Olimpiadi non ce le avrebbero date comunque, rimpianto di stecca perduta

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 15 Febbraio 2012 - 11:50 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Le Olimpiadi del 2020 a Roma le puoi già vedere in carne, ossa, polpa e scheletro. Le puoi vedere oggi, ogni giorno del 2012, e non c’è bisogno della macchina del tempo. Basta arrivare in autostrada dal sud, da Napoli, Bari, Reggio Calabria. Casello di Roma-Sud dell’autostrada del sole, casello con una ventina di varchi che si offre alla vista completa perché la strada conosce un ultimo paio di chilometri in discesa che consentono ampio orizzonte. Tanto ampio che dopo lo schieramento dei caselli l’automobilista viaggiatore nel presente vede anche una “cosa” bianca i neanche tanta lontananza. Una “cosa” alta e bianca poggiata, sembra a caso, appunto sull’orizzonte. Una piramide pubblicitaria? No, troppo grossa e spessa. Un ghiacciaio? No, anche se somiglia non può essere. Una nuvola? No, sta ferma e immobile. Un effetto ottico, una rifrazione della luce, un miraggio? Nemmeno, la “cosa” sta sempre lì e la vedono tutti. La “cosa” è la “Vela” orfana della gemella dell’architetto Calatrava, la “cosa” è un palazzo, no un intarsio curvo di cemento, no un mastodontico “Lego”, no un non si sa cosa sia la “cosa”. Ma sta là: sta a Tor Vergata una “cosa” tirata in piedi per i Mondiali di nuoto del 2009. Tirata in piedi spendendo 256 milioni di euro, 120 di più del preventivo. E 500 milioni di meno di quanti ce ne vorrebbero ancora per completarla. Una “cosa” inutile e abbandonata da 236 milioni di euro.

Ma, a guardar bene la “cosa”, non è stata uno spreco e non è stata neanche inutile. Il suo lavoro la “cosa” l’ha fatto ed è il lavoro che doveva fare la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. Non spendere dieci, quindici miliardi di euro che tanto le Olimpiadi a Roma non ce le avrebbero date comunque, molto difficilmente il Comitato Olimpico Internazionale avrebbe assegnato i Giochi a Roma. Arretratezza del sistema dei trasporti pubblici, inadeguatezza della viabilità e altri concreti fattori “giocavano” contro l’assegnazione. Lo sapevano tutti in Italia, anche tutti quelli che hanno fatto finta di non saperlo, il Comune di Alemanno, il Coni di Petrucci, la Confindustria romana, il Pdl soprattutto nella sua versione capitolina. Lo sapevano tutti che le Olimpiadi non ce le avrebbero date comunque, il vantaggio, l’affare e l’obiettivo della candidatura non era averle davvero le Olimpiadi, era avere il via a lavorarci sopra. Era avere il via a far girare subito, qui e subito qualche centinaia di milioni di euro, magari si poteva arrivare a un miliardo. Proprio come si è fatto con la “Vela” di Calatrava a Tor Vergata, operazione non fallita ma perfettamente riuscita: 236 milioni da far girare ed in effetti hanno girato.  Altro che spreco inutile, sì, non serve a nulla e la “cosa” è un nulla. Ma ha mosso 236 milioni e questa è stata la vittoria.

Funziona così, ultimo esempio proprio ieri in Consiglio Regionale della Campania: si vota e si delibera la costruzione dell’aeroporto di Caserta-Grazzanise. Costo un miliardo che probabilmente nessuno metterà mai. Aeroporto a 37 chilometri da quello di Capodichino. Aeroporto che non serve a nulla e che, dicono gli stessi fautori dell’opera, se davvero si facesse, entrerebbe “a regime” tra venti anni. Ma non sono stupidi e spreconi quelli che l’hanno votato. Avevano un obiettivo preciso e l’hanno raggiunto: 50 milioni da spendere cash e subito per progetti e consulenze. Era questo l’obiettivo.

In grande era questo l’obiettivo da raggiungere con la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020: muovere una “miliardata” e tanti saluti alle Olimpiadi anche se non ce le davano davvero. Ed è questa “miliardata” che oggi piangono, è questo il rimpianto, il rimpianto della “stecca” perduta.

Stecca o “incentivo all’economia” con molti pretendenti e quindi con molti “tentati” di distribuirla. Mozioni parlamentari a favore della candidatura erano state presentate dal Pdl, dal Pd, dall’Udc , parole “buone” sulla candidatura erano state sottoscritte da Bersani, Alfano e Casini. Scrivono i giornali che Mario Monti non ha obbedito al primo comandamento della politica e cioè cercare il consenso. In realtà il no del governo a firmare la cambiale in bianco Olimpiade il consenso della pubblica opinione sembra averlo con percentuali che vanno oltre il novanta per cento. Al altro comandamento Monti non ha obbedito: cercare il consenso della politica. Quale politica? Quella che l’altra sera invocava in tv Renata Polverini, Governatore del Lazio. Diceva: “Qui ci voleva la politica, qui se ne è sentita la mancanza”. Rimpiangeva la Polverini insieme a tanta parte della politica la “miliardata” smarrita, quella politica che una settimana prima aveva visto la stessa Polverini stupirsi e indignarsi perché non trovava chi le fornisse pale per spalare la neve se non dopo avvenuto pagamento via visibile bonifico. La politica dell’ora spendo e poi si vede se e chi paga, questa è la politica che è venuta a mancare.