Manovra: il governo “pietoso” fa la crisi “purulenta”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 29 Agosto 2011 - 15:57 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – In due settimane, da Ferragosto ad oggi, governo e maggioranza, Pdl e Lega si sono fatti “pietosi” e, come accade al medico che ha paura di far male e perciò rinuncia a curare, hanno fatto della crisi italiana una “piaga purulenta”. Si sono fatti “pietosi” in primo, primissimo luogo, verso se stessi. Obbedendo al triplice comandamento e all’unico istinto condiviso: salvare i posti della politica, salvare l’oro della politica, salvare i voti elettorali.

Salvare i posti: le Province saranno abolite l’anno del mai e il giorno del poi, nella manovra la loro riduzione, per non dire della cancellazione, non c’è più. Trasloca in un “organico” progetto di riforma costituzionale. Sono anni che la “menano” con questa storia delle Province, è chiaro che non le toccheranno mai. E se costano, costavano quattro miliardi, questo non è un motivo per farle fuori ma è un motivo per tenerle in vita. I piccoli Comuni non spariranno né verranno “accorpati”. Dice che è così perché costano poco, ai consiglieri comunali dei piccoli Comuni vanno gettoni di venti euro a seduta. Pudicamente, anzi con somma impudicizia si omette di dire che sono pagati venti euro ma “intermediano” affari da ventimila o duecentomila. Per questo non vengono fatti sparire, altro che per conservare la “peculiarità del territorio”.

Salvare l’oro: i tagli di spesa per Regioni, Comuni e Province si dimezzano: tre miliardi invece di sei e forse neanche quelli. La spesa pubblica discrezionale, quella in mano ai “politici di territorio” è il vero tesoro della politica. Non può essere toccata, la politica tutta o quasi vive questo come contro natura: 140mila eletti e il milione e mezzo di persone che di politica campa sono il ramo d’impresa che non tollera ristrutturazioni.

Salvare i voti: via dalla manovra ogni cosa che odori di tassa diretta o patrimoniale. Per salvare posti, oro e voti meglio, molto meglio aumento delle imposte indirette. Scelta che pure occorre, che occorreva, ma non certo per finanziare i posti, l’oro e i voti della politica. Aumenteranno le tasse, eccome se aumenteranno. Portando la pressione fiscale là dove in Italia mai si era arrivati: al 48 per cento del Pil. Ma saranno tasse diffuse, a pioggia. Sperando che la gente non affibbi nomi e cognomi “diretti” all’aumento di questo e di quello, alle addizionali locali, ai nuovi tributi.

Hanno pensato a salvare se stessi o almeno grande è stata la mobilitazione e l’ingegno nel provarci. Istinto di auto conservazione, istinto cieco, istinto forte e miope. Governo di centro destra, Pdl e Lega, sindaci e Governatori e assessori e consiglieri di tutti i partiti. Ed è qui il primo drammatico luogo dove la piaga si fa purulenta: di fronte a questa politica che tassa non per risanare, ripartire o rilanciare ma tassa per pagarsi le spese, di fronte a questa politica l’anti politica, la pessima e pericolosa anti politica diventa una scelta disperata di sopravvivenza.

La piaga che diventa socialmente purulenta lo è in maniera ancora più evidente in economia. L’ultima versione della manovra che doverebbe dare all’Italia sicurezza e affidabilità sui mercati ha di introiti sicuri circa un terzo di quanto promesso. E cioè i 4,5 miliardi dall’aumento delle “accise”, cioè tasse sui carburanti, alcool, tabacchi e simili. Cinque miliardi dalla nuova tassazione sulle rendite finanziarie, un miliardo scarso dalla revisione degli studi di settori, cioè da un po’ di tasse in più fatte pagare al lavoro autonomo, tre miliardi e mezzo dalla Robin tax. Fanno quindici miliardi di nuove tasse, all’ingrosso gli unici soldi sicuri.

Molto meno sicuri sono i 16 miliardi che dovrebbero venire dalla futura “delega sull’assistenza”, cioè dal taglio di prestazioni sociali elargite con manica si suppone molto larga. Non ci crede nessuno che si spenderanno sedici miliardi in meno diminuendo la pensione alle vedove e smettendo di regalare a chiunque l’indennità di accompagno. Saranno meno, molto meno e allora quei 16 miliardi di minor spesa, dice la “clausola di salvaguardia”, diventeranno 16 miliardi di nuove tasse.

I nove miliardi di minor spesa dei Ministeri sono carta poco più che straccia, i 6/7 miliardi di minor spesa degli Enti Locali sono in via di sparizione. Quando le Banche centrali, i mercati, l’Europa, i risparmiatori “peseranno” questa manovra sapranno che difficilmente sarà raggiunto il pareggio di bilancio nel 2013 e che, comunque e quel che è peggio, l’Italia ha rinunciato a spegnere il motore della spesa, del deficit, del debito. Anzi in quel motore ha scelto di immettere nuova benzina sotto forma di tasse. Chi vuol sapere saprà che l’Italia per i prossimi due anni paga i suoi debiti, ma della sua solvibilità tra dieci anni non c’è da fidarsi.

Per scelta politica comprensibile non sono state toccate le spese della Sanità e della Scuola. Per scelta politica ottusa non è stata fermata la macchina della spesa previdenziale. Per scelta di famelica ingordigia non è stata fermata la spesa delle società pubbliche di pubblici servizi. I “liberali” d’Italia, in qualunque partito si siano accasati, hanno detto che questo andava invece fatto, ma sono letteralmente impazziti di panico all’idea che una tassa patrimoniale toccasse la “roba”. I riformisti della sinistra sono impazziti di conservazione: tenere l’Italia così com’è è stata la loro parola d’ordine, al massimo liberarla di Berlusconi. Perfino i cattolici sono impazziti di paura, al punto da denunciare il “complotto massone” contro le esenzioni fiscali alla Chiesa. Pagheremo caro, pagheremo tutto, anche se non pagheranno tutti. Ma quel che è peggio, anzi “purulento” è che pagheremo un prezzo alto per tenerci l’Italia come è adesso. E tenersela come è adesso non solo è salato, è pure inutile. Perchè l’Italia così come è adesso non tiene, grazie anche e soprattutto ai suoi governi, partiti, sindaci e parlamentari “pietosi”.