Berlusconi e D’Alema: due esempi di come è bene pensare prima di parlare

di Marco Benedetto
Pubblicato il 21 Settembre 2009 - 09:32| Aggiornato il 13 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, due speculari occasioni perse di pensare prima di parlare. E magari tacere.

Berlusconi, preoccupato per la pessima figura che gli fa fare col padrone americano Umberto Bossi col suo “tutti a casa dall’Afghanistan”, non ha trovato di meglio che dichiarare la sua entusiastica adesione alla rinuncia di Obama allo scudo missilistico verso la Russia. Così, tra l’altro, ha detto cosa gradita al compare Putin.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Non ha però calcolato l’effetto sugli altri paesi europei e non solo i neo entrati nell’Unione dall’estremo est (o gli aspiranti tipo Ucraina per il cui territorio passa peraltro il petrolio russo). Anche i tedeschi non sono felici dell’idea di Obama, perché la Germania, prima, aveva il meglio delle due situazioni: trafficare con i russi e godere della sicurezza militare garantita dai missili americani.

I giornali italiani hanno accolto tutti con entusiasmo l’iniziativa di Obama, perché tutto quel che fa sant’Obama è giusto. I giornali americani hanno dato invece spazio al pericolo insito nell’iniziativa del loro presidente.

Se però poi si vuole fare un ulteriore passo avanti nella riflessione, è il saldo finale della vicenda che ci deve mandare i brividi lungo la schiena.

Si tratta infatti di una ulteriore conferma che per gli americani l’Europa non serve più, dal punto di vista strategico e anzi è spendibile. Nel breve termine, in una riedizione del grande gioco che vedeva contrapposti il British Raj e la Russia dello zar, gli americani hanno bisogno di ottenere i buoni uffici dell’Iran per ricondurre alla ragione Iraq e Afghanistan, due paesi dominati dalla stessa setta religiosa che comanda in Persia, gli scia. Nel medio lungo, vale la prospettiva che il nemico del secolo sarà la Cina, e le basi in Turchia, nelle repubbliche islamiche ex sovietiche, in Afghanistan e Iraq serviranno egregiamente.

Miopemente, come italiani, possiamo stare abbastanza tranquilli. Negli ultimi secolo i russi si sono espansi a est, mentre a ovest gli è bastato un bel cordone sanitario che nel dopoguerra si è chiamato patto di Varsavia. Certo sono meno felici i polacchi, i romeni e gli altri, ma per gli americani la Russia vale un emirato arabo, non fa più paura dal punto di vista militare. In più, per i russi, la Cina è un vicino fastidioso e questo può giustificare un fronte comune. La Russia è in costante calo demografico, la Cina in continua espansione sta già di fatto occupando pacificamente, col lavoro della sua gente e col commercio pezzetti di Siberia. Per questo, anche per i russi la Cina è un potenziale nemico, con il quale in passato sono già venuti brevemente alle mani. E infatti Stalin non si è mai fidato troppo di Mao, anzi.

Che gli può importare a Obama se un giorno la Russia, non fidandosi più della Germania, si riporta a casa un po’ di territori cuscinetto? Sull’altare della guerra planetaria ben poco.

Ecco perché, forse, prima di scodinzolare felice sperando di far dimenticare a Obama le sparate di Bossi, era meglio che Berlusconi ci riflettesse un po’ sopra.

Sorprende meno quel che ha detto D’Alema, perché la sua ostilità verso i giornali è nota e anche comprensibile. Come tutti quelli che rivestono una seppur minima posizione di potere, D’Alema non sopporta le critiche. I giornali con lui sono stati in realtà fin troppo acquiescenti, ma non certo in grado di eguagliare la pedissequa ripetizione dei suoi concetti che garantisce la Tv, con aggiunta di immagine, movimento, colore e suono.

Massimo D'Alema

Massimo D'Alema

Dentro il partito di D’Alema, quale che fosse il nome, ci sono sempre state forti posizioni pro Rai. C’è poi chi dice: «Per fare male a Berlusconi c’è solo una cosa, alzare il tetto Rai». Dal punto di vista della guerra atomica, la mossa è giusta: consentirebbe alla Rai di diffondere più pubblicità di quanto le sia permesso oggi, in una misura controllata dal Governo e, da quando esiste la Tv commerciale, inferiore a quest’ultima, che in realtà ha subito limiti sempore molto ampli, oggi amplissimi. Non c’è dubbio che una Rai che potesse raccogliere più pubblicità darebbe parecchio fastidio a Mediaset, ma la conseguenza immediata sarebbe la morte dei giornali. Il mercato della pubblicità nazionale è uno solo, vi opera la legge dei vasi comunicanti e una  nuova offerta di pubblicità televisiva ha l’inesorabile conseguenza di togliere pubblicità all’anello più debole, i giornali, il cui fronte è diviso fra decine di testate.

Lo stesso discorso vale per la Rai. Se la Rai venisse privatizzata, anche solo parzialmente, è matematico che l’ultimo azionista, pur titolare di una singola azione, troverebbe facilmente un tribunale che ordinerebbe l’equiparazione, al rialzo, del tetto Rai all’affollamento Mediaset, con le conseguenze su esposte.

Sorprende inoltre di questa ultima uscita di D’Alema la sua poca considerazione per concetti come occupazione e lavoro. Ha detto D’Alema, a quel che riporta l’agenzia di stampa Agi: «Questa idea che c’è tanta gente da sistemare piace molto alla nostra politica e anche alla nostra parte». Sembra Brunetta. Fa impressione che queste parole siano state dette alla festa dell’Unità e che nessuno abbia pensato che la gente sistemata non è solo gente del partito, e questo, con più ipocrisia e minori quantità fanno dappertutto. Si tratta però anche di gente che lavora, è comunque occupazione.