Il 16% di tasse in meno: si può fare. Questione di “tasca” che paga

di Lucio Fero
Pubblicato il 9 Gennaio 2012 - 13:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Vi piacerebbe pagare il 16 per cento in meno delle tasse? Vi piacerebbe restassero nelle vostre tasche 160 euro ogni mille che oggi il fisco da quelle tasse preleva? Si può fare, “yes we can” anche qui, perfino qui. Ma dovreste mettervi d’impegno, dovremmo metterci tutti d’impegno e cambiare “prima” un bel po’ delle nostre convinzioni, quelle nutrite in buona, e in meno buona, fede. Dovremmo sfoltire l’esercito, disertare l’arruolamento volontario e di massa nella legione di quelli che… Quelli che “cinque euro di sconto al ristorante e chi se ne frega di quel pezzo di carta della ricevuta”. Quelli che “il 40 per cento di tasse è troppo e se hai un esercizio commerciale come fai..?”. Quelli che “perché non si comincia da qualcun altro, perché cominciare proprio da qui..?”. Quelli che “se questi soldi vanno alle tasse restano fermi e i soldi non girano il che alla fine è un danno”. Dovremmo dimetterci tutti da una di queste categorie di “quelli che…”. Perché, ad esempio, non è proprio vero che i soldi non girano se finiscono in tasse: quelli che non girano sono i soldi di chi le tasse le paga, quelli che si atengono dal pagarle non sono il materasso o il paracadute dell’economia, ne sono invece il peso a piombo.

Troppe tasse, troppe tasse pagate, troppe tasse evase: l’Italia non si nega e si concede tutta la triade del peggio fiscale. La pressione fiscale che soffoca il paese è pari al 43 per cento del Pil, della ricchezza prodotta. Ed è una percentuale in aumento, sia per l’arrivo di nuove tasse, sia per la contrazione del Pil. Eppure, sebbene imponente, è un 43 per cento immaginario, anzi indulgente rispetto alla realtà. Realtà che dice che, per chi le paga, la pressione fiscale reale è pari al 51 per cento del Pil. Infatti chi le tasse le paga, paga anche la quota parte di chi dal pagarle sia astiene. Per le prime due pagine del suo “sfoglio” del nove gennaio 2012 La Repubblica a firma di Alessandro Penati ospita nutrita schiera di interrogativi, critiche e suggerimenti al governo Monti su cosa fare in materia fiscale. Primo: quantificare con precisione quanto si ritiene possibile e doveroso recuperare dall’evasione. Secondo: destinare esplicitamente buona parte, se non proprio tutto, del ricavato dall’evasione alla diminuzione delle tasse sul reddito e sull’impresa. Terzo: abolire la gran parte delle detrazioni e agevolazioni fiscali e sostituirle con la diminuzione delle aliquote per pari importo. Quarto…

Ma fermiamoci al punto due: usare i soldi recuperati dall’evasione, tolti e fatti pagare agli evasori, per abbassare le tasse degli altri, vorremmo dire di “tutti”, ma oggi dire di tutti non si può. Non si può perché i settori del turismo e della ristorazione evadono al 50 per cento e più, il lavoro autonomo si attesta su una media di evasione superiore a un terzo degli effettivi guadagni, l’agricoltura evade al 20/30 per cento. L’industria più che evadere elude, i lavoratori dipendenti si “arrangiano” con le mani legate dalla “ritenuta alla fonte”, comunque entrambi i settori con un tasso di evasione intorno al dieci per cento. Quanto fa il tutto non si sa, si stima “faccia” tra 150 e 200 miliardi evasi ogni anno, almeno venti miliardi di tasse non pagate. Ecco, se quei venti miliardi di tasse le pagasse chi le deve pagare, quel che vi piacerebbe potrebbe diventare realtà: tasse abbassate del sedici per cento.

Si può fare, ma davvero si potrà fare? Mario Monti ha detto che a questo lavora. Però promesse analoghe le avevano fatte anche i predenti governi “politici”, di sinistra e, a suo modo, anche quelli di destra. Poi nella realtà quando ha governato la sinistra ha sì recuperato un po’ di evasione ma ha destinato quei soldi, sempre e tutti, alla spesa pubblica e mai all’abbassamento delle tasse. Più a lungo ha governato la destra, molto a lungo ha considerato l’evasione fiscale un dato della natura italiana, qualcosa da condannare in pubblico ma rispettare in privato. Al massimo la destra ha considerato l’evasione fiscale come un “granaio” da non essiccare mai ma da cui prelevare ogni tanto un sacco, due al massimo di farina, insomma i condoni. L’idea di prendere soldi dall’evasione per abbassare le tasse non ha mai attecchito nella realtà dei governi anche se ha sempre addobbato i discorsi politici. Non per caso: è infatti un’idea contro la quale di fatto si schierano tutti, e sono, siamo tanti “quelli che…”. Quelli che “che me ne faccio di una ricevuta”. Quelli che “non si disturbano gli operatori economici mentre lavorano”. Sia detto per inciso, strano quanto diffuso concetto questo del “sto lavorando”: lo adottano anche quelli che ti parcheggiano il camioncino in terza fila e ti chiudono il portone e la strada. Se protesti, rivendicano “sto lavorando”: il lavoro che esenta da ogni regola fastidiosa, tra cui la libertà di movimento altrui oltre che il pagamento delle tasse. Quelli che “la paglia nell’occhio altrui e non la trave nel proprio”. Quelli che “senza l’evasione chiudiamo e se chiudiamo l’economia non gira”. Non chiudono perché a tenerli “aperti” è il 16 per cento in più che di tasse pagano gli altri, gli altri che l’economia la farebbero volentieri girare anche loro, spendendo quel 16 per cento in più del dovuto che versano alle tasse.