Renzi: reazione di rigetto. Farlo fallire per governare poco, comandare tutti

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 22 Gennaio 2014 - 15:53 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Contro Matteo Renzi è in atto una robusta, robustissima reazione di rigetto. Ed è appropriato chiamarla così, reazione di rigetto, perché è qualcosa di più e di diverso da una semplice sia pur netta contrapposizione politica. Onda su onda la reazione di rigetto monta, cominciamo a dall’onda in fondo interessa di meno: quella che viene dall’interno, dal profondo del partito di Renzi, il Pd. Cominciamo da lì perché lì l’onda è più chiara e netta nella sua natura di reazione di rigetto al di là, al di sopra e al di sotto di ogni motivazione politica.

Ha detto Gianni Cuperlo a nome della sinistra Pd in Direzione (mentre parlava era ancora il presidente del Pd) che la proposta di Renzi segretario in merito alla nuova legge elettorale non lo convinceva perché: 1) non garantiva la rappresentanza 2) non garantiva la governabilità 3) presentava profili di incostituzionalità. Non garantisce la governabilità, cioè che alla fine ci sia una maggioranza figlia diretta delle elezioni che esprime un governo una legge dove chi raccoglie al primo turno il 35 per cento dei voti ottiene il 55 per cento dei seggi oppure in caso nessuno arrivi al 35 per cento si va al ballottaggio che consegna la maggioranza dei seggi per mano diretta degli elettori? Quella di Cuperlo era, è un’evidente forzatura, chiamiamola con il suo nome: pretesto. Rilevare contemporaneamente che la legge proposta da Renzi è troppo maggioritaria (la quota di sbarramento al 5 per cento) e poco maggioritaria (la scarsa governabilità), osservare che la quota 35 per cento per ottenere il premio di maggioranza è troppo bassa e voler contemporaneamente abbassare la soglia di sbarramento al 4 per cento e anche meno, santificare le preferenze attribuendo alla Corte Costituzionale il patrocinio delle preferenze è scientemente una galleria e collezione di pretesti. Un rosario di pretesti con cui adornare la reazione di rigetto.

Le preferenze…quasi tutta la sinistra e fino a ieri di certo la sinistra Pd, quella dei D’Alema e Bersani per capirci e anche quella degli “sgomenti” perché Renzi ha trattato con Berlusconi, indicava le preferenze come la culla del voto di scambio, come la madre di ogni elettorale oscenità. Ora le preferenze sono diventate “democratiche e di sinistra” perché…perché Renzi ha concesso niente meno che a Berlusconi il no alle preferenze. Dunque, vediamo: le preferenze sono corruzione della politica o almeno elle elezioni dice e pensa per decenni la sinistra. Poi, dal momento che le preferenze non le vuole Berlusconi, le preferenze diventano presidio della democrazia. Pretesto, ancora un pretesto.

E pretesto, solo pretesto è la questione della soglia di sbarramento che rende la vita difficile ai piccoli partiti. Il Pd, in particolare la sinistra Pd, vuole una legge elettorale che consenta e promuova la ricomposizione di salde alleanze come quella dell’Ulivo che due volte affondò Prodi al governo proprio perché infarcita di piccoli partiti obbligati alla loro “visibilità”? O di alleanze di governo di destra dove una Lega alla Salvini o un rinato Msi alla Storace magari con il 3 per cento dei voti tengano a catena un premier della destra europea (si fa per dire e per sorridere) del calibro di Alfano? Pretesti che messi in colonna offrono il poco edificante e in fondo mortificante spettacolo della sinistra Pd al fianco di Casini e Alfano sulle preferenze e al fianco di M5S su una legge proporzionale. Posizioni politiche insostenibili, ma in realtà non di politica si tratta, è altro: è reazione di rigetto.

Rigetto a cosa? All’essere stati espropriati della “cosa”, della “ditta”, della casa. Insomma del partito. L’esproprio è avvenuto per mano e volontà dei cittadini-elettori. Questo è psicologicamente e culturalmente intollerabile per i dieci, cento, mille D’alema grandi e piccoli del Pd. L’esproprio li manda letteralmente “ai matti”. Che sia avvenuto per via e mano dei cittadini-elettori acuisce l’intollerabilità furiosa. Quindi reazione di rigetto e non c’è cortisone che tenga. Epidermiche che si gonfia e si arrossa, respiro che si fa corto, stato di malessere e confusione generale. Una sola cosa riescono a pensare gli espropriati durante la loro reazioni di rigetto: meglio morti che Renzi. Fatevelo spiegare non da Cuperlo che allena astio sinceramente convinto di piantar gentilezza. Fatevelo spiegare da D’Alema che in privato la spiegazione la concede: con Renzi magari si vince ma perdiamo la nostra natura, senza Renzi magari si perde ma un 23 per cento più o meno  non ce lo leva nessuno e salviamo, recuperiamo, ci teniamo il partito.

Ma ora via dal Pd, passiamo ad altra onda del rigetto. Quella dei piccoli partiti, i partiti sotto il cinque e anche il quattro per cento contro Renzi e la sua legge. Sono 30 anni che i partiti piccoli combattono, e vincono, la loro battaglia per poter contare e comandare nelle alleanze di governo molto più di quanto non giustificherebbe il loro due, tre, quattro per cento. Renzi toglie loro la rendita, il vitalizio. Ovvia che sia reazioni di furioso rigetto. Altra onda, ancora più larga e più ampia, quella che viene dal MoVimento, da M5s, da Grillo. La nuova legge elettorale non penalizza in numeri M5S, anzi. Lo agevola come agevola ogni forza tra il 20 e il 30 per cento. Ma se Renzi dovesse dimostrare con i fatti che la casta politica può esser messa a dieta stretta ne va dalla ragione sociale, anzi d’essere di M5S. Se una riforma leva un miliardo alla politica, sbiadiscono le decine di milioni che i parlamentari M5S restituiscono. Per questo massima reazione di rigetto, al punto di decretare la legge di Renzi “peggio di quella di Mussolini”. Parole a misura appunto di una reazione allergica, l politica è altro dall’orticaria.

Ma ora via dalle forze politiche, dai partiti. Via verso l’onda più alta del rigetto. Qualcuno ha davvero un’idea, riesce davvero ad immaginare quanti e quali interessi, quante persone in carne e ossa, quanti mini e non mini lobby verrebbero infastidite, penalizzate, espropriate da un Senato che non sia più fatto di senatori eletti e quindi pagati a fine mese, da Regioni che incassano meno soldi pubblici perché hanno meno poteri, da Consiglieri regionali che guadagnano massimo come i sindaci, cioè la metà, da consigli regionali che non hanno più i soldi dei rimborsi pubblici per le loro spese fintamente politiche? Qualcuno riesce ad immaginare quanta gente in carne e ossa, quante lobby, aziende pubbliche e semi pubbliche ci campano in simbiosi con le Regioni che spendono senza essere responsabili per quello che spendono? In Parlamento, quel Parlamento che non è mai riuscito neanche ad eliminare, neanche a ridurre le Province, l’onda di rigetto contro il meno soldi alla politica, al Sento, alle Regioni sarà onda di tsunami.

E, non bastasse, c’è anche l’onda anomala. Quella che per ora non c’è ma nell’oceano ogni tanto si forma. E si sta formando. Se si trasferisce il metodo Renzi, quello che ha adottato per la legge elettorale, al resto della cosa pubblica che mai succede? Se ad esempio al tandem Regione-sindacati si toglie la gestione della cassa integrazione in deroga e della formazione professionale…Oppure si toglie al sistema delle imprese pubbliche la garanzia della trentina di miliardi annui pagati dallo Stato a piè di lista senza chiedere perché…Ma siamo matti? Questo è un paese dove si governa altrimenti, da sempre o quasi. Altrimenti come? Ecco si decide e annuncia che le detrazioni Irpef restano intonse. E il mezzo miliardo che doveva venire? Quello non si decide da dove verrà, se lo piangerà qualcuno domani. Decidere chi e come non è mica compito di che governo, il governo mica è scemo, mica si vuol suicidare decidendo e scegliendo. Da questo mondo di certezze, abitudini, garanzie si leva possente l’onda anomala di rigetto.

Scrive Guido Gentili sul Sole 24 Ore della terrazza di Andora  di cui era stato autorizzato l’ampliamento ma mai autorizzata era stata la costruzione, della Armellini notissima imprenditrice romana che ci vuole un anno e mezzo di indagini per scoprire che non pagava un euro di tasse su 1,243 immobili di sua proprietà, della riforma dei Tribunali che continua a perdere pezzi…Scrive di questo gestire ed essere della cosa pubblica, lo tratteggia con questi esempi e lo esemplifica con l’immagine del treno in bilico, l’Intercity Milano-Ventimiglia in bilico tra la collinnetta franante sotto la terrazza e il mare in cui potrebbe scivolare. Scrivi Gentili del continuo non scegliere e rinviare come metodo di gestione del governo, del paese, della cosa e dell’anima pubblica. Ultimissimo esempio l’ultimissimo rinvio, quello della delega, cioè riforma, fiscale. “Precario nella sua immobilità, sempre a rischio di caduta rovinosa” è per Gentili sia il treno che il paese.

Trasferiamoci, usiamo anche noi l’immagine del treno. Renzi è come uno che dica: non riusciamo a tiralo su, allora facciamolo andare a mare. Ma intorno a lui uno obietta: e i sassi, che ne sarà dei sassi? E altro osserva: e i binari, resteranno intatti? E altro ancora invita a meditare sull’entità degli spruzzi che si solleveranno. E altro ancora lamenta della insensibilità verso il futuro contatto tra vernice del treno e specie viventi marine. E allora Renzi è come uno che a questo punto dice: allora tiriamolo su, raddrizziamolo. Ed ecco che uno osserva: e i sassi? E un altro: e i binari? E un altro: e i cespugli? E un altro: e chi si assume la responsabilità di farne venire un altro di treno a raddrizzare il primo di treno? E chi lo guida? E chi garantisce per il guidatore? Ecco l’Italia si è abituata, sta accovacciata nella sua precaria immobilità. E chi la turba e disturba subisce, solleva ondate e ondate di rigetto.

Quella anti Renzi ha un piano, un progetto, una voglia, una strada. Almeno in Parlamento ci sono di sicuro sia la voglia che la strada. Facciamo fallire la legge, il patto Renzi-Berlusconi. Smontiamo una cosina, qua, un’altra là: una soglia di sbarramento, una quota, una preferenza. E allora la cosa si smonta da sola, magari si sfila Berlusconi o magari Renzi stesso dice basta al gioco io metto, tu levi e alla legge le cambiano i connotati. Così Renzi fallisce, si smonta e si smoscia e nel 2015 si v tutti a votare con una bella legge proporzionale. Legge senza premi e soglie e altro. Tanti voti presi, tanti deputati e senatori, più o meno, presi. Una legge che nell’Italia di oggi garantisce elezioni meravigliose. Meravigliose perché non perde e non vince davvero nessuno. Meravigliose perché portano al risultato che rassicura ogni pezzo e scomparto dell’Italia immobile: governare poco, comandare tutti. E’ questo il vero “Italicum”, il vero modello italiano. Su questo c’è larghissima intesa, arriva anche a Grillo. Governare poco, comandare tutti: per la bisogna sono perfetti sia Letta che Alfano e anche Cuperlo nel suo piccolo è così che intende il Pd: governare poco, comandare tutti.

P.S. Tanto per la cronaca, Cuperlo non si è dimesso perché offeso da Renzi che gli ricordava come fosse arrivato in Parlamento per via di nomina e non di preferenze (sia pure alle parlamentarie interne di un partito). Come racconta la cronaca dei fatti (Corriere della Sera Maria Teresa Meli ma non solo, come raccontano i quotidiani, ad eccezione de la Repubblica che astutamente volge altrove o sguardo, Cuperlo decide le sue dimissioni dopo aver constatato di non riuscire a convincere tutta l’opposizione del Pd a votare contro Renzi in Direzione. Lui Cuperlo propone il voto contro, la minoranza decide l’astensione e Cuperlo allora sceglie la via delle dimissioni da presidente come primo passo per rivendicare la guida della corrente della sinistra interna. Come da perfetta tradizione e logica di un certo gruppo professional-politico e come gli fa notare un sito pieno di ironia, CFuperlo si dimette da presidente Pd per puntare alla vice presidenza del Pd a nome di una corrente interna. tanto per la cronaca e tanto per non inventare gentiluomini-martiri.