Governo Letta, campagna d’Europa! Se la prima pietra è…di cartapesta

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 26 Aprile 2013 - 15:37 OLTRE 6 MESI FA
Enrico Letta (foto Ansa)

ROMA – Enrico Letta, il presidente incaricato che tra qualche ora scioglierà la riserva, l’ha battezzato “governo di servizio”. Servizio al paese. Quale servizio sarà si vedrà. Ce ne sono molti di servizi da rendere al paese. Lo si può fare anche con una sorta di alleanza di intenti tra Napolitano, Letta, Berlusconi che a tanti invece appare forzata, innaturale, comunque sterile. Così la pensano e la dicono Grillo, Vendola, un po’ Maroni, un po’ meno ancora La Russa, un po’ tanto un bel pezzo di Pd che pure il governo, la fiducia al governo la voterà. Ma sia consentita una domanda: tra i vari servizi da rendere al paese è compreso, viene ritenuto utile e praticabile quello di dirgli al paese, di dire agli italiani la verità?

La domanda non è retorica, in alcuni casi la verità, tutta la verità, niente altro che la verità è socialmente insostenibile, politicamente non comunicabile, inaccettabile e non accettata dalla pubblica opinione. Una questione di verità si pone però a proposito niente meno che della prima pietra su cui Enrico Letta fonda il suo governo. La “prima pietra” è senza alcun dubbio il rinegoziare in Europa i termini, i modi e i tempi degli impegni di bilancio, deficit e debito pubblici. Troppo astratto? La prima pietra è farsi autorizzare da Bruxelles (e da Berlino) a spendere più miliardi pubblici del previsto  promesso nel 2013 e nel 2014, almeno. Poi se ne parla…Sforare quindi il deficit fissato, più del limite del tre per cento sul Pil nel 2013 e magari anche nel 2014. La prima pietra è dire, convincere, imporre all’Europa che l’Italia piena di disoccupati e di aziende che chiudono possa spendere più soldi pubblici.

E’ questa la prima pietra e la “campagna d’Europa” è pienamente appoggiata e condivisa dall’Italia di governo e pure da quella di lotta. Per la “campagna d’Europa” che ci faccia spendere di più si spendono Berlusconi e la Camusso, Grillo e Fassina, Romano Prodi  e Giulio Tremonti…Enrico Letta parte per la “campagna d’Europa” con i voti augurali e il sostegno di ogni partito, associazione, sindacato. E ovunque in Italia si narra, si attende la liberazione dai vincoli ottusi. Ci facciano spendere di più, si rendano finalmente conto che di sola austerità si muore, lo ha detto perfino il Fmi, lo sta sussurrando anche la Commissione Europea.

E’ questa l prima pietra, ma, purtroppo, è di cartapesta e non di cemento e neanche di semplice mattone. In Europa sono già pronti a farci spendere di più, l’Unione Europea ha già concesso dilazioni temporali ad altri paesi per il rispetto dei loro obiettivi di bilancio. Se è questo l’obiettivo, la “campagna d’Europa” va a sfondare una porta aperta. Ma la “cartapesta” non sta in questa missione raccontata eroica e invece al massimo impegnativa. La “cartapesta” della prima pietra sta nel raccontare al paese, agli italiani, che una volta ottenuto il via libera a spendere un bel pacco di miliardi più del previsto, allora tutto sarà risolto e ogni abbondanza sgorgherà: i senza lavoro troveranno occupazione, si andrà in pensione senza soffrire, il Pil si gonfierà, riapriranno i negozi, ripartiranno i consumi…Eccola la “cartapesta” condivisa e nazionale: fate crollare le mura dell’austerità e si spalancheranno le porte della prosperità. Peccato che sia semplicemente falso. Anzi falso e pericoloso.

Di austerità non se ne può più, basta. E convincere l’Europa di quel che è già convinta non sarà una grande impresa. Però l’Italia, anche prima dell’austerità, anzi anche prima della crisi che ha indotto austerità, faticava a produrre ricchezza. Pil quasi inchiodato da venti anni e produttività immobile nei decenni. Cioè lavoriamo, produciamo male e ad altri costi. Per colpa delle troppe tasse, della poca tecnologia, della troppa e deleteria Pubblica Amministrazione, delle corporazioni, delle filiere, della corruzione, dei governi e della politica locale e di territorio, dei sindacati, di scuola e università inadeguate e di svariate altre cose il cui lungo elenco è noto. Uccisa l’austerità o almeno messa l’austerità in condizioni di non nuocere, tutto il resto, dalle troppe tasse e mal distribuite tasse fino alle troppe e corrotte filiere, che fa, resta? Se tutto il resto resta non servirà  nulla tagliare le unghie all’austerità. servirà soltanto a farsi auto propagando illusoria, inutile training autogeno il dichiarare “guerra” alla Merkel.

Sono almeno venti anni che noi italiani spendiamo una montagna di miliardi pubblici ogni anno eppure il Pil non cresce, la ricchezza da distribuire non aumenta. Sono venti anni, da prima della crisi e da prima dell’austerità.Se da domani, anzi da oggi potremo ricominciare a spendere lo faremo nei modi, nel contesto, alle condizioni di come abbiamo speso soldi pubblici per venti anni? Se la risposta è sì, allora l’Europa potrà anche autorizzarci a spendere, servirà solo ad aumentare il nostro debito e non la nostra ricchezza. Servirà solo a spargere sul territorio sussidi che poi saranno “mangiati” dagli aumentati interessi da pagare sul debito pubblico. La questione non è austerità o impulso all’economia anche sotto forma di stimolo pubblico. Non c’è partita, qui e ora impulso pubblico tutta la vita. Ma impulso a che?

A una detassazione del salario e del profitto oppure ad una “cassaintegrazione a vita” di ogni azienda decotta? Impulso a una ristrutturazione industriale e produttiva in cui molto cambia e non tutti restano dove stavano, oppure impulso a una Pubblica Amministrazione che resiste, resiste, resiste e una geografia immobile delle produzioni e delle imprese? La questione di verità: il modello Italia, quello che moltissimi in Italia rimpiangono, da venti anni consuma e non produce ricchezza. Se non si cambia il modello i nuovi miliardi da spendere che l’Europa autorizzerà, il successo della “campagna d’Europa” assegnata al governo saranno solo miliardi da gettare e bruciare nella solita fornace. Possiamo certo fare altro deficit a condizione di ricominciare a produrre ricchezza. Altrimenti è solo insaponare la corda a cui impiccarsi il tornare a spendere. Cambiare il modello dovrebbe essere la “prima pietra” o almeno dirlo chiaro alla gente come stanno le cose, che non c’è una Europa da espugnare m un’Italia cui rifare i connotati. Invece si parte per la “campagna d’Europa” con molte fanfare e bandiere e sono un primo passo, una prima pietra tanto solenni e applauditi quanto di cartapesta appunto.