Il Capo della Marina un simbolo: o cacciato o assolto subito

di Marco Benedetto
Pubblicato il 18 Aprile 2016 - 06:28 OLTRE 6 MESI FA
Ammiraglio indagato 01

Ammiraglio De Giorgi, Capo della Marina, un simbolo: deve essere cacciato o assolto subito

ROMA – Un ammiraglio che riceve su un cavallo bianco gli ospiti a bordo della sua nave ormeggiata nel porto di New York è una cosa demenziale. L’ammiraglio, Giuseppe De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina, ha dato spiegazioni ragionevoli e verosimili a giornalisti e, si presume, magistrati di Potenza che lo indagano per abuso di ufficio.

Un punto di rilievo è che l’ammiraglio De Giorgi abbia chiarito cause e modi di come si sono determinate le maggiori spese per rendere più funzionali certe parti di una nave. C’è un passaggio un po’ ambivalente. De Giorgi ha affermato che le modifiche sono costate 1,4 milioni per nave, rispetto ai 43 che chiedevano i cantieri; la lettera anonima parla di 42 milioni, che è un multiplo di 1,4. Se le navi su cui è stata introdotta la variante De Giorgi fossero 30 i conti tornerebbero. Si tenga presente però che una nave da guerra costa centinaia di milioni di euro, la fregata Carabiniere,  che De Giorgi porta ad esempio del suo interventi migliorativo viaggia fra i 350 e i 400 milioni. Cosa sono meno di un milione e mezzo di maggiori  costi su un investimento destinato a durare anni, una nave destinata a portare centinaia di marinai per mesi in giro per il mondo?

Come dal segreto istruttorio che dovrebbe proteggere una inchiesta per abuso di ufficio, come peraltro qualsiasi altra inchiesta, sia uscita una lettera anonima, che copre di ridicolo più che di fango il capo della forza armata italiana, che gode del maggiore prestigio e rispetto nel mondo è uno dei misteri che ci tormentano e tormentano importanti, seri e responsabili magistrati, da quando un giornale pubblicò l’sms con scritto “ti amo” che una giovane e bella attrice indirizzò a Stefano Ricucci indagato con i furbetti del quartierino.

Ora è importante, anzi fondamentale, che l’inchiesta giudiziaria sia chiusa rapidamente e senza ambiguità. Il capo della Marina italiana non è un capo militare qualunque. È il capo di una delle poche cose italiane che in giro per il mondo sia trattata da pari, con rispetto e ammirazione, altro che il folclore della pizza e del genio italico per cui ci illudiamo di essere ammirati.

De Giorgi non è un funzionario qualunque, è uno dei capi militari più importanti non solo della Repubblica ma del sistema di difesa occidentale.

Non può essere tenuto a bagno maria, con una istruttoria di anni, deve essere messo in condizione di affrontare i suoi colleghi stranieri e le migliaia di marinai che dipendono da lui a testa alta, senza ombre anche minime. Oppure se ne deve andare, subito. In un lungo periodo di incertezza, i rischi per l’Italia sono alti. Con che faccia oggi il comandante in capo della Marina militare italiana può ordinare o punire? Lui dice che sono i corvi, ma senza nomi e cognomi e facce siamo al chiacchiericcio da fureria o da macchina del caffé.

Per un avviso di garanzia Andreotti lasciò l’incarico di primo ministro. Dopo Berlusconi, le carte della Giustizia sono cartaccia. Ma un grande capo militare conta più di un capo politico, nel sistema di valori di una democrazia moderna.

Dalla autodifesa dell’ammiraglio De Giorgi, emergono tuttavia dei puntini neri che un po’ disturbano lo stereotipo che tanti di noi hanno di un ammiraglio. Vediamoli:

1. L’ammiraglio non ha accolto gli ospiti a cavallo, ma a cavallo c’è andato, nelle strade di New York, si presume, anche se non lo dice, un 12 ottobre di tanti anni fa, partecipando alla parata del Columbus Day:

“L’episodio, che risale a vent’anni fa, lo ricordo. Sono stato invitato dall’associazione nazionale dei poliziotti italo-americani a percorrere assieme a loro Little Italy ed una parte del Bronx a cavallo. Da noi può sembrare una cosa strana ma là eravamo negli Stati Uniti, negli anni 90! Era la settimana del Vittorio Veneto e, assieme a tre poliziotti in quadriglia, abbiamo sfilato mentre gli italiani ci salutavano. Il cavallo era della polizia – con la relativa gualdrappa – e non era neanche bianco”.

Deve essere una fissa dei vertici della Difesa italiana. Alcuni anni fa l’allora ministro Ignazio La Russa sfilò anche lui, su una macchina scoperta e a un italiano che lo insultava rispose mostrandogli la lingua e dandogli del pedofilo.

Non sono cose  consone per un ministro e nemmeno per un futuro capo della Marina, anche se c’è da sperare che quest’ultimo abbia mantenuto un atteggiamento più dignitoso.

2. La teoria del corvo. Sarà anche vero che c’è qualcuno che ce l’ha con De Giorgi che vuole anticiparne l’uscita o impedire una sua prorogatio nella carica. Ma non è da capo supremo metterlo in piazza, dirlo a giornalisti e telecamere. Altri e più grandi militari hanno sofferto ingiustizie, in testa i due inglesi che hanno sconfitto Napoleone, Wellington, esercito, e il collega ammiraglio Nelson. Si sono anche lamentati delle angherie subite, hanno cercato raccomandazioni e appoggi se è per questo, ma non lo hanno messo in piazza, lo scopriamo solo ora da biografie pubblicate dopo 2 secoli. Grandi generali cone Marshall e McArthur ebbero anche loro di che lamentarsi ma non misero in piazza i loro risentimenti.

Viviamo in un tempo dove le notizie circolano, è un bene ma anche un male, perché mette a nudo in modo spesso brutale le debolezze dei potenti, ben oltre l’effetto che Foscolo attribuiva a Machiavelli, che “temprava lo scettro a’ regnatori”. Ormai sono messi in mutande, letteralmente.

Per carità, dopo quello che è successo a David Petreus, considerato in America poco meno di Alessandro Magno, dominatore anche lui in Afghanistan e a Babilonia, messo a capo della Cia e travolto da una relazione amorosa con una vedova di mezza età. Ma almeno si è dimesso.