Per Sergio Marchionne l’auto è un optional

di Mauro Coppini
Pubblicato il 16 Settembre 2011 - 14:38| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “La coerenza è la virtù degli imbecilli”. L’affermazione di Giuseppe Prezzolini suona forse un po’ troppo perentoria ma ci fornisce uno strumento utile per cercare di comprendere le contradditorie strategie di Sergio Marchionne. Che imbecille certamente non è, almeno se giudicato con il metro dell’autore del “Codice della vita italiana”, visto che della incoerenza ha fatto il principio informatore della sua attività. Sconcertando le controparti, politiche, sindacali ed industriali, con una raffica di affermazioni che sembrano fatte apposta solo per essere immediatamente smentite. L’interlocutore, abbagliato e confuso, non fa in tempo a riprendersi che è fatto oggetto di altri fuochi di artificio.

Un paio di settimane fa Marchionne aveva messo in discussione il piano che prevedeva la costruzione di SUV a Mirafiori, da commercializzare in Europa e negli USA. E con ottimi argomenti: la forza del’euro sul dollaro che ne avrebbe minato la competitività oltreoceano e la crisi del mercato nord americano che avrebbe finito per penalizzare questo tipo di veicolo. Ma al salone dell’auto di Francoforte il clima era già cambiato. Il rapporto euro-dollaro? Accettabile. La crisi ? Nessun problema perché si tratta di vetture compatte destinate soprattutto al mercato europeo. La decisione finale continua però a slittare e l’esito sembra affidato al lancio di una moneta destinata a cadere di taglio per rimanere in precario equilibrio indefinitamente. Ed è proprio in questa immagine che si cela l’essenza della strategia di Marchionne.

Incomprensibile se valutata sul piano industriale, si pensi allo stato confusionale nel quale versano i componentisti, impossibilitati a programmare investimenti e linee di produzione, ma efficace, almeno nel breve periodo, per volgere a proprio favore la trattativa sindacale con il sindacato USA. Sospendere la decisione su Mirafiori vuol dire avere una arma in più da mettere in campo in un momento in cui, finito lo stato di emrgenza, l’idillio tra lavoratori americani e Marchionne, con i benefici fin qui ottenuti vengono messi in discussione. E un eventuale cedimendo di General Motors sui trattamenti salariali potrebbe mettere in grave difficoltà una Chrysler che, nonostante le ottimistiche dichiarazioni di Marchionne, è ancora a metà del guado in atesa di nuovi modelli sempre annunciati ma mai davvero lanciati sul mercato.