Manovra a 54 all’ora, spread a 180. Autovelox dice: “multa” in arrivo

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 15 Settembre 2011 - 13:52 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La manovra appena diventata legge va a 54 chilometri all’ora, tanti quanti sono i miliardi che rastrella tra nuove tasse (34/36 miliardi) e promessi tagli di spesa (circa 20). Ma sull’autostrada, sulla grande super strada della crisi, contrazione, stagnazione, depressione economica o comunque la si voglia chiamare, gli spread viaggiano più veloci: a 180 “chilometri” l’ora. E quindi l’autovelox segnala rischio forte, quasi certezza, di una nuova pesante “multa”, cioè di un’altra manovra. Non è finita purtroppo, proprio per nulla finita.

A giugno, prima della prima manovra lo spread, la differenza sui mercati tra i Btp italiani e i Bund tedeschi, era di 200 punti. Due mesi dopo, il giorno dell’approvazione della manovra italiana in Parlamento, lo spread è di circa 380 punti. La differenza, 180 appunto, è la velocità con cui ingrossano i guai e i problemi. Velocità tripla rispetto ai 54 miliardi della “soluzione” chiamata manovra. Perché l’autovelox segnala allarme e rischio grosso di multa se non di crash? Perché 380 punti di spread significano tassi di interesse da pagare sui titoli di Stato che l’Italia vende vicini al sei per cento, pericolosamente vicini: la “macchina Italia” sfiora il guard-rail e l’impatto. Lo dice la matematica che, purtroppo, non è un’opinione.

Il debito pubblico italiano è pari a circa 1.911 miliardi ed ha una “durata media” di sette anni. Vuol dire che il Tesoro italiano ci mette sette anni a doverlo rinnovare, insomma rivendere tutto sui mercati quel debito. E’ una buona cifra: sette anni non sono pochi: se i 1.911 miliardi di debito scadessero ad esempio tutti nel 2012 l’Italia dovrebbe, ai tassi di interesse attuali, pagare l’anno prossimo il sei per cento di 1.911, cioè poco meno di 120 miliardi. Oggi l’Italia paga di interessi sul debito molto meno, circa 75 miliardi. E questo perché non tutti i suoi titoli pagano interessi e cedole al sei per cento. Buona parte del debito è stato venduto negli anni passati ad interessi più bassi. Sette anni è un buon numero, dà spazio e fiato. Ma non se lo spread resta a quota 380 o da quelle parti. Deve scendere almeno fino a dove era prima, fino a 200 punti. Altrimenti neanche i sette anni ci mettono al riparo dal crash.

Ancora una volta pura e sola matematica: un debito di 1.911 miliardi che si rinnova in sette anni significa più o meno 300 miliardi di titoli che ogni anno scadono e vanno rivenduti sui mercati. E tale è infatti più o meno la somma dei rinnovi previsti nel 2012. Trecento miliardi di titoli da vendere con spread a 380 punti o più o meno lassù e quindi con tassi di interesse da pagare intorno al sei per cento significano circa 15 miliardi in più di interessi da pagare rispetto ai 75 che oggi il debito costa all’Italia. Quindici miliardi all’anno di interessi in più: moltiplicare questa cifra per gli anni di vita della manovra, due e mezzo, e avrete circa quaranta miliardi in più da pagare. Quasi tutta la manovra. Che quindi nulla risolve se lo spread non torna dove era prima. La, le manovre sono state fatte con la corda al collo e il fuoco al sedere per questo: per far scendere lo spread a 200 e tenere gli interessi sul debito intorno al 3/4 per cento. Ad oggi lo spread corre veloce a 180 punti in più e gli interessi sul debito a circa due punti percentuali in più del tollerabile. Questi sono i numeri, come non mai le chiacchiere della politica e anche i lamenti sociali  stanno, purtroppo, “a zero”.