2011: “Golpe” Napolitano-Monti. 2012: contro golpe alla… sovietica

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 3 Settembre 2012 - 15:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pietro Grasso, Procuratore nazionale Anti-Mafia, ha attribuito, sia pure in ipotesi, a “menti raffinatissime” l’assedio, l’attacco, insomma la polemica politica e giornalistica avversa a Giorgio Napolitano da quando è stato reso noto che, niente meno, gli telefonava l’ex ministro degli Interni ed ex vice presidente del Csm e lui, sciagurato, rispondeva. Già più d’uno ha fatto notare a Grasso che non ci vogliono queste menti così raffinate e che comunque, raffinate o meno che siano, sono tutt’altro che anonime e nascoste. Con modestia ci aggiungiamo anche noi: non c’è segreto e imperscrutabile complotto e disegno, c’è, semplice ed evidente, un’avversione politica e umorale contro Napolitano.

Avversione politica ed umorale che nascono alla fine dello scorso anno e che subito prendono fattezze, si fanno semplificatorio ma comprensibile ed efficace slogan: Napolitano ha fatto un golpe. E il “golpe” che già da Natale scorso si lamenta o a cui già da allora si ammicca è quello con cui Napolitano avrebbe manovrato e quindi imposto mario Monti alla guida del governo. L’umore anti “golpe Napolitano-Monti” nasce a destra, nel cuore del Pdl e scorre nelle vene e viscere di Libero e Giornale, gonfia di fiele il fegato degli ex An, illividisce la Santanché. Nasce a destra e lì resta perché all’inizio Monti e il suo governo sono adottati come figliol prodighi da tutti gli altri, da tutta la sinistra fino a Vendola e perfino da Di Pietro che il primo voto parlamentare a Monti n0n lo dà contrario.

Poi, dalla riforma delle pensioni in poi, l’umore anti “golpe Napolitano-Monti” smotta, slitta e trasloca a sinistra. La prima e la più coerente nell’esprimerlo è Susanna Camusso, ma la diffusione e il contagio arrivano lontano, fino al no alla sola presenza di Elsa Fornero sul palco della Festa Pd di questi giorni. Dopo la Cgil, d’umor anti Monti-Napolitano diventano Vendola e Sel, Stefano Fassina del Pd e tre quarti di Pd. Ma i veri denunciatori quotidiani del golpe Napolitano-Monti sono altri tre, due tenori e un pezzetto. Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e Roberto Maroni ogni giorno da mesi denunciano l’illegittimità sostanziale del governo che c’è, quello voluto da Napolitano. Sono le loro le tre voci che cantano e cantano lo spartito del “golpe Napolitano-Monti”. Silvio Berlusconi a questa musica non balla e non c’è uno straccio di prova che sia lui di nascosto a istigare i suonatori.

Di Pietro, Grillo e Maroni contro il “golpe Napolitano-Monti” alzano la voce. Melodia per mezzo Pdl, ma da lì il coro non può ingrossare. Tentazione per mezzo Pd, ma “trasferita” alla prossima legislatura, sublimata da Bersani nel “sarà finalmente l’ora della politica al governo”. E fascinazione, richiamo per Libero, Il Giornale e Il Fatto e anche per un bel po’ di gente comune. Quindi una specie di “Contro golpe” accennato, fatto più di parole che di fatti, più di umori che di strategie. Dire che Napolitano deve “fare chiarezza”, cioè fornire registrazioni che non ha, serve ad accoppiare a Napolitano il concetto di “oscuro”. Dire, fare intendere che c’è chi vuole tutta la verità e chi no, serve a introdurre la possibilità che il Quirinale staia con quelli che no…Così a Napolitano che ha fatto il “golpe Monti” almeno un po’ gliela si fa pagare e un altro po’ si prova ad avvertirlo: non riprovarci. La prossima volta, se le elezioni non avranno dato un sicuro vincitore, se l’euro e l’economia fossero ancora in rianimazione, se toccasse ancora a Napolitano conferire l’incarico, non ci riprovi a fare come l’altra volta.

Non sono “menti raffinatissime” e neanche particolarmente rozze, sono menti semplici quelle che ragionano così. Semplici almeno da capire e seguire nei loro pensieri e nelle loro azioni. Chissà perché però pensando a loro mi viene in mente il contro golpe alla sovietica tentato e fallito quando di sovietico in piedi nell’Urss c’era rimasto ben poco. Riuscirono a far fuori Gorbaciov, che in effetti rispetto all’ Urss di Breznev era un “golpe”. Non rimisero in piedi il vecchio sistema, era troppo marcio per reggersi anche sui carri armati. Riuscirono però a dare quella nazione prima agli Eltsin, cioè al populismo all’ennesima potenza raccontato, anzi spacciato, come democrazia. Poi, dopo Eltsin al tracollo economico e quindi agli accaparratori e quindi all’oligarchia alla Putin. Chissà perché mi vengono in mente quei fatti, non c’è nessuna, proprio nessuna affinità. Solo una fortissima suggestione, tendendo ben presente la vecchia regola per cui la prima volta è dramma, la seconda è farsa, la ventesima  è macchietta tragicomica, appunto.