Terremoto: quando arriva, come lo senti, cosa vedi…

di Lucio Fero
Pubblicato il 25 Agosto 2016 - 10:56 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto: quando arriva, come lo senti, cosa vedi...

Terremoto: quando arriva, come lo senti, cosa vedi…

ROMA – Terremoto, quando arriva: sull’Appennino ogni cinque anni. Quando arriva il terremoto, ed è due volte di fila che arriva in piena notte, se sei lontano da dove arriva lo senti come un ginocchio che si appoggia, anzi urta il tuo letto e un po’ lo scuote. Lo senti come in tintinnio perché in casa ciò che può dondolare dondola e quel che può oscillare oscilla. Lo senti nello scatto del gatto che balza via dal sonno e dal pavimento. Lo senti dalle sirene degli allarmi delle auto che fuori in strada cominciano a suonare. Accendi una luce, il lampadario si muove, sì è il terremoto. E sai che se qui ha fatto questo, se tu l’hai sentito così, da qualche parte, lontano ma non molto, il terremoto ha fatto morti.

Oppure, se sei molto più vicino al terremoto, se in casa del terremoto ci sei andato dopo la prima grande scossa, lo puoi sentire in una delle dieci, cento scosse che vengono dopo, lo senti ad una pompa di benzina, stai infilando il tubo del rifornimento nel vano del serbatoio ma lenta e veloce al tempo stesso la terra ti sposta un po’ da sotto le mani l’auto e il tubo sbatte sulla carrozzeria e la benzina ti finisce sui piedi. O ancora puoi sentirlo in una stanza d’albergo gorgogliare e ruminare il terremoto: una, due, dieci scosse. Alla fine ti addormenti tra due guanciali di fatalismo e stanchezza.

O puoi sentirlo proprio quando arriva, stai camminando, pensi star scivolando…Ma non stai scivolando, alzi gli occhi, guardi un lampione o un filo della luce, qualcosa che sta steso e sospeso. Si muove, è il terremoto. Ci sei dentro e sei più stupefatto che impaurito. La paura viene dopo, più lenta e profonda del terremoto. La prima scossa emotiva è adrenalina o panico.

Terremoto, lo hai sentito e riconosciuto. Puoi cominciare ad aver paura. Ma se l’hai sentito e riconosciuto, non c’è più nulla da aver paura. Se hai avuto tempo e modo di sentirlo, riconoscerlo e quindi spaventarti e preoccuparti, in questo tempo il terremoto se n’è già andato. Se doveva o poteva colpirti l’ha già fatto. Se non l’ha fatto quando cominci a prender paura sei già in salvo.

Terremoto lo puoi vedere, perfino in faccia. In una nuvola di polvere mentre crolla un soffitto in una famosa cattedrale. Dietro di te nell’elicottero che sorvola le zone colpite. L’elicottero trasporta bare, bare vuote. Nelle mani che tremano della gente che sta intorno alle macerie ancora farcite di vite che forse continueranno e forse no. Lo puoi guardare attraverso le pareti che non ci sono più, case aperte e dentro mezzi letti, mezzi armadi, abiti, giocattoli, cose di ogni cosa che si espongono come mutilati rassegnati alla loro condizione.

E lo puoi vedere, se ti capita, là sotto. Sì, sotto i massi, le travi, i calcinacci. Lo puoi vedere nel silenzio, perfino gli occhi tacciono, di quando si assiste da vicino al tentativo di prendere da là sotto uno ancora vivo. Sai che non serve a nulla in realtà ma mezzo mattone vuoi toglierlo anche tu, con le tue mani. Per rispetto di te stesso che pure sei là a fare altro e diverso lavoro.

E’ questo il terremoto della terra e degli umani che colpisce. Poi c’è il terremoto dei superstiti: il freddo, le tende, i ranci, la sentinella dei vecchi davanti alle case distrutte o lesionate, il tremore per il domani e il dopo domani…E c’è quello raccontato, quello delle televisioni, dei giornali, delle comunicazioni di massa: molta fatica, tanta buona volontà, notevole utilità e ritualità, futilità delle formule verbali ripetute all’infinito. E qualche manifesta, dirompente ignoranza.

Perché il terremoto è anche un buio dell’anima, una paura ancestrale, un panico di fronte ad una forza non dominabile da parte dell’uomo. Per millenni l’umanità ha trovato in qualche modo utile ed ha preferito credere fosse il terremoto una volontà e/o una punizione divina. O un artefatto del maligno, quello con la maiuscola. Per cui occorreva ingraziarsi la divinità con riti e rituali, sacrifici ed espiazioni. Oppure trovare gli agenti umani del Maligno e punirli. Aveva un senso ragionare, credere, agire così. In qualche modo, per via di pensiero magico, il terremoto veniva compreso, capito. Gli umani che non sapevano cosa fosse inventavano cosa era e trovavano in qualche misura equilibrio nell’ignoranza.

Per millenni…e ancora oggi. Anzi, di nuovo oggi. L’enorme forza dell’ignoranza unita alla potenza enorme del panico non hanno mai smesso ma oggi tornano con rinnovato vigore ad annerire il buio dell’anima che il terremoto evoca. E stregoni, visionari, terrorizzati, traumatizzati, imbroglioni, instabili di mente e di parola hanno oggi una gigantesca scuola, palestra e tribuna: Facebook University. C’è un terremoto che ad ogni terremoto demolisce ragione e scienza, e non è detto che sia il minore.