Becchi creato di stampa. Poi dice che Grillo la evita. Ma è pieno di Becchi…

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 3 Maggio 2013 - 15:17| Aggiornato il 8 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un giorno, neanche tanto tempo fa, Paolo Becchi dotato di incarico o cattedra universitaria, nessuno ricorda quale con precisione, dice qualcosa, nessuno rammenta con esattezza cosa, a proposito dell’euro. Più o meno: l’euro come l’Aids, se lo conosci lo eviti, insomma il concetto era questo. Un quotidiano o un telegiornale, nessuno ricorda esattamente chi, ma più indiziata è la carta stampata, allora per presentare al lettore Becchi, per offrire risposta all’angosciosa ma ovvia domanda ma chi mai è questo, lo battezzò come “l’economista di M5S“. Insomma venne data di autonoma iniziativa della stampa una patente a Becchi, una patente come quella di iettatore cui nella pellicola anelava Totò per poter “esercitare”.

Questo però non era un film, anche se abbondava di sceneggiature e coreografia. “L’economista di M5S” venne poi anche chiamato, sempre dalla rete, quella della comunicazione di massa molto prima di quella del web, “ideologo di M5S“. Economista, ideologo…più o meno lo stesso, faceva brodo e notizia presentarlo così quando si porgeva a Becchi il taccuino, la citazione nell’articolo, il microfono, la telecamera. Per non farsi mancare nulla, a Becchi si attribuisce via via anche la qualifica di filosofo. E si fanno ardite assonanze: Becchi sta a Grillo come Miglio stava a Bossi…In tutto questo inventare e creare il Becchi economista, ideologo e filosofo di M5S Grillo non c’entra e non profferisce parola. Fa tutto la stampa, il MoVimento non sottoscrive, non incarica, non conferma. E mai, val la pena di ripetere mai, il filosofo, ideologo ed economista partecipa a qualunque riunione o azione politica di M5S. A meno che non l’abbia fatto in segreto, non risulta.

Ciononostante o forse proprio per questo, incurante della realtà troppo ovvia per essere vera, la stampa nelle settimane del dopo elezioni giunge ad avvalorare l’ipotesi di Becchi in qualche modo alla guida dell’economia italiana o almeno nella cabina di regia se non proprio al governo qualora Bersani riesca a convincere Grillo a fargli fare il suo “governo di cambiamento”. Già, si è letto anche questo: Becchi dopo gli errori di Tremonti e gli orrori di Monti…Si scrive e si legge di tutto e, siccome il mondo è vanesio, Becchi quello in carne e ossa finisce per crederci che esista quel Becchi inventato e creato dalla stampa, sì insomma l’ideologo, l’economista, il filosofo. Non c’è mai stato, non c’è, ma visto in tv e letto sui giornali il Becchi-Richelieu di Grillo esiste eccome se esiste. Non è reale, eppur ciascun lo vede, narra e racconta. Finisce appunto che Becchi ci crede e si ingegna, si impegna e un po’ si affanna a tenere la parte.

Quindi va per ogni dove a dire la qualunque. Ogni tanto gli sfugge il controllo, mentale, della rappresentazione di se stesso. Quando chiama e giustifica “i fucili” contro “un altro banchiere al governo”? Sì, anche lì. Ma il Becchi va ascoltato più a fondo, ad esempio quando serissimo a Servizio Pubblico annuncia che “centomila miliardi di euro” è quello che l’Italia dovrebbe non spendere se volesse abbassare il suo debito pubblico nei limiti dell’odiato fiscal compact. Centomila miliardi di euro! Boom: tutto il debito è poco più di duemila miliardi. Un lapsus? Sì, ma di quelli “freudiani”: Becchi è tutto nella parte di chi deve spararla grossa, più è fuori della realtà e più la sua immagine e il suo ego decollano, levitano nel mondo narrato su carta e in televisione.

Insomma il Becchi si gonfia e si gonfia quale la rana delle favole. Gonfio e anche un po’ tronfio, il che non guasta, viene esibito in radio da Giuseppe Cruciani, il conduttore del La Zanzara su Radio 24. Cruciani, diciamo un Giuliano Ferrara con molti chili e anni in meno e moltissimi libri letti in meno. Un conduttore di successo che ha scoperto che la maleducazione e l’arroganza sono apprezzate e fanno audience. Scoperta che gli è venuta naturale, non deve aver faticato molto a piegare il suo carattere alle esigenze ed opportunità del mercato dell’ascolto. Cruciani che si racconta, si lascia intuire “grillino” ma in realtà, come rivendica, Cruciani che ha un solo partito, il suo. Ancora una volta in piena assonanza con certo “cittadinismo” all’italiana. Insomma Cruciani chiama Becchi, così come spesso chiama Borghezio e altri guitti della politica italiana, e lo fa esibire. Esibire sulla pista del circo. E Becchi fa il numero dei “fucili”.

Neanche due sere dopo Becchi è da Michele Santoro. Nel pomeriggio il “Becchi dei fucili” è stato mollato, abbandonato da M5S. Anzi, diciamo il vero, Grillo e il suo MoVimento chiariscono quel che è sempre stato chiaro ma nessuno o quasi trovava il tempo di notare: Becchi con M5S nulla c’entra. Si sapeva, ma così svaniva la comodità di avere un ideologo, economista, filosofo di M5S pronto alla dichiarazione di stampa e alla dichiarazione che fa pure titolo…Come che sia Santoro si ritrova come ospite un signore che d blog autentico di Grillo in politica non conta nulla. Si rammarica Santoro di avere in studio uno che non conta nulla? Crediamo di no, crediamo si sia congratulato con se stesso per avere in studio l’uomo in carne della polemica del giorno, niente meno che quella sui “fucili”. E’ la legge dell’audience e della curiosità e della partecipazione di pubblico. Bene, chissà però perché, quando riguarda se stessi, la legge del mercato, altro l’audience non è, è sacrosanta. In ogni altro caso la legge di mercato chi solo la pronuncia è la prova in terra della presenza del demonio al mondo.

Becchi, inventato, creato dalla stampa. Poi dice che Grillo la evita…la stampa. Ma in giro è pieno di Becchi. Apri il quotidiano La Stampa e trovi un sondaggio dell’Istituto Piepoli da cui si apprende che il 44% degli italiani a proposito di Preiti e del suo sparare la pensa così: “Peccato che non abbia fatto secco un ministro”. Leggi la cronaca di giornata e apprendi che in quel di Salerno una famiglia ha redatto e diffuso mortuario appello in cui si legge che il suicidio del familiare è “a causa dello Stato”. Puoi scommettere senza tema di perdere che sono in molti in giro a concordare con la seguente filiera di argomenti: se l’azienda chiude, se non guidi più la betoniera è “a causa dello Stato”. E’ pieno di Becchi in giro: perfino Celentano si è sentito in dovere di scrivere che tanto onore sociale nel suicidarsi non c’è. Ma mezzo paese e forse più sta creando, inventando degli eroi suicidi, è già culto laico dei kamikaze.

Ed è pieno di Becchi in giro. Gente con le migliori intenzioni e passioni che non si ritrova più e non ritrova più se stesso. Gente che ti dice: ma non eravamo insieme contro il potere? Sì eravamo insieme e forse potremmo esserci ancora insieme ma non contro “il potere” sempre e comunque e qualunque potere e governo e sistema. Perché essere sempre e comunque contro ogni potere, governo e sistema è in ogni luogo ed epoca la base culturale e organizzativa delle dittature, da quella di Mussolini a quella di Pol Pot. Segno distintivo del movimento verso la dittatura è il disprezzo, l’orrore verso le competenze e le professionalità, insomma il “leviamo di mezzo loro” e “noi che restiamo siamo i puri”. E’ pieno di Becchi in giro con le migliori intenzioni e le peggiori deduzioni.

Ed è pieno di Becchi brava gente che tutto è disposta a credere e a fare meno che “non si uscirà dalla crisi, non si riprenderà a crescere se non ci si convince che la causa di fondo sta in un grande ritardo di innovazione, efficienza, produttività in gran parte dei segmenti pubblici e privati del nostro sistema produttivo (Michele Salvati sul Corriere della Sera). I Becchi brava gente non vogliono sentire che “la campana suona per loro”, non vogliono sapere che il pessimo ceto politico è come lo abbiamo voluto e funzionale a un paese immobile su tutto da almeno venti anni. I Becchi brava gente neanche si sognano, assolutamente non tollerano nessun “linguaggio sovversivo della verità” che dica come il meglio e il giusto possibile sia produrre meglio  di più e lenire le aree di povertà che si allargheranno. E che le “vacche pingui” non torneranno, neanche se fai fuori tutti i politici e tutti i partiti e tutti i Parlamenti.

I Becchi brava gente, insieme a quelli dalle migliori intenzioni e insieme ai Becchi buffoni e insieme agli sbruffoni e insieme alle anime nere che come ratti del web si infognano coi loro brandelli sparsi di bava tossica in ogni sito…E insieme alle anime candide vanno in questo tempo quasi tenendosi per mano, stanno per intrecciarsi e sostenersi. Vanno a dimostrare  qualcosa di cui forse sarà il caso di prendere atto: noi non siamo, l’Italia non è un paese “europeo” così come “europeo” intende o pretende il resto d’Europa. Una volta si diceva: perché non abbiamo avuto la rivoluzione borghese o perché abbiamo avuto il potere temporale dei papi o perché abbiamo il Mezzogiorno…O perché o perché…Forse occorrerà prendere atto che noi non abbiamo avuto e non disponiamo della “civilitation”, cioè di quel processo lungo di civilizzazione sociale che porta al civismo come condizione per dirsi cittadini. In Gran Bretagna sanno cosa è, così in Francia e in Germania, anche se sono civismi diversi. Noi lo ignoriamo e, spesso, molto spesso, siamo fieri di ignorarlo. Noi siamo un’altra cosa, non a caso forse abbiamo prodotto Berlusconi e amato il berlusconismo. E il leghismo e il corportivismo e il ribellismo da noi sono stati sempre di casa, non a caso. Nelle nostre vene scorre altro sangue civile, nelle nostre viscere c’è la microfauna di infiniti Becchi. Prima o poi ridiventeremo quel che siamo e ciascuno lo prenda come gli pare, come augurio o come maledizione, come battesimo o epitaffio. Prima o poi un Preiti kamikaze eroe lancerà un pomodoro contro la Merkel e sarà l’epifania della nostra riscoperta di noi stessi.