On. Bobbitt ladies: un Boldrini maschio con quel curriculum sarebbe presidente?

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 11 Marzo 2014 - 16:11 OLTRE 6 MESI FA
Lorena Bobbitt nel 1993 tagliò il pene al marito con un coltello da cucina, divenendo un caso mediatico mondiale

Lorena Bobbitt nel 1993 tagliò il pene al marito con un coltello da cucina, divenendo un caso mediatico mondiale

ROMA – La domanda l’ha fatta pari pari e l’ha stampata sul suo giornale una donna, Maria Teresa Meli chiede sul Corriere della Sera: “Se un uomo avesse avuto alle spalle solo il curriculum di ex portavoce ex Unhcr della pur brava Laura Boldrini, avrebbe vinto la poltrona di presidente della Camera?”. La risposta realistica e onesta alla domanda che la giornalista definisce “urticante per noi donne” è un secco no. No, con quel curriculum un uomo non sarebbe diventato presidente della Camera.

Laura Boldrini presidente della Camera lo è diventato perché serviva a Bersani una donna, possibilmente molto di sinistra e non del Pd, per fare il paio con l’uomo Grasso presidente del Senato. In quel caso l’esser donna non ha discriminato la Boldrini, anzi è stata l’unica vera, acclarata e decisiva professionalità, competenza e qualità della candidata. Con la Boldrini presidente il picco, l’acme della scena che c’è in ogni riunione politica: sì, va bene ma serve una donna per completare la rappresentanza…l’esser donna “promosse solo grazie a questo poco lodevole criterio” come scrive ancora Maria Teresa Meli.

“Poco lodevole criterio” l’esser donna e basta secondo la Meli. Non così secondo la gran parte delle parlamentari, in testa quelle del Pd, dalla Bindi alla Finocchiaro passando per la Moretti e tante altre. Ma anche quelle di Forza Italia Prestigiacomo in testa, anche se non tutte. Per la gran parte delle donne parlamentari l’esser donna è invece criterio assai lodevole e criterio che basta a se stesso. Rosy Bindi vede addirittura una violazione della Costituzione (e perché no dei diritti naturali?) nella non obbligatorietà per legge che la metà dei parlamentari siano donne.

Il perché alle parlamentari, quasi tutte, l’esser donna appaia come lodevole e bastante a se stesso criterio lo spiega un’altra donna, stavolta su La Stampa. Scrive Elisabetta Gualmini: “Siamo sicure che le quote servano a rappresentare la variegata esperienza dell’universo femminile oppure a dare più spazio a potere ad una quota di ceto politico di professione? Il dubbio può sorgere”. Eccolo il dubbio: chi è stato sconfitto l’altro giorno alla Camera, le donne tutte, la democrazia, o la lobby delle donne parlamentari?

La Gualmini chiede ancora: “Perché devono essere elette per forza metà donne?”. Già, perché? Per la parità di genere si risponde con fierezza rivendicativa. Bene, la parità di genere c’era e c’è nella legge elettorale in discussione prima che nascessero gli emendamenti e il movimento rosa-bianco delle parlamentari. Infatti nessuno lo ricorda e quasi nessuno lo scrive ma nella legge c’è il 50 per cento delle candidature femminile e il 50 per cento della candidature femminili. Ma è stato osservato che la “quota rosa” in partenza non garantisce analoga quota in arrivo. Quindi non si vuole pari opportunità, che c’è. Si reclama la garanzia  di pari posti alla fine della corsa. Si vuol esser certe in partenza del risultato, un po’ quel “ti piace vincere facile…”. Amara ironia a parte, questa “valore non negoziabile” della metà dei posti garantiti in partenza e in arrivo alle donne è molto più rivendicazione di lobby, di “genere” lobby, che presidio di libertà generale.

Non a caso la metà dei seggi parlamentari assegnati obbligatoriamente per legge alle donne non ce l’ha, non se l’è data e voluta dare nessuno al mondo. Non gli scandinavi, gli svedesi, norvegesi e danesi che pure conoscono e apprezzano forme sociali di autentico matriarcato. Non gli anglosassoni, non gli inglesi, gli statunitensi. Nessuno. Anzi il numero delle parlamentari donne guarda caso risulta più alto in percentuale là dove la cultura della parità promuove entrambi i sessi e non dove la legge pretende di normare, garantire l’esito finale “per genere” della competizione elettorale.

Due donne, la Meli e la Gualmini, hanno avuto l’onestà, il coraggio e gli attributi intellettuali per dire come stanno le cose, per porre le questioni vere. Spiace che plotoni di agguerritissimi giornalisti e commentatori politici, di quelli che nulla temono e nessun santuario ritengono inviolabile alla critica, spiace che a plotoni abbiano preferito fare i pesci in barile. In maggioranza maschi, ma anche donne, per pigrizia intellettuale o per pavidità o per non aver grane o per non impelagarsi o per non diventar bersaglio…A plotoni hanno favorito la diffusione nella opinione pubblica che la questione fosse quella di dare pari diritti alle donne candidato mentre la questione era se dare la metà dei seggi parlamentati garantiti in partenza alle donne candidato. A plotoni hanno fatto finta di non sentire.

Non sentire cosa? Non sentire la profonda verità nelle parole della deputata Giuditta Pini che esclamava: “Lo spirito di Lorena Bobbitt turbi le vostre notti”. La Bobbitt, quella che tagliò il pene all’uomo e lo gettò via come fosse un rifiuto. La Bobbitt, l’eroina Bobbitt. Alla Pini e alle altre non poche Bobbitt ladies quel volar del pensiero alla punitrice del maschio, a chi al maschio infligge la somma punizione, vien naturale. E’ lì la radice del conflitto, il vero campo di battaglia. Siamo, restiamo a donne contro uomini e viceversa. Per un verso come all’asilo, peggio che all’asilo. Senza che i portatori di “genere” immaginino mai di poter essere altro dal “genere”, ad esempio cittadini, elettori, umani. Per altro verso, secondo uso e costume della società contemporanea, siamo e restiamo a donne contro uomini e viceversa in forma di lobby di interessi, società glacificata che urta banchisa contro banchisa.

Spiace, spiace molto leggere il giorno dopo qualificate panzane del genere: Berlusconi e Renzi hanno fermato la parità dei sessi, guai soprattutto per il Pd. E perché mai solo per il Pd? E M5S che ha votato compatto contro il Movimento rosa.bianco? M5S non conta? Ed esiste forse, anzi esistono due Pd in coalizione tra loro, uno dei maschi e l’altro delle femmine? E ci vuole davvero un “inciucio”, una ignobile riedizione della carica dei 101 “traditori” per voare contro il Parlamento, contro l’obbligo per legge che metà dei parlamentari siano donne? Fanno parte dell’inciucio le leggi elettorali dei paesi di tutto l’Occidente democratico?

No, un Boldrini maschio con quel curriculum non sarebbe presidente della Camera. La Boldrini che presidente lo è in quanto donna e solo in quanto donna in fondo se lo ricorda e lo ammette quando esterna “profonda amarezza” per non essere diventata legge obbligatoria il suo di cursus honorum. E che solo di “donnità” si tratti e non di diritti delle donne lo conferma nel suo piccolo la reazione lobbystica della Boldrini di fronte alla Virginia Raffaele che imita Maria Elena Boschi. La Boldrini ha parlato di “sessismo”, sessismo per un’imitazione che faceva solo sorridere e ha fatto sorridere anche la presunta vittima di sessismo, cioè la Boschi. Perfino Michele Serra, perfino Serra dalla sua “Amaca” su La Repubblica ha sentito il bisogno di segnalare alla Boldrini che il troppo stroppia. Meli, Gualmini, Serra…tutti traditori, tutti affiliati dei Malefici 101?