Bersani e Vendola da dimissioni, Berlusconi Dracula senza paletto…

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 26 Febbraio 2013 - 16:50| Aggiornato il 9 Agosto 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Qual è il tono giusto, adeguato per parlare di questa Italia votante e votata? Quello serioso e pensoso del che tempi e che modi è fuor di luogo, visti appunto i tempi e i modi. Allora quello sgargiante, moderno e positivo, ottimista e nuovista del hai visto però che novità, dopo di oggi nulla sarà come prima? Suona non male, non fosse già suonato almeno una volta l’anno negli ultimi venti. E poi suona, più che buon viso a nuovo gioco, suona attacco il carro a dove vuole il padrone, vai dove l’onda va. Così suona il nulla sarà più come prima, sottinteso noi sempre ce la caviamo. Suona falso e cortese.

Allora il tono drammatico, indignato e un po’ schifato, qualcosa che sibili un al peggio non c’è mai fine? Si può fare, si rischia anche di “indovinare la ventura”, cioè letteralmente quel che verrà. Però si fa la parte del reazionario barbogio, è troppo presto perché la razionalità incanutita ridiventi prima o poi vintage. Per ora è solo muffa obsoleta la razionalità, così piace colà dove si vota ciò che si vuole. Pensoso no, ottimista nemmeno, drammatico men che mai, quale sarà il tono giusto, adeguato, quello che fa pendant, che ben s’intona all’Italia 2013 votante e votata? Sceglierei il tono dell’ironia leggera, la colonna sonora di un film in cui non ci sono chiari, netti e distinti i “buoni” e i “cattivi”. Ecco, questo è il tono mi sembra. Lo provo ma già so che mi scivolerà in altro di tono, quello cinico. Che non vuol dire come dicono alla tv che “cinico” è quando uno fa gol. Cinico è quel tono che si adotta quando si narra che se una cosa va male è perché doveva andar male, cinico è quando tra le varie opzioni possibili si sceglie quella meno ottimista e edificante e …ci si prende, ci si azzecca proprio. Perché il cinico non è un pessimista, è solo uno che non pratica l’arte di illudere e prendere in giro se stesso.

Quindi tono leggero ironico, con l’aggravante e il peso incombente del cinismo amico di nessuno. Quindi Bersani e Vendola da dimissioni.

Sì, proprio da dimissioni. E non per sfogarsi, cercare un colpevole, un feticcio da colpire, come si dice in gergo un “capro espiatorio”. No, da dimissioni tutti e due perché entrambi perfetta sintesi e piena rappresentanza dei rispettivi partiti e della rispettiva “gente”. Partiti e gente che se non verranno scossi, scrollati, capovolti non vinceranno mai davvero un’elezione, non governeranno mai davvero un paese. Le hanno sbagliate tutte, Bersani e Vendola e i loro partiti e la loro gente. E mentre le sbagliavano tutte si congratulavano per quante pensavano di averne indovinate. Primo, il padre di tutti gli errori: allearsi tra loro e farla finita lì.

Bersani ha creduto che il problema fosse quello del tempo di Bertinotti, l’eterno tempo che non scorre mai nella sinistra italiana. Il problema per Bersani era: non aver nessun nemico a sinistra. Quindi mi alleo con Vendola e sto più o meno a posto, magari mi spunta un Ingroia ma sono spiccioli. C’è stato un tempi in cui a sinistra del Pd o Ds o Pds che fosse c’era un 10 per cento di elettorale suscettibile di diventare 15%. Da tempo quel tempo non c’è più come non c’è più questo elettorato. Se l’è mangiato ora Grillo e prima il “movimentismo” e prima ancora il “delusismo”. Un gruppo dirigente, dei professionisti della politica avrebbero dovuto capirlo che a sinistra c’era poco o nulla da presidiare, che il problema Bertinotti non c’era più ed era nato e cresciuto il problema Grillo.

Bersani ha poi creduto che le elezioni le vinceva con tutti i voti “suoi”, che bastava questo, anzi avanzava. E che tentare di prendere i voti degli altri era scomodo e pericoloso. Si poteva innervosire la Cgil, si poteva turbare l’ideologia alla Cgil-scuola. Mi metto con Vendola e a sinistra sto a posto, faccio adunata di tutti i miei voti, quelli di casa, non rischio nulla, non cerco nulla e aspetto che l’arbitro fischi la fine della partita. Questo Bersani, ma questo in fondo anche tutto il Pd e mica solo il gruppo dirigente. Il Pd tutto, nella carne, nelle ossa e nelle fondamenta: il sindacato, i docenti, i pubblici dipendenti, gli amministratori locali, i militanti. Alla sola ipotesi di turbare il nulla rischiare nulla mutare hanno tutti reagito come tigre davanti ai cuccioli insidiati. Renzi al tempo delle primarie lo sbranavano come il nemico, quello in combutta di idee se non di fatto con la destra, quello che era andato ad Arcore.

Non è dato sapere se con Renzi candidato premier avrebbero vinto oppure no. Non è per nulla vero che con Renzi al posto di Bersani Berlusconi non si sarebbe ripresentato. Men che mai è certo che con Renzi al posto di Bersani Monti non sarebbe salito o sceso…Con Renzi al posto di Bersani forse Vendola sarebbe andato con Ingroia e forse con loro la Fiom o anche tutta la Cgil e/o anche un bel po’ di elettori di sinistra. Forse il Pd con Renzi avrebbe preso il 25% anziché il 30%. O forse anche il 40%. Certo è che Bersani e il Pd non hanno voluto rischiare, né il 25 ma nenche il 40, si sono tenuti il 30, questa la scelta. Aggravata dall’errore di pensare fosse il 35 e più. Raccontandosi la favola delle primarie come “grrrande” dimostrazione e palestra di consenso, del “grrrande” partito unico in campo. Poi è stato un festival: il Pd in campagna elettorale 2013 che demolisce il Pd di governo nel 2012. Insomma le hanno sbagliate tutte a partire dalla sottovalutazione schifata e schizzinosa della rottamazione. A seguire le scene penose degli amministratori Pd che denunciavano i Batman dopo, molto dopo che i Batman erano stati scoperti.

Bersani e Vendola da dimissioni perché con loro i rispettivi partiti restano quel che sono e cioè inadeguati. Perché hanno avuto sei rigori a favore da calciare senza portiere tra i pali e non hanno vinto la partita. Perché la loro professionalità politica è antica e non aggiornata. Perché il “tutto si aggiusta” era la politica di Giulio Andreotti che aveva i soldi del bilancio pubblico ancora da sfasciare e non può essere la politica di una sinistra europea cinque anni dopo il 2008.

Silvio Berlusconi invece è…Dracula senza paletto. Il paletto appuntito da conficcargli nel cuore perché politicamente sparisca in Italia non c’è, non lo fabbricano proprio, nessuno l’ha mai visto quel paletto. Silvio Berlusconi non è risorto, non è mai morto. Proprio come Dracula compie ogni misfatto e scelleratezza, lo sanno tutti e nessuno lo nega. Ma non muore, niente e nessuno lo fa fuori. Silvio Berlusconi è soprannaturale qual mitologica, favolistica creatura.  Un grande personaggio, una grande figura del suo popolo e paese. Un vero peccato che il successo abbacinante di Grillo un po’ impedisca di vedere la luce soprannaturale che circonda Berlusconi. Per la quarta volta in 20 anni…ormai chi vota Berlusconi sa senza ombra di dubbio che vota per il partito dei, diciamo così, non in regola con le regole e la legge. Lo sa e se ne frega. Vota Berlusconi e i suoi quasi un italiano su tre, dopo venti anni, dopo che tutto è noto, dopo che il pianeta ha conosciuto e bocciato Berlusconi. Dopo che Berlusconi ha raccontato ogni bugia, perpetrato ogni danno, coperto ogni spreco, favorito ogni sperpero e intrallazzo. E quasi un italiano su tre lo vota perché forse Berlusconi gli rimette in tasca qualche centinaia di euro. E’ il rapporto che il vampiro, quello della letteratura, ha con i suoi “famigli umani”. Berlusconi Dracula ma l’Italia è davvero Transilvania.

Mario Monti ha sbagliato film, parte in commedia e probabilmente ha sbagliato anche paese. Sbagliati i tempi e le modalità, gli alleati e i toni della sua scelta e campagna elettorale. La politica si è visto non è cosa per lui e questo non è un complimento. Ha creduto di vedere un elettorato che non c’era. Non ha forzato la mano ai partiti quando poteva, non ha tagliato quanto e dove doveva. L’ennesima prova vivente di una borghesia italiana che non c’è mai stata, l’ultima prova dell’inesistenza di una destra riformatrice italiana. E lui, proprio lui, un pesce annaspante fuor della sua acqua. Non ci ha capito nulla e, proprio non volendo, ha dato all’Italia una mano per la discesa. Ha lasciato che il paese prendendosela con lui potesse a grandissima maggioranza illudersi che il 2011 non è esistito e che il 2012 può essere cancellato, rimosso, dannato. Forse con tutta la sua cultura e tutte le sue ragioni questa suo grave, capitale errore non l’ha ancora capito. Ed è questa la sua inadeguatezza politica, inadeguatezza di un ceto, il ceto migliore che c’è, gli “aristoi” della nostra democrazia. Figurasi gli altri di ceti…

Di Ingroia sarebbe bello tacere se non fosse per la misura, moderazione, umiltà, cultura del cartesiano dubbio mostrati. Qualcosa da gelare il sangue a chi domani dovesse avere Ingroia come magistrato in una vicenda che lo riguarda. Di Giannino è bello tacere e basta. Dei sondaggisti nulla va detto, di loro il sistema di comunicazione di massa potrebbe dire qualcosa quando la smettesse di cascarci ogni volta a piedi uniti e con voluttà. Diciamolo: sono le televisioni e i giornali e voler i sondaggi così. Tanti, a buon mercato e a come viene. Due parole solo due sull’informazione: nonostante Grillo la schifi e M5S ne diffidi è da tempo “grillina a sua insaputa”. Il format tipo dell’informazione tv prevede sempre un popolo buono, un cittadino comune e specchiato e dall’altra parte una casta, una cupola, insomma il cattivo, il malvagio, l’infame. L’informazione politica è null’altro che “iss, ess e o’ malamente”, lui, lei e il fetente della sceneggiata napoletana. E il fetente è sempre il potere. In alternativa c’è l’informazione gergale, quella della caccia alla dichiarazione del politico, quella del “pezzo” a lettura limitata a duemila persone e del titolo sparalo che tanto  se non diventano venti. Tutta la comunicazione di massa, tutta proprio tutta, racconta e narra di un paese vittima che anela solo a giustizia.

Quando la tribù presumibilmente germanica dal folto della foresta si scaglia contro balestre, trincee, fortificazioni e artiglieria romana, il generale che poi sarà il gladiatore mormora stupito e amareggiato al suo luogotenente: “Un popolo dovrebbe capirlo quando è sconfitto, tu lo capiresti, Quinto?”. E’ un film, appunto Il Gladiatore. La tribù germanica non lo capisce e va a macellarsi contro la durissima realtà delle legioni romane. Molti secoli dopo l’intera italica tribù grida la sua ribellione. Ribellione per questo, quello e quell’altro motivo…E anche e soprattutto ribellione alla realtà. Nel film il luogotenente Quinto non rispondeva alla domanda “tu lo capiresti..?”. Nel film restava ad aleggiare la frase “un popolo dovrebbe capirlo”. L’Italia votante e votata 2013 lo capisce, dovrebbe capirlo? Nota a margine: subito dopo la ribellione alla realtà qualcuno letteralmente “scatena l’inferno”. Nel film. Solo nei film?  E Beppe Grillo chi è? Escluso che sia l’imperatore filosofo, è il generale integerrimo, il gladiatore tradito o il capo della tribù germanica che la porta tutta a macellarsi?