“Stato boia, non toccare il mio Tribunale”

di Michele Marchesiello
Pubblicato il 6 Luglio 2012 - 20:57 OLTRE 6 MESI FA
Foto Lapresse

ROMA – La figura del boia non è mai stata così popolare (in senso negativo) come in questo paese sottoposto alla scure, o mannaia, accetta, ghigliottina , della spending review. Viviamo ormai in piena epoca dell’eufemismo , dove presto i morti saranno i “diversamente vivi” , la censura un “accesso mirato alla lettura”, la corruzione una “modalità atipica del dare e ricevere”.

Per quanto riguarda la minacciata riduzione dei tribunali (quelli piccoli, naturalmente, perché quelli grandi si suppone siano un miracolo di razionalità e buona amministrazione delle risorse) e degli uffici dei giudici di pace, la gravità della minaccia non sembra per ora pari alla sua serietà e, comunque, attuabilità.

Da quest’ultimo punto di vista, è sufficiente una rapida “navigazione” su internet per trovare un fiorire di proteste, iniziative, minacce da parte di pressoché tutte le comunità che starebbero per essere private della prestigiosa presenza di un ufficio giudiziario, ancorchè “distaccato”. Parlamentari, avvocati, sindaci, comitati cittadini insorgono un po’ dovunque in difesa della ‘loro’ giustizia locale.C’è da strofinarsi gli occhi nel constatare quanto gli italiani siano attaccati ai loro tribunali di provincia.

Quanto alla serietà, c’è molto da dire, sia sui criteri adottati per i tagli, che sul prevedibile esito finale di tanta minaccia.

Circa l’esito finale, si segnala da subito quello che costituirà un precedente di grande successo . All’art.2, comma 2, dello “Schema di decreto legislativo” sulla nuova organizzazione dei tribunali e delle procure, si legge infatti che “ il tribunale di Giugliano in Campania è rinominato ‘Tribunale di Napoli nord” .” Ecco la soluzione che non è difficile prevedere verrà adottata in molti casi di cosiddetta ‘soppressione’. Tanto per fare un esempio: si potrà ‘rinominare’ il Tribunale di Chiavari ‘Tribunale di Genova est’, e quello di Sanremo in ‘Tribunale di Imperia ovest’. Quella del ‘rinominare’ è del resto una tradizione propria del gattopardesco riformismo all’italiana: ‘ tutto cambiare (di nome) perché nulla cambi ( di fatto).

Circa i criteri adottati, credo opportuno stendere come si dice ‘un velo pietoso’ sull’ormai famoso criterio del ‘tre’ per cui ogni distretto di Corte d’Appello dovrebbe avere almeno tre tribunali, poco importa se inefficienti, ‘sotto soglia’ o di manifesta origine ‘clientelare’. Un modo come un altro per ‘salvare’ dalla scure della spending review alcuni piccoli tribunali che non brillano davvero per efficienza e flussi di lavoro ma che, in compenso. Ricadono sotto l’ala protettiva di qualche politico importante. La riforma minacciata non tocca le Corti d’Appello, ma sarebbe sufficiente istituirne di ‘distaccate’ per ottenere – magia! – la possibilità di istituire o salvare almeno tre piccoli tribunali.

Davvero curiosi sono poi gli argomenti a sostegno di una così massiccia e di fatto indiscriminata riduzione della presenza giudiziaria sul nostro complicato territorio. Si indica come obiettivo la riduzione delle spese e ( ‘botte piena con moglie ubriaca’) il contemporaneo conseguimento di una maggiore efficienza del servizio ‘giustizia’.Si legge addirittura che i giudici dei tribunali eliminati andranno a ingrossare le file dei colleghi che – nei tribunali gradi-medi già si trovano alle prese con gravissimi problemi logistici e organizzativi.

Ora, se non è pensabile ( come non è pensabile ) che con la soppressione dei piccoli tribunali lo Stato rinunzi anche all’esercizio della giurisdizione nei territori interessati, è evidente che quei giudici saranno ‘spostati’ ( se poi lo saranno ) nelle sedi maggiori, per svolgervi in gran parte lo stesso lavoro che già svolgevano nelle sedi soppresse: non si comprende con quale vantaggio per l’amministrazione della giustizia e con quale risparmio sulle risorse già così esigue che lo Stato da sempre riserva alla sua organizzazione. Vi saranno piuttosto dei costi aggiuntivi: a cominciare quelli per la nuova sistemazione del personale ( nuovi uffici, nuove aule, nuove cancellerie, per non dire del costosissimo ‘trasferimento’ delle cause già pendenti).I maggiori costi però li dovranno sopportare gli ‘utenti’ ( parti, avvocati, testimoni) costretti a raggiungere le nuove e più lontane sedi in cui verranno trattate le cause che li riguardano.In sostanza, anche se lo Stato realizzasse qualche – del tutto improbabile – risparmio, ciò avverrebbe a scapito e a spese di quanti, per motivi personali o professionali, si trovano a dover sperimentare il nostro già abbastanza farraginoso sistema giudiziario.Sei di Acqui? Ebbene la tua causa si dovrà spostare ad Alessandria. Sei di Chiavari? Vai a Genova, sei di Sciacca ? Vai ad Agrigento e così di seguito…risparmiando.

Per non dire poi che molti di questi ‘piccoli’ tribunali, in particolare quelli del Piemonte ( che paga il contributo maggiore a causa delle ascendenze ‘savoiarde’ dei suoi tribunali ), non solo sono a carico delle rispettive comunità e non gravano quindi se non in misura minima sul bilancio della giustizia, ma addirittura producono per lo Stato utili non indifferenti : basti pensare ai contributi unificati , alle sanzioni pecuniarie, all’imposta di registro sulle sentenze.E’ ragionevole prevedere che queste voci subirebbero una significativa contrazione a causa di una misura il cui effetto più sicuro sarebbe quello di allontanare i cittadini – non solo in senso geografico – dalla giustizia amministrata da uno Stato che si mostra sempre più sordo alle loro esigenze.

La verità è che il problema della revisione delle circoscrizioni è troppo serio e complesso per venire affrontato all’insegna ‘promozionale’ del tutto cambiare perchè tutto alla fine rimanga come prima, magari con un nome diverso.