ROMA – Mettiamo che domani, già da domani mattina per intervento divino diventino tutti onesti, onestissimi e che nessun eletto nei consigli regionali, comunali e provinciali, nessun eletto e nominato in Parlamento, nessun nominato dai partiti nelle settemila società pubbliche si metta in tasca privata un solo euro di denaro pubblico. E mettiamo pure che già da domani mattina ci sia votata, varata e vigente una splendida legge anti corruzione che la corruzione pubblica e privata stronca. Mettiamo che il mondo diventi d’improvviso e d’incanto il migliore dei mondi possibili. Bene, nel migliore dei mondi possibili non c’è posto comunque per una politica così ricca e piena di soldi come quella italiana.
Anche se non rubassero un euro, e in effetti chi non ruba c’è anche se si stenta a crederlo, perché il cittadino deve pagare con le sue tasse la cena, politica s’intende, dell’assessore, consigliere o deputato? Perché deve essere a carico dell’erario pubblico ogni forma, mossa, starnuto o colpo di tosse della politica e dei politici? Pagar loro le campagne elettorali passi, anche se sarebbe gradito non si facessero “rimborsare” come oggi il triplo o il quintuplo di quanto hanno davvero speso in propaganda elettorale.
Pagar loro le giuste retribuzioni certo. Giuste però, che un consigliere regionale possa intascare dai ventimila netti in su è invece un pubblico invito alla mala e alla pessima politica. Ma perché bisogna loro pagare il convegno, il manifesto, la cena? Il “rapporto con gli elettori” è già abbondantemente pagato dai “rimborsi” elettorali e dagli stipendi ed indennità degli eletti e nominati.
E non è una questione morale. Anzi a metterla sulla “morale” e sulla lotta ai corrotti e alle “mele marce” si finisce per propalare un grande e dannoso equivoco. Equivoco che nascerà dalla migliore buona fede del mondo, però equivoco fuorviante resta. L’equivoco? Dalla scoperta, ma chi voleva saperlo poteva saperlo da anni, che le Regioni sono idrovore di pubblico denaro che va ad innaffiare tutti gli “orti” dei partiti e della politica, dalla scoperta che nelle Regioni, ma anche altrove, i partiti e la politica si assegnano da soli una “stecca” di denaro pubblico, quella che una volta dovevano andare a cercare in giro come tangente, non nasce l’urgenza di una legge anticorruzione. Vien fuori, esonda, prorompe invece l’urgenza di dare meno soldi alla politica, tutta.
La legge anticorruzione che l’Italia non ha e che il centro destra sia al governo che all’opposizione ha sempre avversato, sarebbe, se arrivasse, una buona cosa. Ma è un regolamento più o meno efficace per un mondo normale, una rete che acchiappa, o almeno fa inciampare, una certa fauna di corrotti e corruttori, insomma animali normali e relativamente diffusi.
Ma la politica italiana, i suoi partiti, la sua gente, i suoi eletti sono diventati qualcosa d’altro dalla fauna normale. Sono diventati qualcosa di enorme come un elefante per dieci, facciamo un dinosauro. Qualcosa di vorace come una colonia di roditori. Qualcosa di territoriale come una famiglia di plantigradi. Qualcosa di onnipresente come insetti nell’aria. Qualcosa di indicibile come è indicibile il governatore della Calabria Scoppellitti che oggi, proprio stamattina, andava in giro a dire che quanto accaduto è la prova che alla Regioni vanno dati più soldi.
La politica italiana è diventata una “bestia” che non si può più ammansire, addomesticare e neanche amputare delle “mele marce” come si trattasse di spulciare un gorilla. Al contrario, qui e subito, la “bestia” va affamata. E a chi dice che questa era ed è la parola d’ordine della destra americano contro lo Stato e il Welfare, va allora ricordato che la “bestia” da affamare in Italia è la politica, se poi loro identificano Stato e Welfare con partiti, consiglieri, assessori e parlamentari, allora questa è la prova del nove che la “bestia” si sta mangiando tutto, anche le coscienze e gli intelletti.
Pierluigi Bersani ha detto: “Rivedere i soldi che vanno alle Regioni”. Ma davvero il Pd si muoverà in questo senso? Vedremo. Il governo fa trapelare su tutti i giornali che ci vuole il “colpo d’ala” e che non se può più e che all’estero ricominciano a schifarci dopo breve intervallo e tregua. Il capo dello Stato parla di “malversazioni intollerabili”. Temiamo, c’è da temere siano colpi sparati a salve se non inquadrano il bersaglio giusto. Che non è la politica ladra, ma la politica ricca di cui quella ladra è inevitabile e conseguente figlia.
E’ in grado il governo di dire, subito, da domani mattina e per decreto che le Regioni italiani avranno quattro miliardi di euro in meno di denaro pubblico all’anno, a tanto ammonta la differenza tra quanto spendono per se stesse e quanto è la spesa media per il funzionamento di apparati analoghi? Quattro miliardi da togliere subito non alla sanità gestita dalla Regioni e neanche agli altri servizi in capo alle Regioni, quattro miliardi da togliere alla disponibilità interna che le Regioni hanno e fanno di denaro pubblico? E’ in grado Monti di sparare non a salve e sul bersaglio giusto?
Sono in grado i partiti, anche quelli come il Pd, Sel e l’Idv che vogliono la legge anti corruzione mentre il Pdl fa resistenza, di appoggiare un governo che togliesse domani quei quattro miliardi? O anche questi partiti, decisamente meno popolati da corrotti, sono però tossicodipendenti da pubblico denaro? Giorgio Napolitano di certo sa che la questione è la politica schifosamente e insostenibilmente ricca e non la pur benemerita caccia al politico ladro. E, se lo sa, perché non lo dice chiaro e preferisce buttarla sul generico della lotta alla corruzione?
Fino a che farsi eleggere o nominare in qualunque assemblea o consiglio sarà, risulterà alla fine conti alla mano un “investimento” capace di remunerare una ingente spesa iniziale dell’ordine di almeno centinaia di migliaia di euro, la politica sarà abitata per ogni dove dai vari Fiorito, e anche e soprattutto dai vari Abbruzzese. Funziona così: con decine, centinaia di miglia di euro sul mercato prendi migliaia, decine di migliaia di voti. E quindi negli anni della legislatura o consiliatura “rientri” delle spese e ci guadagni pure perché la politica ricca può assegnarsi più soldi pubblici di quanti il candidato non abbia speso.
Se poi il “rientro” sia morale perché fatto solo di convegni politici (ma chi può davvero crederci?), se sia morale perché non prevede come prima finalità l’arricchimento individuale ma solo la robustezza e la compattezza della mini lobby di riferimento, o se il “rientro” sia immorale perché finisce in ostriche, puttanate e puttane, non è certo la stessa cosa. Ma sempre “rientro” è garantito da una politica ricca che va invece subito affamata.
E non per farla diventare “buona”, perché la politica è l’esatto specchio della società e se la politica che c’è buona non è nemmeno esiste una “gente buona” dalla politica tradita. Va affamata e neanche tanto per punirla perché per un ladro che metti dentro cento ne spunteranno dai partiti e mille dalla società civile a rimpiazzarlo fino a che la politica è un affare. Va affamata la politica qui e adesso fino a che non perderà i suoi attuali connotati di “bestia”. Una volta tornata normale, dopo la fame, la politica servirà come il pane al paese. Per questo affamare la bestia va fatto.
Al confronto avere una legge che più di ora punisca i corrotti se e quando li becchi è ben modesto programma. Un po’ come quando si vietò ai politici di farsi pubblicità elettorale sui giornali oltre una certa cifra di spesa, infatti, ricchi come sono, i politici sono passati a comprarsi direttamente interviste ed intervistatori un tanto all’ora.
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