Chi è che bussa a casa Arcore? Una povera vagabonda. E Berlusconi aprì a Ruby

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 13 Maggio 2013 - 12:33 OLTRE 6 MESI FA
ruby

Ruby al processo contro Silvio Berlusconi (LaPresse)

ROMA – No, non stiamo a sentire quella cattivona e acida e prevenuta e accecata e astiosa e pure un po’ odiosa Boccassini Ilda. Nemmeno vogliamo sentire quel che dice, accusa, chiede nell’aula del Tribunale di Milano. E’ un giudice fazioso, un Pubblico Ministero politicizzato, una che vuole far fuori Berlusconi per via giudiziaria, una che vuole togliere a milioni di italiani il loro leader. Quindi tappiamoci le orecchie quando parla e facciamo tanto rumore con la nostra gola, lingua e laringe per coprire le sue parole. Su, tutti insieme: bla-bla-bla-bla-bla Boccassini.

Ascoltiamo invece quel che ci dicono i protagonisti veri e genuini della vicenda: Ruby e Silvio o Silvio e Ruby in ordine di indiscussa anzianità. Ascoltiamo quel che dicono dopo averci ufficialmente a lungo pensato, quel che ci dicono entrambi niente meno che nello speciale tv di Canale 5. Più ufficiale e genuino, più vero di così non si può. E che ci dicono Silvio e Ruby?

Ruby ci dice: “Milano, non avevo soldi, non avevo pagato il biglietto, mal che vada, pensavo, mio avrebbero messo in comunità”. Dunque, ci dice Ruby, lei arriva a Milano come una vagabonda senza un euro, una che mette in bilancio di andare a dormire in “comunità” perché altro tetto sicuro non ha. Lo dice Ruby non la Boccassini. Lo dice Canale 5. E che fa a Milano una vagabonda senza un euro? Come è ovvio e a tutti evidente, una vagabonda senza un euro a Milano ha due possibilità: finire in comunità o andare a bussare a casa Arcore, alla casa, al domicilio, alla tavola e al tetto del premier, del presidente del Consiglio.

Come no? Capita a tutti. Uno, meglio una, si trova a Milano senza tetto e denaro e ovviamente le capita di essere ospite a cena dal capo del governo. Provare per credere: c’è un rapporto diretto tra casa Arcore e chi arriva a Milano senza neanche aver “pagato i soldi del biglietto”. Succede sempre o quasi così, c’è una sorta di navetta alla Stazione Centrale che raccoglie chi ha problemi. Il conducente della navetta fa salire, fa mumble mumble, ci pensa un po’ e poi decide, sceglie: questa dove la porto in comunità o a casa Arcore?

Dice Berlusconi, da Canale 5 ci dice: “Lei venne una sera accompagnata mi pare da Lele Mora, dico mi pare perché Lele Mora non ricordò più il fatto. Induceva solo commiserazione, mai sesso…Fece vedere cicatrici, raccontò una storia che indusse molti al pianto”. A queste parole solo un cuore di pietra, anzi un senza cuore, può non immedesimarsi, sentirsi anche lui nella sala delle cene di Arcore, almeno in spirito su una di quella quarantina di sedie bianche dove quella sera con Ruby, la prima sera con Ruby “molti piangono”. Ce lo dice Berlusconi: un sacco di lacrime. Roba che camerieri e servitù portavano fazzoletti per le gote e ciglia e asciugamani per il pavimento.

Ma, prima del pianto e della commozione, l’ingresso. Berlusconi ci dice che da lui a cena, a casa Arcore, entri chi porta Mora, entra chi porta Lele senza che Silvio sappia chi entra. Lele Mora, notoriamente concorrente della Caritas, una vita a percorrere strade e comunità alla ricerca di vagabonde senza un euro cui regalare almeno una cena dal capo del governo.

Ecco finalmente lo sappiamo come è andata, ce l’hanno detto Silvio e Ruby. Una vagabonda senza un euro bussa a casa Arcore, portata lì da un signore conosciuto più o meno per caso, un signore che di mestiere e vocazione assiste gli emarginati. Alla vista della vagabonda il padrone di casa non si sorprende, è abituale e usuale che casa Arcore accolga a cena uno, meglio una, che non ha né tetto né soldi. Provare per credere, andate a bussare ad Arcore senza passare per un Lele Mora. Poi la vagabonda senza u euro e dentro, racconta la sua storia, mostra le sue cicatrici e molti piangono. Fine della storia e tutto il resto è Boccassini.

Sentita la storia di Silvo e Ruby narrata da Ruby e Silvio, uno si domanda, anzi non si domanda nulla. La balla della povera vagabonda che quasi per caso va a cena a casa del principe, un po’ grigio d’età ma sempre azzurro, è talmente inverosimile da non essere neanche una bugia. E’ una balla è un “asino che vola”. Eppure la balla la confezionano e la smerciano così senza nemmeno porsi il problema non della credibilità ma neanche della plausibilità. Chi è che bussa a casa Arcore? E’ una povera verginella…La raccontano così.

Perché ce la raccontano così? Possibilità varie di risposta. Uno: perché sanno che non ce ne frega nulla della verità, sanno che per qualche centinaio di euro in meno di Imu per noi Berlusconi si può portare chi gli pare dove gli pare, oppure che, fosse anche stata Ruby la illibata nipote del papa, per noi Berlusconi è sempre un vecchio maniaco sessuale che ci prova con tutte. Insomma la ipotesi numero uno del perché ce la raccontano così è che sanno che noi siamo di una o dell’altra famiglia di opinione descritta e che quindi in entrambi i casi della verità non ce ne frega nulla. Dunque fatica inutile pure truccarla la verità, spara una balla qualsiasi e va bene lo stesso.

Ipotesi numero due: i raccontatori, i narratori, i confezionatori, gli sceneggiatori sono un po’ fessi. Più di quanto comunemente si immagina. Stanno lì a spillar soldi al Capo ma in realtà professionalmente non valgono granché. Un sospetto che si avvale di tanti indizi e che quindi meriterebbe di essere approfondito.

Ipotesi numero tre: i fessi siamo noi e giustamente ci trattano come tali. Visto che ci beviamo ogni balla con entusiasmo (tipo: la Merkel non ci vuol dare i nostri soldi o possiamo assumere tutti i precari o anche fai fuori tutti i politici e sarà abbondanza per tutti…) perché mai non dovremmo berci con entusiasmo anche questa? Non alla verità che è cosa complessa e mobile, ma alla verosimiglianza e alla plausibilità la pubblica opinione ha rinunciato da tempo e senza rimpianti. Sia che si tratti di economia o di politica o di giustizia o di storia o di medicina. Ci ha rinunciato senza rimpianti quando chiacchiera al bar, quando segue i talk show in televisione e quando twitta o va in rete. Quindi ci trattano di conseguenza, è l’ipotesi numero tre.

Sì, va bene, tre ipotesi. Ma quale la più “vera”? La uno, la due e la tre tutte insieme: non ce ne frega molto della verità se non è quella verità che ci piace e ci fa comodo, i narratori di corte, di ogni corte di ogni italiana tribù, sono professionalmente un po’ scarsi anche se molto pagati e applauditi e noi tutti ci siamo fatti alquanti fessi e ce ne vantiamo pure.