Protezione civile spa: prove di nuova Italstat?

di marco benedetto
Pubblicato il 13 Febbraio 2010 - 12:58| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi e Bertolaso

A leggere su giornali e siti internet le cronache sullo scandalo della Protezione civile (il capo, Guido Bertolaso, incriminato, il suo vice, Angelo Balducci, in galera) viene spontaneo invocare: “Ridateci Andreotti”. Lui si dimise al primo avviso di garanzia: altra classe, non era più il senso dello Stato risorgimentale, c’erano state in mezzo il fascismo (“me ne frego”), la meridionalizzazione dell’Italia e il Concordato con la Chiesa, però che stile.

Ora il copione di Bertolaso è già scritto, lo ha scritto il suo apparente capo Silvio Berlusconi: tutto falso, le accuse sono solo un pretesto politico, è tutto un complotto dei giudici, sfuggiti ormai a ogni controllo. Con la variante che Bertolaso le dimissioni le dà anche, mintanto c’è Berlusconi che le respinge.

A ben guardare lo scandalo Protezione civile è molto più grave delle accuse mosse dalla magistratura a Berlusconi: i presunti crimini di Berlusconi non sono legati alla sua attività politica, sono reati commessi da un imprenditore e anche le vicende sessuali sono fatti suoi. L’unica cosa politica che risulta emergere dal fiume di parole scritto su Berlusconi è una presunta intercettazione in cui Berlusconi spiegherebbe al telefono perché ha scelto alcune donne per dei posti di ministro. Si tratta di una intercettazione “presunta” perché i giornali italiani, così prodighi di domande e dettagli su Noemi, Patrizia e le altre si sono fermati di fronte all’unica cosa che avesse rilevanza politica in tutto quel turbinio di intercettazioni. Ne ha parlato solo un sito argentino, ma da noi nessuno se l’è sentita.

La storia di Bertolaso e del suo vice è invece solo collegata con l’amministrazione del denaro pubblico e ai pubblici appalti sono legate anche le presunte storie di donne, se davvero i massaggi che lo stesso Bertolaso ammette si sono trasformati da operazioni terapeutiche in quelle forme di “body massage” che sono offerte in tutti gli angoli dell’Oriente.

C’è da dire subito che l’inchiesta penale non gode della certezza del successo. Tra gli effetti negativi sul sistema della giustizia italiana lasciati da “mani pulite” è il “metodo Di Pietro”: ti intercetto, acquisisco un fondato sospetto, ti arresto, tu confessi, ti faccio uscire, ho la confessione, vinco il processo, poi magari in carcere non ci vai, però tu non peccare più. Conseguenza di questo metodo è che a poco a poco è caduto in desuetudine ogni altro tipo di indagine, impegnativa, faticosa, oggettivamente difficile quando si entra nel diritto societario e nella finanza. Il rischio è di trovare un compagno Greganti che non parla, ma in genere gli imputati non sono professionisti del crimine che considerano il passaggio in carcere come un dato del mestiere. Nei casi di criminalità detta dei colletti bianchi l’imputato è un signore di una certa età, abituato agli agi che vengono da una posizione e un reddito di un certo tipo, che viene messo a dormire in una cella affollata di drogati e peggio, dove spesso l’aspetta anche il destino di fare la moglie. Ci sono tutte le condizioni per un pentimento rapido e plenario.

Ma se l’imputato non va in carcere, o è “di quei che parlen no”, allora tutto il processo si svolge sulle intercettazioni e lì non sempre è chiaro il senso univoco di una affermazione. Se poi ora le intercettzaioni vanno fuori legge…

Ma se dal punto di pista penale lo scandalo della Protezione civile è una partita appena iniziata, sotto il profilo politico c’è ben poco da girarci intorno. Ci sono delle cose che non hanno rilevanza penale, ma ce l’hanno dal punto di vista etico. Il Parlamento americano è provvisto di comitati per il controllo della coerenza etica del comportamento di deputati e senatori: non sempre fanno cose da galera, ma questo non basta a garantire i cittadini sulla correttezza del loro operato e così ci sono degli organismi interni che vigilano, e come…

Dalle intercettazioni emerge un quadro dei rapporti tra funzionari pubblici e imprenditori privati che non è certo nuovo (dalla Banca romana alla tangentopoli fascista di Milano degli anni ’20, dall’Ingic alla tangentopoli  repubblicana degli anni ’90, dalla moglie del governatore della Banca d’Italia che faceva la governatrice ai furbetti del quartierino: un lungo elenco, ma questa è la vita) ma che, nell’immediato, mette nella giusta dimensione un mito, quello di Bertolaso, creato da Berlusconi e alimentato da tutti, ma proprio tutti i giornali.

Ora è un’altra musica, perché è tutto nero su bianco, quanto meno nei verbali della magistratura. Ma nell’ultimo anno tutti hanno contribuito in modo acritico a coltivare il mito del titano Bertolaso, neo duca degli Abruzzi e da poco anche principe di Haiti (o Thaiti?). Ma da tempo la scritta sul muro era ben leggibile e poi bastava dare un po’ più di retta a quei poveri terremotati abruzzesi la cui maggior parte vive fuori dei riflettori del teatrino del terremoto nel freddo e nel disagio della provvisorietà.

In fondo anche il mito di Bertolaso è figlio della società dei sondaggi, frutto di una spirale che si auto alimenta, di un circolo virtuoso quanto virtuale di impressioni ricavati da flash in tv, di siparietti preparati con cura: la società dell’immagine. Una volta c’era Garibaldi, ma Garibaldi qualcosa lo ha fatto: con mille uomini ha sbaragliato un esercito di oltre 4o mila e ha conquistato il più grande regno italiano. Poi Garibaldi è andato a Caprera, ha ristrutturato un rustico e ci si è ritirato. Ora c’è o c’era Bertolaso che si intigna a spiegare che ha messo a posto la vicina Maddalena, costruendo alberghi, bagni e docce, ma non intende ritirarsi lì. Ha sistemato negli alberghi della riviera abruzzese (se non altro li ha salvati dalla recessione) migliaia di senza tetto aquilani, altri ne ha sistemati nella caserma della guardia di finanza, ha tirato su un po’ di casette e ora aspetta il titolo di ministro. Niente da dire: Garibaldi parlava in genovese, Bertolaso è romano.

Nello scandalo scoppiato in questi giorni si trova forse anche la spiegazione del perché il Governo vuole trasformare la Protezione civile in una spa, con l’aggiunta di una analoga società per azioni destinata agli acquisti della Difesa. Il perché è ormai evidente: un funzionario pubblico che prende mazzette commette un reato che se scoperto va perseguito d’ufficio e lo porta in galera; un dirigente di una società di diritto privato se prende mazzette è perseguibile solo se c’è una denuncia da parte della società stessa ed è certamente tutto più difficile.

L’iter della approvazione del decreto legge che ha istituito la Protezione civile spa è a metà percorso. C’è stata l’approvazione in Senato, ora deve andare alla Camera. Dopo quel che è uscito sui giornali, l’indignazione monta in tutti i partiti, destra (Italo Bocchino, ex An) come sinistra (Luigi Zanda, ex Margherita) e il Governo deve nutrire qualche preoccupazione se in Parlamento hanno cominciato a circolare voci di un voto di fiducia. Se sarà così, sarà anche importante per i cittadini vedere come si comporteranno i singoli parlamentari di tutti gli schieramenti e i partiti della sinistra, Pd in testa.

Finora il Pd, e anche i giornali fiancheggiatori, non sono stati molto attenti al fenomeno Protezione civile. C’era troppo da parlare di minorenni e mignotte e gli appalti, le strutture societarie complesse sono un territorio difficile e scivoloso. Poi, al fondo, c’è la convinzione che tutto quel che è privato sia peccaminoso mentre quel che è pubblico è per definizione bello. Così si sviluppò uno dei filoni di malaffare che poi finì in tangentopoli: bastava che nei mega appalti degli anni ’80 entrasse l’Italstat e tutti erano contenti, come se l’appalto fosse stato dato allo sceriffo. Si scoprì solo dopo che l’Italstat era una grande centrale di smistamento rigorosamente pluralistico e proporzionale dei subappalti e delle mazzette.

Il tuffo nei ricordi legittima il sospetto che dietro la trasformazione della Protezione civile in spa e la costituzione in Spa di una poco chiara struttura di approvvigionamenti per la Difesa ci sia in realtà un mega disegno spartitorio da cui nessuno sarà escluso. Non tranquillizza certo leggere che a capo di tali aziende potrebbero andare esponenti della sinistra, in un paese in cui il merito e le capacità solo l’ultimo creterio usato per la scelta dei dirigenti pubblici.

Molti ora chiedono al Pd di assumere posizioni non ambigue, quando il decreto sulla spa andrà alla Camera. Deve essere fugato il sospetto che in realtà la componente ex Pci del partito, quella che è dominante e dominata da Massimo D’Alema, via Pierluigi Bersani, abbia già fatto il mega accordo spartitorio con Berlusconi, non solo per la divisione delle regioni ma anche per gli appalti: tanto a me, tanto a loro, tanto alle coop.