Guerra dell’euro: quota 300 di spread. La linea del Piave di Monti

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 28 Giugno 2012 - 14:27 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – In maniera più che comprensibile c’è molto nervosismo e molta ansia intorno al vertice europeo che si apre a Bruxelles nelle prime ore del pomeriggio di giovedì 28 giugno. Ci sono ottimi motivi per palpitare, attendere, scrutare, cercare di capire appena possibile. Se non fosse del tutto incongruo e razionalmente blasfemo, anzi un po’ ridicolo, l’accostamento, la suspence per il vertice, il coinvolgimento emotivo dovrebbero a buon diritto essere maggiori di quello per Italia-Germania di calcio. E quindi dove c’è nervosismo, ansia, concitazione chi per primo crede di veder qualcosa grida ad altissima voce “Eccolo, eccolo”. Lo grida prima di aver messo a fuoco quello che ha visto. La prima frasetta che si alza nel circuito dei media viene subito “vestita” da notizia. E’ capitato alla “Germania pronta a trattare sugli eurobond”, traduzione concitata e confusa di Wofgang Schauble, ministro delle Finanze tedesco che alla vigilia ha rilasciato dichiarazione in cui dice quel che la Germania ha sempre detto: si parlerà, i tedeschi parleranno di eurobond il giorno in cui il controllo sul debioto e sulla spesa e sui bilanci dei singoli Stati sarà non più nazionale ma centralizzato nell’Unione.

No, non arriveranno gli eurobond dal vertice, non arriverà la Germania che garantisce per i debiti e le spese di tutti. I veri obiettivi sono arrivare presto, anzi prestissimo, ad una unione delle regole e delle garanzie delle ottomila banche europee perché se non hanno subito tutte le stesse regole e le stesse garanzie, allora qualcuna esplode e poi chi e come la ferma la reazione a catena? Unione bancaria da fare presto e mostrare subito ai mercati. E poi mostrare il gesto per gli elettorati di spendere più o meno subito un po’ di miliardi europei. Ma il cuore, il vero cuore del vertice è “quota 300″. E’ una guerra, la guerra dell’euro e qui e ora è la battaglia per quota 300. Trecento di spread. Sopra quota trecento, quando uno Stato va sopra quella quota e quindi paga di interessi sulle sue emissioni di debito sopra il 4 per cento, allora qualcuno, qualcosa, l”Europa, la Bce, un Fondo deve bombardare i mercati con acquisti e riconquistare quota trecento per quello Stato o quel paese che ne era stato cacciato.

E’ questa la battaglia, quella per quota trecento. Sopra questa quota i tassi di interesse sul debito strozzano, proprio come fanno gli strozzini, i paesi costretti a pagarli. La Spagna è già praticamente fuori mercato, cioè non sa più a chi chiedere i soldi se non ad interessi che non può ripagare. E l’Italia passando da un tasso medio del debito del 3,5 ad uno del 5,4 (tanto è costata la salita degli spread da giugno 2011 ad oggi) si trova a pagare almeno 10 miliardi all’anno in più di interessi. Sopra quota trecento di spread tutte le nuove tasse se ne vanno per pagare gli interessi, sopra quota trecento di spread non si abbassano tasse, non si finanzia nulla se non il pagamento dei propri debiti. Per cui quota trecento di spread, l’impegno dell’Europa a tenere al massimo lì ogni paese dell’Unione è la vera linea del Piave italiana e di Monti. Tutto il resto fa volume, di sostanza o di chiacchiera, di prospettiva o di urgenza. Ma è il taglia spread che ci dirà se la guerra dell’euro ha visto nel vertice una secca sconfitta e se quindi l’Europa si muove in ritirata più o meno penosa oppure se su quota trecento la bandiera dell’euro può sventolare come quella americana a Iwo Jima.