Renzi: “C’è un piccolo particolare…”. Se la Merkel sa del finto Pos e di…

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 30 Giugno 2014 - 15:22 OLTRE 6 MESI FA
(foto Lapresse)

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ROMA – In una delle tante, forse perfino troppe, occasioni in cui parla alla stampa e al paese Renzi ha sottolineato: “Ci sarebbe un piccolo particolare…le riforme da fare”. Non è un caso che la frasetta sia stata sottostimata dalle cronache televisive, dalle pagine di carta e dal traffico via web. Quel “piccolo particolare” a noi italiani veri e purosangue ci fa venire l’orticaria. Lo consideriamo un fastidio, qualcosa da rimuovere, allontanare, negare. All’occorrenza respingere, abbattere, sminuzzare, triturare. A noi, diciamola tutta anche se nessun lo dice, il piccolo particolare delle riforme da fare ci sta sulle scatole proprio come le suddette riforme.

E che saranno mai, quali mai saranno queste riforme? Alcuni piccoli esempi, i primi di una lunghissima serie, solo e soltanto i primi suggeriti dalla cronaca di queste ore. Era il 2012 quando un governo italiano decise (?) che i pagamenti, gli incassi del vasto mondo del lavoro autonomo dovevano (?) avvenire per via di moneta elettronica. Il perché è troppo ovvio per essere spiegato. E infatti il lavoro autonomo capì al volo e ha ottenuto due anni, dicesi due anni, di proroga. Poi è scattato l’obbligo (?). Obbligo senza sanzione se non viene rispettato. Così si riforma in Italia: per finta, alla moviolissima, cambiando nulla, garantendo che tutto possa continuare come prima. Giusto o sbagliato che sia, l’obbligo di pagamento elettronico per i lavoratori autonomi, di sicuro c’è che la “riforma” è tanto immaginaria quanto declamata. Tanto pachidermica quanto scattanti sono i pianti dei gruppi sociali toccati (?), diciamo sfiorati. Che deve pensare un tedesco di una “riforma” riguardante il fisco italiano decisa due anni fa e ora in vigore solo per scena? Che deve pensare quel tedesco quando un italiano gli va a chiedere di garantire per i suoi debiti giurando che poi..?

Era il 2012 quando un governo italiano decise (?) che migliaia e migliaia di Comuni italiani dovevano( ?) smettere di comprasi ognuno le sue cosette utili, indispensabili e inutili e cominciare a comprare in gruppo. Dovevano, avrebbero dovuto per l’ottimo ed evidente motivo per cui se compri 200 computer e 300 sedie le paghi di meno che se compri due computer e dieci sedie. Era il 2012 ed è il 2014 e non è ancora accaduto. Ciascuno compra per sé e le “stazioni appaltanti” restano circa 32 mila! Trentaduemila luoghi burocratici/politici che possono decidere di spendere denaro pubblico. E’ dal 2011 che sappiamo e promettiamo non più di cento “stazioni appaltanti”. Promettiamo a chi? Non a noi stessi evidentemente. A noi piacciono molto le 32 mila, piacciono ai funzionari, ai politici, alla Pubblica Amministrazione, e anche alle imprese che vengono pagate tardi, tardissimo. Però vendono a sovra prezzo, lavorano spesso all’inutile, hanno strutturalmente in bilancio il pubblico spreco. E piacciono anche alla pubblica opinione che si compiace e si congratula dei “finanziamenti sul territorio”. Eccone un’altra di riforma italiana: obbligo di spendere senza spreco. Sì, l’anno del mai e il giorno del poi. Ma che siamo scemi a stringere il rubinetto a cui tutti beviamo? Che deve pensare un olandese, finlandese o inglese quando un italiano gli giura che sta mettendo sotto controllo la spesa pubblica e che d’ora in poi vuole spendere sì, anche molto, ma solo per occupazione, innovazione, tecnologia?

Era tanti anni fa, era quasi da sempre e ogni Regione, Comune e Provincia figliava società “partecipate” dalla mano pubblica. Ora non si sa neanche quante siano, da otto a diecimila. Si sa che più della metà sono in eterna perdita. E si sa che molte hanno più consiglieri di amministrazione che dipendenti. E di quelle con molti dipendenti si sa che esistono spesso solo per assumere e distribuire stipendi. Senza accettabile contro partita in servizi e merci. Sono un paio di anni che è pronta, sta per nascere la riforma delle partecipate. Un paio d’anni, campa cavallo…anzi il cavallo che campa si è adeguato all’allungamento dell’aspettativa di vita.

Sono anni, svariati anni, che le imprese italiane pagano l’energia circa il 30 per cento più del resto d’Europa. Sono svariati anni infatti che, come scrive Mario Pirani su la Repubblica, chissà perché il sole italiano costa più degli altri. Infatti lo Stato finanzia il doppio se non il triplo più di ogni altro paese d’Europa il fotovoltaico. Tu metti un impianto, lo Stato ti compra sicuro e a prezzi maggiorati l’energia prodotta. Chi paga? Paga chi paga una bolletta: aziende e famiglie. Ma i furbetti e furboni del pannello in alleanza con la lobby “verde e di sinistra” sono due anni che bloccano la riforma delle sovvenzioni.

Sono anni, molti e drammatici anni, che i giovani in Italia non trovano lavoro se non a redditi quasi da sopravvivenza e a condizioni di estrema precarietà. Ma ogni riforma dei contratti di lavoro (ammesso e non concesso che i posti di lavoro siano figli diretti della legislazione sul lavoro) è sempre e sistematicamente da anni bloccata. Bloccata dai sindacati. Non c’è bisogno di arrivare a quelli dei dipendenti di Camera e Senato che si oppongono al “tetto” di 240 mila lordi annui. Un sindacato in media ogni 80 addetti: feroci mini lobby. Non c’è bisogno di arrivare a tanto né di rammentarsi ogni tanto che in Rai caschi il mondo gli addetti all’ora fissata fanno “pausa pranzo” e se qualcuno all’ora di pranzo ha un ospite in studio che si accontenti dell’inquadratura a telecamera fissa e non si azzardi a chiedere di spostare lo spaghetto. Non c’è bisogno di ricorrere a tali “mostri” del sindacalismo. Basta il day by day, la realtà quotidiana dei sindacati: organizzazioni dedite alla protezione esclusiva di una generazione, quella che il posto di lavoro ce l’ha. Sindacati, fosse per loro lo sviluppo economico da sogno è: tutti in Cassa Integrazione e poi tutti in prepensionamento. Che deve pensare un europeo quando un italiano garantisce che aumenterà la produttività del paese?

Le riforme…Matteo Renzi ha detto che se l’Italia le fa allora la Merkel, l’Europa tutta sono disposte e contente di consentire all’Italia tempi più lunghi per assolvere il fiscal compact (rientro dal debito pubblico) e sconti dal deficit pubblico (non entrerebbero nel calcolo i cofinanziamenti ai Fondi europei o addirittura non verrebbe conteggiato il costo di alcune riforme, ad esempio la Pubblica Amministrazione). Questo lo scambio: riforme in cambio di flessibilità. Questo lo scambio: io cambio i connotati del mio sistema socio-economico e tu/voi mi aiutate in moneta sonante a farlo. Immediato il susseguente dibattito politico in Italia: Renzi bluffa, vende fumo, nasconde sconfitta, torna a casa con pugno di mosche (copyright misto Forza Italia/M5S). Oppure Renzi vittorioso finalmente strappa soldi e porta a casa. Immediata e non casuale la rimozione della condizione prima dello scambio. Prima ancora di sapere se lo scambio è buono o pessimo scambio, la coscienza collettiva italiana rimuove e si compiace di ignorare quel “piccolo particolare”, le riforme da fare.

I più critici e attenti calcolano: tra rispetto dei patti europei e impegni di spesa interni l’Italia “rischia” una “manovra correttiva” per il 2015. E’ un quarto di secolo infatti più o meno che ogni spesso ci tocca una manovra correttiva. Chiunque governi la fa la manovra correttiva, cioè chiede ed estorce soldi per non andare a carte quarantotto, fuori con l’accusa o come più piace dire. E per evitare manovre correttive non basterebbe uscire dall’euro o dall’Europa. Forse nemmeno uscendo dalla galassia. Fino a quando vorremo la stessa libertà e facilità di non pagamento delle tasse o almeno di tasse misurate suol reddito reale (lavoratori autonomi)…Fino a quando vorremo una spesa pubblica volutamente di spreco (le stazioni appaltanti, i Governi locali…con corollario di corruzione)…Fino a quando vorremo finanziate e incentivate a spese dell’utente e contribuente lobby e gruppi di pressione (auto trasporto, fotovoltaico, filiere del commercio)…Fino a quando vorremo sindacati dediti alla persecuzione sistematica della produttività…Fino a quando vorremo il costo, il conto di queste e altre consimili nostre abitudini e certezze acquisite…Fino ad allora i nostri conti saranno insostenibili. Insostenibili nell’euro e fuori, in Europa e fuori, insostenibili sul pianeta Terra.

Fino ad allora e sempre arriverà la “manovra correttiva”. La più grande delle quali e anche la meno pianta e lacrimata dalla “gente” è stato finora l’esproprio-rapina di reddito e status e habitat nei confronti dei nati dopo il 1975. Per questi non c’è nulla, per loro non c’è forma nell’Italia senza riforme. Ma questa manovra correttiva non ci allarma e non ci fa lacrimare, abbiamo corretto il rapporto tra generazioni: quella che se ne va si mangia tutto prima di lasciare eredità a quella che viene. Simpaticamente impegnati in questa manovra correttiva la sinistra del Pd, i preoccupati dell’autoritarismo del premier, i dissidenti democratici al Senato, il cuore, la polpa e l’anima del MoVimento Cinque Stelle, l’astro nascente dell’ultra destra italiana ed europea Matteo Salvini con la sua Lega, il nocciolo vero e duro di Forza Italia alla Renato Brunetta, lo stato maggiore della Cgil sotto l’illuminata guida di Susanna Camusso, gli antagonisti anti Europa alla Tsipras, da Tsipras fino ai Centri Sociali, i No Tav, i No Muos, i No Tutto, lo stato maggiore del fascismo contemporaneo anti Europa (Forza Nuova ed affini)…Una roba di popolo, non c’è che dire. Popolo che vuole, esige, aspira, pretende, sogna che l’Europa…Purché non gli si ricordi a questo popolo quel “piccolo particolare delle riforme”. Se glielo ricordi, l’italiano si turba, si altera, si offende, ovviamente a morte.