compact sì, ma anche fondi da spendere, quelli della Bei, quelli di project-bond che vanno a fiorire (non sono gli euro-bond, cioè la garanzia di tutti al debito di tutti, sono solo “leva”, cioè debito per finanziare infrastrutture, però meglio di niente…). E poi fiscal compact da rispettare certo, ma allungando i tempi del rientro dal deficit, del deficit zero: di sicuro dilazione per la Spagna, forse per la stessa Francia, magari anche per l’Italia. Si odono per l’Europa “augelli far festa” anche se passata non è la tempesta. Merkel perde, Hollande vince: c’è aria di festa.

Magari altrove non sarà così, magari in Francia, nella stessa Germania, forse in Spagna ricominciare a spendere denaro pubblico servirà davvero a migliorare le condizioni dell’economia, a farla ripartire, sarà davvero una golden rule. Golden rule, cioè quel meccanismo per cui la spesa in investimenti si traduce nel medio e lungo periodo in maggiore produttività, minor costo delle merci prodotte, accresciuta competitività, più occupazione produttiva. Tutte ragioni per le quali questo tipo di spesa può non essere considerata deficit a perdere e debito a chissà chi lo paga, può invece questo tipo di spesa essere non conteggiata nella partita negativa dei bilanci pubblici. Magari potrebbe davvero andare così, ma da un’altra parte. Anche se Monti la golden rule la chiede per l’Italia, magari funzionerebbe da altra parte che non sia l’Italia. Da noi c’è una anomalia che trasformerebbe la golden rule in tutt’altra cosa.

L’anomalia italiana…c’è aria di festa anche in Italia perché Merkel perde e Hollande vince. Festeggia la destra, il Pdl che, in piena sintonia con il suo elettorato, non sopporta il rigore finanziario. Infatti quando governava Berlusconi di rigore c’era forse solo il doppio petto. Festeggia la sinistra, il Pd che non vede l’ora di poter distribuire a Regioni e Comuni nuove provviste di “spesa sociale”. Festeggia la sinistra più a sinistra, quella di Sel che con la spesa pubblica assumerebbe anche la gente, dove può lo fa, anche se la sia assume senza sapere che cosa fa. Festeggiano i sindacati, da Camusso a Bonanni, certi che occupazione e salario li creano le leggi, i Parlamenti, i partiti, anzi i “tavoli” e non altre astratte o insolenti stupidaggini come i mercati delle merci e del lavoro. Festeggiano tutti in Italia e almeno in Italia è la festa del tacchino a Natale, dell’agnello a Pasqua, insomma di chi sta per essere mangiato e saluta felice l’evento.

Spesa pubblica, la festa del forse si torna a spendere. Spendere ovviamente soldi. I soldi da spendere uno Stato li può prendere dalle tasse. Strada sbarrata in Italia: chi le paga ne paga già troppe, chi non le paga si è felicemente intruppato nel grande sdegno nazionale contro Equitalia. Come che sia, basta tasse, da lì soldi da spendere non ne possono venire. Allora uno Stato i soldi li può stampare, fabbrica soldi e li sparge in giro. Lì per lì è una festa, alla lunga è un guaio grosso. Comunque da sola l’Italia non lo può fare, non può stampare moneta da sola. Per farlo dovrebbe uscire dall’euro e dall’Europa. Allora potrebbe stampare moneta da spendere, con l’unico inconveniente che quella moneta varrebbe la metà o forse neanche: con cinquanta “euro italiani” ci compreresti quel che oggi compri con venti euro. Non sembra un grande affare.

Però tutti insieme in Europa un po’ di moneta la si può stampare, tutti insieme e senza neanche bisogno di dirlo. Basta far crescere un po’ di inflazione. Fa bene al debito un po’ di inflazione: ti devo cento ma c’è cinque di inflazione all’anno, l’anno prossimo sempre cento ti devo ma quel cento vale 95 e così via. E con l’inflazione circola denaro, girano i soldi, infatti l’inflazione c’è e si usa quando le economie sono in salute, letteralmente “scoppiano” di salute e fanno inflazione. In Italia è già al 3,5 per cento, quasi al 5% per i generi di largo consumo. Se si lascia andare un po’ l’inflazione in Europa, cosa per la quale tutti fan festa, in Italia può arrivare rispettivamente al cinque e al sette e forse anche di più. E qui appunto fa festa il tacchino a Natale e l’agnello a Pasqua: l’inflazione è tassa diretta e progressiva al contrario sul reddito fisso e basso.

E la “anomalia”, non è che ce la siamo dimenticata. Miliardi di euro di spesa in Italia per gli investimenti, le infrastrutture e anche gli investimenti nel sociale? Italia dove le opere pubbliche, i cantieri, partono e mai si chiudono. L’Italia dove gli appalti lievitano e solo quelli. L’Italia dove l’investimento sulle energie alternative si traduce in arricchimento della lobby più svelta, quella del fotovoltaico. L’Italia dove investire vuol dire finanziare a pioggia. L’Italia dove se investi nel sociale scopri che basta un ufficiale dei Carabinieri a dimezzare deficit miliardari delle Asl. Basta? Ci vuole il Carabiniere perché il politico o il sociale fanno deficit, ci campano. L’Italia dove se investi sul sociale scopri che il 60/70 per cento della popolazione è esente dai ticket sanitari. L’Italia insomma dove la spesa pubblica quasi mai è stata e difficilmente sarà “golden rule”, ma solo “oro” distribuito a perdere dalla alleanza politica vincente alla alleanza di corporazioni che l’hanno sostenuta. Non senza una “mancia” anche ai perdenti. L’Italia che durante gli ultimi mesi del rigore che più rigore non c’è ha aumentato il debito di 80 miliardi in un anno e di 49 in tre mesi, l’Italia che, cifre alla mano, non ha mai smesso di spandere più che spendere.

Un sorriso si aggira per l’Italia, si torna a spendere, tornano i pasti gratis: è questa la traduzione in italiano, la buona novella che corre dalle Alpi alla “padania”, dall’Appennino ai golfi, alle isole…Un solo grido, un solo idioma: risediamoci a tavola.