Monti portò l’oro di due riforme. Poi solo incenso e…birra

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 5 Aprile 2012 - 13:36 OLTRE 6 MESI FA

Susanna Camusso (Cgil) a pranzo con Mario Monti

ROMA – Fa una qualche impressione dirlo in quasi totale solitudine ma il mercato del lavoro italiano con la “storica” riforma (qui il testo integrale) del mercato del lavoro” ci fa la… Birra. Birra sgasata perché i nuovi ammortizzatori sociali, insomma l’Aspi al posto della Cassa Integrazione cioè l’aiuto e il sostegno a chi cerca nuovo lavoro e non più il sussidio a chi resta attaccato al fantasma del posto di lavoro che non c’è più, arrivano nel 2017.

Perché le finte partite Iva dietro le quali si nasconde e camuffa il lavoro dipendente sottopagato (vogliamo dire come più non si dice: sfruttato?) restano in vita almeno per un anno. Perché nonostante la corsia giuridica preferenziale per le cause di lavoro quanto tempo ci vorrà davvero per avere sentenza ultima e definitiva resta un’incognita. Perché il “reintegro” giusto o sbagliato che sia resta nel corpo dei contratti di lavoro: virus nocivo o vaccino salutare che sia è stato depotenziato ma c’è. E soprattutto perché ci vuole molta fantasia per pensare che la “storica” riforma faccia da levatrice o da culla, oppure da tomba e da boia, di posti di lavoro vecchi e nuovi. Per i prossimi anni tutto resterà in termini di occupazione e disoccupazione come prima. La birra è sgasata e sarà servita anche calda e, si sa, la birra fredda ristora, quella calda è peggio che bere acqua.

Due erano le questione, due le domande, ad entrambe è stato risposto con un No. Può oggi un’impresa conoscere con precisione o almeno con la “prevedibilità” cara a Monti quanto le costa un investimento in risorse umane, insomma in assunzioni, nel caso l’impresa non vada o debba ristrutturarsi o debba cambiare produzioni e mansioni? La risposta è stata un No da parte delle forze sociali che nella trattativa hanno rappresentato i lavoratori, insomma i sindacati. E il governo questo No l’ha incassato, come un buon pugile che incassa il colpo, ma resta sempre un colpo preso e non dato. Seconda domanda: le imprese sono disposte a investire e rischiare sul capitale umano, sul lavoro qualificato rinunciando al lavoro precario, sotto pagato e non qualificato? La risposta delle altre parti sociali, Confindustria, Rete Imprese, Abi, Confcommercio e via elencando è stata un No. E il governo ha incassato anche questo. E i partiti, il Pdl, il Pd e il Terzo Polo che hanno sottoscritto e controfirmato la “storica” riforma? Hanno pensato, agito e messo nero su bianco in termini di difesa del loro elettorato. Il come creare nuovo lavoro è rimasto sostanzialmente fuori dal loro orizzonte.

La birra… Altro andrebbe fatto. Ma sarebbe un cambiare i connotati al Paese e di questa impresa nessuno sembra avere la forza se non la voglia. La questione è, per dirla in slogan, lavorare meglio, lavorare tutti. Oggi in Italia si lavora male nel senso che il costo per unità di prodotto è intollerabilmente alto. Mentre intollerabilmente bassi sono i salari. Assumere o licenziare è paradossalmente problema marginale: fare impresa in Italia costa troppo a chi la fa e paga poco a chi lavora. Perché il sistema delle imprese e il salario del lavoro dipendente devono portare sulle spalle il peso di milioni di italiani che vivono non sempre malissimo di intermediazione, di burocrazia, di denaro pubblico.

Le intollerabili spese della politica e soprattutto il suo “indotto”, il fardello della Pubblica Amministrazione, le sovvenzioni a ceti e gruppi. Se si vuole che in Italia si possa fare impresa, se si vuole che ci siano nuovi posti di lavoro occorre per via fiscale rendere l’impresa meno costosa e il salario più alto. Non si può e non si deve fare creando altro debito pubblico. Quindi bisogna togliere, sì proprio togliere, qualche decina di miliardi dalle tasche di milioni di italiani in carne e ossa per trasferirli in altre tasche di milioni di italiani con nome e cognome. E non perché alcuni siano più meritevoli o bisognosi di altri ma perché il peso e il costo di alcuni milioni di italiani soffoca le scarse possibilità di rispesa economica e del Pil mentre meno tasse sul lavoro e sull’impresa rendono possibile, almeno possibile la ripresa della produzione di ricchezza.

Ma da quanto si sa della prossima “delega fiscale” del governo e da quanto filtra della prossima anch’essa ma lentissima “spending review”, l’albero storto del fisco italiano sembra destinato a restare tale, al massimo si pota un rametto. E dei cento e forse più miliardi di spesa pubblica politico-sociale si spera di tagliarne niente meno che due, forse quattro. No, di cambiare i connotati al Paese non se ne parla. E si può anche capire, sarebbe una “rivoluzione”. Ma senza una “rivoluzione” della spesa e del fisco la ripresa economica, cioè i posti di lavoro, non ci saranno. La “birra” potrebbe anche servire, se ci fosse il nuovo cibo, le nuove pietanze, la nuova cucina e, diciamolo pure, i nuovi posti a tavola. Tavola da cui si dovrebbero far alzare quelli che ora ci stanno comodi e sedere quelli che fanno o tentano di fare attività produttiva e innovativa. Altrimenti, come si è detto, è birra sgasata e calda e ai prossimi anni…beato chi ci arriva.

Eppure, prima della birra, il governo Monti aveva portato oro, anzi due ori. Ad un paese ipocrita e ad una politica tremebonda e irresponsabile aveva portato una patrimoniale, una patrimoniale sulla casa. Prima che arrivasse tutti la chiedevano, “gente” compresa quando le veniva domandato nei sondaggi. Da quando è arrivata è un mare di lacrime cadenza bisettimanale con un sistema di comunicazione di massa iper ansiogeno che annuncia ogni tre giorni la “stangata” e il “salasso”. Che c’è, per carità. Ma è sempre lo stesso ed è sempre quello, deciso e votato in  inverno, sarà pagato in estate. Viene pianto due volte a settimana. La patrimoniale sulla casa è stata “oro” di verità, responsabilità, necessità. L’altro “oro” è stata la riforma delle pensioni. Non solo e non tanto perché fa spendere meno in previdenza ma perché è stata un atto di giustizia ed equità sociale ponendo uno stop alla rapina generazionale per cui si andava in pensione di fatto a neanche 60 anni facendo finta di non sapere che quelli che verranno dopo avrebbero pagato il conto.

L’oro e anche l’incenso. Incenso che avvolge il governo Monti. Incenso che emana da due turiboli. L’uno indiscutibile e genuino: le possibili alternative a questo governo. I partiti politici continuano ad esprimere personaggi e parole oltre il grottesco: Di Pietro che intesta i suicidi al concorrente elettorale, Bossi che nella migliore delle ipotesi è stato trattato dalla famiglia stretta e allargata come un vecchio nonno che non sa e non capisce, Vendola che nella sua Puglia batte tutti i primati nazionali di spesa pubblica. Sono queste le opposizioni. E i successori designati, il Pdl di Alfano, il Pd di Bersani, il Terzo Polo di Casini sono nel migliore dei casi degli attenti guardiani e aspiranti garanti di un mondo che non c’è più. Il secondo turibolo di incenso è quello connaturato all’italica cultura.

Prendete una telecronaca di una partita di calcio che oppone una squadra italiana ad una straniera: il cronista sarà sempre corrivo e complice dei “nostri”, gli viene naturale, lo considera doveroso. Ecco, le cronache politiche sono della stessa pasta: corrive e complici. Per Mario Monti e da Mario Monti due ori, l’oro di due riforme, poi solo incenso e…birra. Birra che non è un refuso, birra che non sarà mai l’evangelica e biblica mirra fino a quando un governo, una maggioranza, un paese, una società non decideranno con fermezza e dolore di togliere a chi dal soldo pubblico ha troppo per dare a chi dà troppo al pubblico fisco. Volete un esempio, piccolo piccolo? I soldi per riparare una scuola cadente nessun Comune li avrà mai se nel frattempo quel Comune si tiene un’azienda di trasporti locali dove si pagano troppi e inutili stipendi. Volete un’impresa edile e un laboratorio di ricerca, volete che la gente lavori lì, in cantiere e nella formazione e ricerca? Allora dovete volere che altra gente perda il lavoro improduttivo e di rendita. Altrimenti è…birra.