Cucchi test di onestà, Salvini non lo passa

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 18 Novembre 2019 - 10:38 OLTRE 6 MESI FA
Sul caso Cucchi test di onestà, Salvini non lo passa

Ilaria Cucchi in una foto d’archivio Ansa

ROMA – Cucchi, il caso Cucchi: un test di onestà. Un test da fare soprattutto con se stessi, un test cui sottoporre in primo luogo se stessi. Un test come si dice probante: lungo anni, test tutt’altro che estemporaneo e risultati tutt’altro che improvvisati. Test profondo e accurato di onestà intellettuale. Chi ce l’ha, chi la trova, chi la smarrisce, chi non sa che farsene, chi non ce l’ha…

Cucchi, caso Cucchi: nel lunghissimo durante è stato condivisibile scetticismo se non incredulità per la narrazione che voleva i Carabinieri cattivissimi contro una vittima tanto innocente quanto pestata a caso e quasi per sfizio. Condivisibile e comprensibile avvertire troppa enfasi anti divise, repressione, apparati di polizia. Non che fosse impossibile ipotizzare che durante un arresto il fermato venga maltrattato, fisicamente maltrattato, ma che fosse prima pestato, poi ignorato, quindi di fatto lasciato morire e infine tanti, troppi se non tutti, a coprire il pestaggio e di fatto l’omicidio…Ecco tutto questo era difficile da credere soprattutto se tutto questo era vestito e narrato con i modelli, i concetti, le formule e anche le frasi fatte di un difficilmente condivisibile, chiamiamolo così, antagonismo democratico.

Cucchi, caso Cucchi: nel lunghissimo durante la presenza ovvia e doverosa ma anche inflazionata e ridondante della sorella Ilaria. Comprensibile e condivisibile non condividere, anzi diffidare, della trasformazione di Ilaria Cucchi in bandiera, immagine sacra dell’antagonismo democratico, addirittura riferimento politico. Ilaria Cucchi, una donna che era possibile avesse subito ingiustizia tramite la per nulla chiara morte del fratello, ma farne una santa laica della civica religione…era comprensibile condivisibile sentir odor e rumor di misticismo democratico.

Cucchi, caso Cucchi: nel lunghissimo durante del test non è stato impossibile dubitare e diffidare di Ilaria e della narrazione intorno a lei. Non è stato impossibile provare stanchezza, sentirsi esausti dalla continua riproposizione del caso stesso, averne abbastanza del caso stesso e di tutti i suoi protagonisti. E’ stata questa la durezza e la credibilità, affidabilità del test: non era difficile non poterne più, anche di Ilaria Cucchi.

Ma un giorno arriva testimonianza che pestaggio c’è stato. E poi arriva processo e poi arriva sentenza: omicidio. Cucchi morto di botte. Come diceva la sorella Ilaria. L’Arma dei Carabinieri che si inchina alla sentenza e rende omaggio ad Ilaria. Un altro processo in corso sulla catena delle coperture, sulla catena delle omertà, lunga catena dopo il pestaggio. E allora ogni dubbio, incredulità, diffidenza e perfino comprensibile allergia al maxi protagonismo del personaggio Ilaria devono cadere.

Per onestà intellettuale devono cadere, è questo il test. Per onestà intellettuale bisogna saper dire: mi sono sbagliato, nutrivo diffidenze infondate, è andata proprio come pensavo fosse esagerato racconto e invece era verità. Se poi si era uomo pubblico, addirittura leader politico, bisogna aggiungere uno: scusatemi, scusatemi mi sono sbagliato. Era questo il test. Salvini non l’ha passato il test.

Non ha voluto o saputo pronunciare il mi sono sbagliato, tanto meno lo scusatemi. Nella rappresentazione e forse anche nella realtà di se stesso Salvini deve giudicare il mi sono sbagliato e lo scusatemi come debolezze da femminucce e comunque lessico da perdenti. Un vero uomo non si smentisce mai, siamo da quelle parti lì.

Dalla sua Salvini ha certamente la circostanza per cui l’onestà intellettuale è dotazione non richiesta nella vita pubblica italiana (raramente richiesta anche nella sfera delle relazioni private). Intellettualmente onesto quel politico? Esser dotato di questa facoltà non solo non è sufficiente ad aver consenso, non è neanche necessario. Sul mercato del consenso l’onestà intellettuale vale poco più di zero.

Dalla sua Salvini ha la consuetudine per cui la vita pubblica e la politica e anche la cronaca sono cose da affrontare a valutare per via tifosa, anzi ultras: chi fa il tifo per i Carabinieri, chi tifa contro i Carabinieri, la curva pro Cucchi, la curva anti Cucchi. Cambiare idea in seguito ai fatti è considerato tradimento. e comunque star dietro ai fatti fa fatica.

Per dire, per pensare un mi sbagliavo occorre appunto la fatica del pensiero. Del pensiero non innamorato e invasato di se stesso. La fatica di un pensare non pigro. Di un pensare che si sente forte abbastanza dal cambiare se ciò di cui si viene a conoscenza cambia. Ci vogliono forza di pensiero e un po’ di coraggio civile per pensare un mi sbagliavo e quindi dirlo quel mi sbagliavo.

Questo mix di forza e coraggio è quel che si chiama (si chiamava?) onestà intellettuale. Non la stessa cosa dell’altra onestà, quella di fronte alla legge. Sono due onestà di ceppi e ambiti diversi. Un disonesto intellettualmente disonesto può essere in regola con ogni legge e viceversa uno che commette crimini può essere con se stesso e anche con gli altri intellettualmente onesto. Ma in qualche luogo e tempo perduto della nostra vita pubblica onestà intellettuale e onestà tout court erano imparentate. Da non credere , vero?