Rimpatri, campi, muri…fandonie! Dite che li volete morti e si fa prima

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 18 Giugno 2015 - 17:26 OLTRE 6 MESI FA
Rimpatri, campi, muri...fandonie! Dite che li volete morti e si fa prima

Rimpatri, campi, muri…fandonie! Dite che li volete morti e si fa prima (foto Ansa)

L’unico indiano buono è quello…morto. I bravi coloni (immigrati dall’Europa in America) al fondo così pensavano degli indiani che abitavano la Frontiera, il West. La perfetta sintesi di un pensiero comune che era di pancia, di cuore, di governo e spesso perfino di sermone l’abbiamo ascoltata perfino al cinema. E non era invenzione, è stata, diciamo così, la volontà popolare in un pezzo importante della storia (bianca) americana.

Talmente efficace la sintesi che gli americani l’hanno riproposta più volte nella loro storia, l’hanno riproposta per i neri, per gli afro americani. E l’hanno riproposta per i giapponesi e poi per i vietnamiti e poi per i cecchini-kamikaze in Iraq e Afghanistan…Quando rendevano più che pericoloso Central park o quando si ribellavano a Newark, l’unico negro buono è quello morto. Dopo Pearl Harbour e Guadalcanal, l’unico giallo buono è quello morto. Dopo il Tet e Huè, l’unico Charlie buono è quello morto. Dopo Falluja e Ramadi, l’unico iracheno buono è quello morto. Senza dimenticare l’unico smilzo buono è quello morto ai tempi della Somalia.

Di buono gli americani hanno la franchezza. Franchi, sinceri, diretti. Al limite della sfrontatezza. Soprattutto quando pensano, e lo pensano spesso, di essere dalla parte della ragione e della civiltà. talvolta, il più delle volte, lo sono stati davvero. Ma qui non è degli americani che si parla. Qui si parla di noi, italiani ed europei, europei e italiani. Che altrettanto sinceri e franchi non riusciamo ad essere, non vogliamo essere. Soprattutto quando si parla di neri, negri, stranieri, africani, immigrati, migranti, profughi…insomma chiamiamoli come ci pare, insomma quelli.

Amiamo, guidati e imbeccati dai nostri politici, dai politici sponsor e personal trainer dei nostri umori, inventarci un sacco, una catena e una sporta di fandonie, balle, c…te. E a spargerle in giro come fossero cose vere, anzi cose da fare, come fossero soluzioni, proposte. E come se il non farle questo mare di ca…te fosse inadempienza, complicità, complotto e intelligenza con il nemico, con il nemico invasore.

Una fandonia a caso, che oggi va di moda: il rimpatrio, il rimandiamoli a casa. Sottinteso e non tanto, rimandiamoli a forza. Per rimandare ci vuole qualche posto dove mandare. E quindi qualcuno laggiù in quel qualche posto che dice sì e se lo riprende quello che noi mandiamo via. Beh, in mezzo mondo, guarda caso quello da cui quelli vengono, questo qualcuno che se li riprende non c’è. Quindi che si fa? Se non i riprendono li molliamo di notte e di nascosto paracadutandoli a casa loro? O li si molla dall’aereo alla chetichella così non se ne parla più. Non solo, per respingere, rimandare, rimpatriare, oltre a una patria dove rimandare ci vuole un mezzo di trasporto. Che so, un aereo. E sull’aereo, nave, sottomarino, aliante che sia, oltre ai respinti ci vogliono quelli che accompagnano. Che devono essere poliziotti o militari, non crocerossine altrimenti quelli scappano di nuovo a casa nostra e non loro. Qualcuno ha calcolato quanti aerei e poliziotti e militari per rimandare, rimpatriare che so centomila di quelli? Facciamo duecentomila agenti e 1.500 aerei andata/ritorno?

Seconda fandonia, i campi. Magari in Libia. I campi profughi comprensibilmente in Europa non li vuole nessuno. Sono una gran rogna. La gente che ci dovesse vivere vicino si spaventa e si incazza. Quelli che ci dovessero vivere dentro magari scappano e probabilmente delinquono incazzati. E poi costano soldi e come fai a dire che spendi per i campi profughi e non per la casa della gente di casa? Quindi, geniale idea, i campi profughi facciamoli in Libia. Quel che non si capisce è perché mai i libici dovrebbero volerli i campi profughi. A domandarlo a chi li propone là e non qua i campi profughi, l’unica risposta semi coerente che arriva è che lì perché sono africani, la Libia è Africa, quindi…Se proviamo a mettere su campi profughi in Libia i libici ci sparano, non li vogliono. Proprio come noi. Possiamo invaderla la Libia, occuparla e farne una colonia addetta alla raccolta, contenimento e detenzione immigrati. Dire campo profughi in Libia vuol dire questo e non altro. Per questo è una fandonia, anzi una ca..ta.

Terza fandonia, quella che affascina di più: la ruspa che spiana. Che bello il rumore della ruspa, l’immagine della immondizia (umana?) spianata. Bello, bello tutto. Visto la ruspa spianare e arrivederci, andiamo. Dopo la ruspa però quelli che hai spianato o li spiani anche loro che so in un cimitero o in una prigione o quelli da qualche altra parte te li ritrovi. Hanno questo vizio, non evaporano sotto la ruspa a meno che non li spiani in carne e ossa.

Quarta fandonia, teniamoli in mezzo al mare senza farli sbarcare. Già, portiamo a quelli per settimane, mesi, anni..? Portiamo cibo, vestiti, acqua, medicine. In mezzo al mare, li teniamo suo gommoni, barconi, zattere. Aspettando che affondino ovviamente perché mica li possiamo mantenere a vita in mezzo al mare.

Quinta fandonia, la più scenografica: facciamo un muro e teniamoli fuori col muro. Però dei muri si va all’assalto, qualcuno li scavalca, qualcuno no. Ma in un modo o nell’altro sono un sacco quelli che passano. A meno che dal muro non gli si spara con le mitragliatrici. A volte non funziona neanche la mitragliatrice però per almeno un po’ si può stare tranquilli che ci provano in pochi e passano in meno.

Pian piano dunque, di fandonia in cazzata, ci stiamo avvicinando. Rimpatrio anche se non c’è patria che si riprenda quelli. Campi di detenzione controllo dove quelli prima li spellano poi li seppelliscono. Spianarli nel vero e definitivo senso della parola. Tenerli in mezzo al mare fino a che non vanno giù. Metter su un muro e dal muro far fuoco. Fuochino, fuocherello, fuoco: ci stiamo avvicinando al vero, genuino, schietto pensiero e umore di tutti gli inventori e propalatori e propositori di fandonie e il pensiero vincente è: l’unico immigrato buono è quello morto. Se solo si liberassero, se solo facessero outing del loro vero pensiero…ditelo chiaro e si fa prima.

Ma no, non lo dicono, fanno mostra, fanno finta di no. Sono in fondo delle mezze calzette delle loro stesse idee. Mettono in pubblico dei “mutandoni” alle robuste fattezze e attributi dei pensieri e umori della loro gente. La gente, molta gente, la loro gente pensa appunto l’unico immigrato buono è quello morto. Loro lo sanno e sono anche d’accordo ma mostrano di volere respingimenti, campi, muri…Chissà, probabilmente no, se sanno come vanno queste cose nel mondo e nella storia. Quando una comunità deve rinunciare a una parte o a un modo del suo benessere e della sua qualità della vita sempre cerca e sempre trova un colpevole. Un colpevole esterno. I barbari, i mongoli, gli ebrei, gli infedeli, gli eretici…Oggi i neri che arrivano dal mare vanno benissimo nella parte, meglio ancora perfino degli gnomi della finanza. I popoli europei, costretti loro malgrado a un po’ di forzata decrescita (Papa Francesco peccato non lo capisca, la decrescita porta i popoli alla reazione isterica, ai para nazismi non alla condivisione ecumenica) vogliono un disgraziato da cacciare e nella caccia ci mettono panico e rancore. E sono a un passo, hanno già sul tavolo tutti gli elementi che compongono l’idea che quelli sono umani sì, ma mica troppo, mica del tutto, mica come noi. Quindi, l’unico buono è quello morto.

Questo accade e non eviti che questo accada raccontando la favola ormai triste, stucchevole e irritante della solidarietà e accoglienza. Governi se ci fossero governi, coscienze se ci fossero coscienze, intelletti se ci fossero intelletti dovrebbero dire alla gente che l’arrivo degli immigrati, profughi, migranti, insomma quelli… non è cosa di per sé buona e giusta. Come ognuno che la vive sa e vede non è, per la sua vita, città, paese cosa di per sé buona e giusta. Anzi è una gran fatica e spesso un pericolo. Dovremmo dire, si dovrebbe dire e si dovrebbe agire di conseguenza, anche con forza per chi non vuol sentire, che la grande migrazione in atto sul pianeta è come un grande fenomeno naturale. Un cataclisma? Se volete, un cataclisma, sì un cataclisma. Di quelli che fanno anche danno. Ma i cataclismi non si fermano votando contro alle elezioni o percuotendo madre natura o barricandosi dentro le mura della città. I cataclismi si assorbono, si gestiscono. Si ricostruisce quel che viene abbattuto. Si soffre, si ricomincia, si va avanti in un mondo, anche casa tua, cambiati dal cataclisma. Poveri, poverelli noi convinti e speranzosi che il cataclisma lo possa fermare un tweet cattivo, una battuta cattivista in tv, una dichiarazione di guerra alla realtà, una montante voglia di sterminio… della realtà.