Stupro femmine degli “altri” non è peccato: epidemia di cani rabbiosi

di Lucio Fero
Pubblicato il 29 Agosto 2017 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA
Stupro femmine degli "altri" non è peccato: epidemia di cani rabbiosi

Stupro femmine degli “altri” non è peccato: epidemia di cani rabbiosi

ROMA – Stupro femmine degli “altri” non è peccato, si può fare: così pensano, parlano, scrivono mostri di ogni etnia. Gli ultimi due, soltanto gli ultimi due in ordine di cronaca, il leghista di Noi con Salvini segretario a San Giovanni in Puglia (subito espulso dalla Lega stessa) e il cosiddetto mediatore culturale stipendiato da una cooperativa (non ancora, colpevolmente non ancora licenziato).

Il primo, italianissimo, alla notizia dello stupro della ragazza polacca a Rimini aveva pensato e scritto: ma quando tocca alle donne del Pd? Il secondo, non italiano e immigrato, alla stessa notizia aveva pensato e scritto che “all’inizio…ma poi la donna diventa calma” e in fondo le piace.

Sono solo gli ultimi due di una ormai lunghissima schiera, gli ultimi due di una radicata tradizione e di una cultura, sì cultura, che si espande. Una cultura che da noi in Occidente, almeno in alcune sue parti, non era mai morta, tanto meno sepolta. Ma era stata contenuta, confinata, repressa. Ora invece torna a vivere e a camminare tra noi. Con la sponda, alibi  sostegno attivo della cultura gemella, quella che viene dall’Islam.

Sono due culture gemelle che si incontrano non tanto e non solo nell’idea in fondo sessuofobica (sessuofobico fu il cristianesimo e in parte lo è ancora, sessuofobica a tutto titolo sono la religione e le società islamiche) secondo cui la donna è sempre e comunque oggetto e preda sessuale potenziale. E preda disponibile a meno che non si nasconda, non si veli, non si neghi alla luce. Se invece la donna gira libera per il mondo come essere umano e non come selvaggina, allora può essere cacciata.

Quel disgraziato a cui viene pagato uno stipendio (anche soldi pubblici) in nome della cultura e che dice che in fondo alle donne lo stupro poi piace coltiva una cultura gemella di quella che è stata nostra, molto nostra e ancora c’è, per cui le donne se l’erano cercato. La si trovava questa cultura nei Tribunali, la si trova ancora eccome nei bar e su Facebook.

Ma non è solo il predare donne che provocano e inquinano il mondo che riaffiora dalle mai lavate fogne della storia. C’altro letame antico cui qui da noi stiamo ridando diritto di cittadinanza: l’idea dello sfregio, della profanazione, del supremo insulto agli “altri”, ai nemici. Sfregio, oltraggio, profanazione, insulto che si realizzano al massimo stuprando la donna degli “altri” appunto.

Non è questione di partiti o forze politiche, è questione di umanità. C’è una umanità diffusa che inneggia alo stupro della donna degli “altri”. Umanità che si affolla e aggrega soprattutto intorno alla Lega e a M5S ma di cui men che mai Lega e M5S sono responsabili. Però una domanda sul perché lo “stupra la donna degli altri” sia un format ormai classico della cosiddetta “rabbia anti sistema” Lega e M5S dovrebbero farsela. Preferiscono di no e questa è la loro responsabilità.

E a questa umanità che invoca, sogna e sceneggia l’impalamento della donna degli “altri” come suprema e drastica misura di “pulizia” (magari anti Casta) fa sponda, eco e rinforzo altra umanità: quella di molti, troppi, maschi, giovani, donne famiglie di usi e costumi islamici. Usi e costumi prima ancora che fede religiosa perché il dettato della fede islamica non detta sempre e proprio quello che queste comunità dettano a se stesse e impiantano in terra d’Occidente.

Impiantano una mala pianta. La donna inferiore per legge e natura. La donna animale privilegiato domestico ma pur sempre animale inferiore all’uomo. La donna che se si mostra va punita. Anche con la punizione sessuale. La donna fonte di peccato e di per sé impura. E infine, ovviamente, drammaticamente, la donna bianca, la donna degli “altri”, la donna occidentale come preda ambita e in fondo lecita perché onorevole per il branco è la grande caccia.

Così pezzo a pezzo stuprare la donna “comunista” o “parlamentare” o “ministra” si somma con stuprare la donna poco vestita, che cammina da sola, la donna occidentale che si offre perché non si nasconde. Si sommano e si danno reciproca legittimità questi due crimini della mente e dell’anima sull’altare ideologico dello stupro della donna degli “altri” non è peccato. Qualcosa che trattiamo come fosse virulenta influenza che scoppia qua e là con picchi isolati di febbre e invece è epidemia che rende gli umani cani rabbiosi.