Fuori corso: tasse doppie.. per lo 0,36%! Dimezzati i pensionati non le pensioni

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 30 Luglio 2012 - 13:11 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Stangata sugli studenti fuori corso” si legge nel titolo de La Stampa di sabato 28 luglio. Poi, se ti capita di leggere l’articolo e non solo il titolo, scopri che non è vero, che la stangata non c’è. Le tasse raddoppiate per i fuori corso riguardano solo gli studenti che hanno un reddito familiare dichiarato oltre i 150mila euro e comunque l’aumento delle tasse dipende da quanti anni sei fuori corso. Per avere le tasse “stangate” devi avere papà o mamma che guadagnano e dichiarano più di 150mila euro di reddito e devi essere fuori corso da quattro anni. Titolo e articolo dicono due cose diverse e contraddittorie, eppure sono stampati entrambi sullo stesso giornale, alla stessa pagina. Solo de La Stampa la contraddizione? No, di tutti i giornali che “sparano” la notizia della stangata e del raddoppio…Notizia che non c’è come non ci sono né stangata né raddoppio.

Che non ci siano non ci piove, i conti li fa il Corriere della Sera: “Sopra i 150mila euro c’è lo 0,36% dei contribuenti”. Quindi solo lo 0,36% dei seicentomila studenti fuori corso si vedrebbe raddoppiate le tasse. Sì, ma saranno sempre circa duemila “vittime”…No, perché devono essere fuori corso di lunghissimo periodo per pagare tutta la “stangata”. Quindi facciamo a occhio un migliaio, un migliaio di figli di famiglia benestante. Sì, ma anche per quelli la cui tassa non raddoppia, comunque la tassa cresce, del 50% per cento sopra i novantamila euro lordi di reddito familiare. E quanti contribuenti ci sono in Italia sopra i novantamila dichiarati? Addirittura l’1,28 per cento. Altri seimila fuoricorso che rischiano di pagare non il doppio ma il 50% in più. Meno quelli che non sono fuori corso da quattro anni, facciamo tremila? E sotto il novantamila euro di reddito familiare? Si paga il 25% in più, quattro volte di meno di quello annunciato dai titoli di giornali e tv. Quattro volte di meno per una “minoranza” di circa 592mila fuori corso su 600 mila.

E neanche questo è del tutto vero perché l’aumento della tassa non scatta se lo studente è lavoratore, se esibisce un contratto, un rapporto di lavoro anche se ovviamente precario, il fuori corso non paga più tasse. Un po’ più di tasse per pochi, pochissimi: quelli davvero ricchi che stanno a lungo in una Università dai costi bassissimi e tenuti bassi non per i meno abbienti ma per chi potrebbe pagare. Niente aggravio per chi studia e lavora. Questa la realtà, eppure tutti titolano “stangata” e “raddoppio”. Eppure c’è chi, anzi abbondano quelli che nei giorni successivi protestano in nome del “diritto allo studio”. Sanno cosa dicono e fanno, c’è da sperare per loro che abbiano letto solo i titoli e lì si siano fermati. C’è da disperare per il paese se ai titoli si fermano quelli che dovrebbero essere i responsabili e i competenti.

Perché non è mica finita con le tasse dei fuori corso…Altro titolo unanime di agenzie di stampa, quotidiani e telegiornali: “Dimezzate le pensioni”. Fa effetto no? Un certo effetto lo fa di sicuro. Ma non è vero: dimezzati sono i pensionati e non le pensioni, dimezzato è il numero di quelli che nei primi sei mesi dell’anno sono andati in pensione rispetto a quanti lo hanno fatto l’anno prima. Sottigliezza, pignoleria? Mica tanto: “dimezzate le pensioni” ha il suono inequivocabile di una brutta e pessima notizia, una cosa che fa male. Dimezzati quelli che vanno in pensione è invece una buona notizia. A meno di non volersi dolere del fatto che diminuiscano proprio i pensionati, a meno di non essere tutti convinti e sicuri che la felicità individuale e la stabilità economica stiano nel pensionarsi quanto prima. Il dubbio viene visto che la notizia contiene altri numeri su cui nessuno titola: in Italia nell’anno “orribile” della legge Fornero si va in pensione mediamente a 61,3 anni (l’anno prima la media era 60,4 anni). Undici mesi di lavoro in più in media per avere la pensione, certo. Ma 61 anni e 3 mesi non sono certo un’età “anziana” e irraggiungibile. Significano mediamente venti anni di pensione percepita, e quanto ci vogliamo stare in pensione, una vita? A giudicare dai titoli, si direbbe proprio di sì. (A margine ma non tanto, in Italia si va in pensione di anzianità a 59,8 anni di media, neanche sessanta…).

Altro titolo unanime, il terzo della serie ristretta e serrata: Imu, manco a dirlo raddoppiata nella seconda rata. Vero, a dicembre l’Imu raddoppia o quasi perché lo Stato se l’è fatta pagare ad aliquota 0, 4 a giugno se prima casa e il Comune se la farà pagare ad aliquota almeno 0,5 a dicembre, quindi 25% in più. Peggio per la seconda casa, lo Stato ha messo aliquota 0,7 a giugno, i Comuni, molti, passano ad aliquota 0,11 a dicembre, quindi 60 e passa per cento in più. Anche a sommare tutti e due gli indubbi, e annunciati, aumenti tra prima e seconda rata, non si arriva al raddoppio, ma insomma aumento bello grosso è. E infatti i giornali ce lo ripetono, è già la terza volta. Giusto, l’aumento c’è: a dicembre si paga di Imu molto di più di quanto non si è pagato a giugno? Ma quanto si è pagato a giugno? A Roma, dove si è pagato più che in ogni altra parte d’Italia, la media dell’acconto sulla prima casa è stata di 170 euro, il doppio della media nazionale che è stato di 85 euro. 85 euro! A Bologna media di acconto di 140 euro, a Genova 107, Napoli 105, Milano 99, Palermo 54 euro. Dati del governo cattivo? No, dei Caf della Cisl. E la media nazionale dell’acconto sulla prima casa? 161 euro. A Roma media di 325 di acconto, Bologna 309 euro, Milano 224, Genova 217, Napoli 206, Palermo 168, fuori delle grandi città acconto Imu seconda casa molto sotto i 161 euro di media.

Prima casa 85 euro, seconda casa 161: con due case acconto di giugno 246 euro. Questa è la media e questa è la cifra, e questa è anche in fondo la notizia scritta nei numeri. Ma un titolo così non lo fa e non lo farà nessuno. Perché? Per tanti perché, quelli che portano a raddoppiare le tasse quando non è vero e a confondere, chissà quanto per caso, pensioni e pensionati. Sono solo gli ultimi esempi di una teoria e prassi, di una cultura e costume dove non è dato sapere chi sia l’uovo o la gallina tra mezzi di comunicazione di massa e pubblica opinione. Ma un giorno, forse, andrà pure calcolato, almeno stimato, l’effetto dell’ormai incolmabile spread tra comunicazione e realtà, tra titolo e “pezzo” che c’è sotto, in attesa che anche il “pezzo” scompaia del tutto, in tv è già così.