La Chiesa e quattro milioni di vite “fuori luogo”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 5 Ottobre 2010 - 16:22 OLTRE 6 MESI FA

Robert Edwards, Nobel per la Medicina 2010

Ma non erano quelli della vita? Evidentemente non sempre, dipende dalla “vita” appunto. Ce n’è una di vita che la Chiesa cattolica benedice e difende, quella che nasce dall’atto sessuale tra uomo e donna, meglio se regolarmente sposati per mezzo del relativo sacramento. Se uomo e donna, rigorosamente nell’ordine di apparizione e importanza, il figlio o la figlia la fanno a letto, allora è vita santa. Santa comunque, anche nei casi incresciosi in cui l’uomo stupra la donna e la donna è bambina. Comunque santa e guai a chi non l’accetta. Se invece il figlio o la figlia l’uomo e la donna la fanno non a letto ma in un laboratorio medico, se ovulo e spermatozoo s’incontrano “fuori vaso”, allora è una vita appunto fuori dal vaso. Non ci si turbi per la crudezza dell’espressione, è quella usata di fatto dal Vaticano quando ha definito “fuori luogo”, letteralmente fuori luogo la fecondazione artificiale, il suo scopritore Robert Edwards e il premio Nobel a lui assegnato. Fuori luogo il biologo, il premio, la giuria, la tecnica, la cultura che c’è dietro e fuori luogo i quattro milioni di esseri umani nati in questo modo. Figli dio dio anche loro, non ci piove. Ma figli della Chiesa mica tanto che per loro ha riformulato in chiave terrena una sorta di peccato originale suppletivo.

La Chiesa che diffida della scienza e in particolare delle bio-tecnologie? Ha tutto il diritto di farlo. Mai però andrebbe dimenticato che nessuna legge o Stato, nessuna tecnica o tecnologia obbliga il credente che obbedisce alla Chiesa di usufruire di pratiche e metodi che alla Chiesa non piacciono. Ma questo alla Chiesa, cattolica e non solo, non basta. Questo è per molte Chiese “relativismo”. La Chiesa vuole ed esige l’assoluto, quindi vuole leggi e Stato che obblighino chi non è credente a vivere come se lo fosse. Per obbligo e non per scelta.

Non andrebbe dimenticato ma non è qui il vero nocciolo della questione. Il vero nocciolo è il corpo della donna. Di quel corpo la Chiesa cattolica diffida da secoli. Per secoli lo ha indicato come il luogo e l’occasione del peccato. Poi ha stabilito delle modalità con cui può essere “toccato”. Anzi più che delle modalità, modalità che mutano nel corso dei secoli anche nella dottrina ufficiale, la Chiesa ha stabilito un Codice. E il Codice dice come prima e unica e fondamentale e inderogabile regola che tutto ciò che quel corpo fa deve essere presidiato dal clero. Battesimo alla nascita, matrimonio alla formazione della coppia, confessione a controllo del piacere. Tutto ciò che inerisce alla riproduzione umana deve essere presidiato dal clero per essere in regola. Non vi è nulla di “naturale” in tutto ciò, la Chiesa stessa è formazione storica e non “naturale”. Ma la Chiesa ha bisogno di narrare di una natura primigenia, immutata, intoccabile e pura.

Analogamente a come presidia tutti i momenti, sociali e fisici della riproduzione umana, la Chiesa ha bisogno di presidiare con il suo clero la fine della vita. Il presidio del clero è garanzia di rispetto della natura. Per questo è “fuori luogo” ogni scienza e ogni vita che non si adegui, accetti e richieda quel presidio. Molto naturalmente e seconda natura delle umane costruzioni e istituzioni la Chiesa difende la sua ragion d’essere, lo spazio che occupa nella “città dell’uomo”. Spesso facendo all’uomo e alla donna in carne e ossa del tangibile bene, talvolta arrecando danno all’uomo e alla donna. Natura e scienza c’entrano solo come comprimari, il protagonista assoluto è la storia, degli uomini e delle Chiese.