Otto governate e mezzo, 100 giorni. Monti destra o sinistra? 40% non sa

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 21 Febbraio 2012 - 15:30 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – A giorni son cento giorni, l’età del governo Monti. In cento giorni…otto “governate e mezzo”. Se siano state necessarie, giuste e prolifiche di un paese migliore oppure obbligate, parziali e storte ognuno può cimentarsi in non facile giudizio. Di certo sono state tante quante mai avevano fatto i governi da quasi venti anni a questa parte. Il ritmo delle “governate” è stato ed è incalzante e frenetico. Passo di corsa e sequenza accelerata di passi che ha sollevato polveri e pulviscoli di un’opinione pubblica polverosa, frantumandola in frammenti che vanno a ricomporsi in figure nuove del consenso e del dissenso. Di questo vedremo, per ora stiamo all’elenco delle “governate”.

Prima, le pensioni. Da quasi venti anni ogni governo prima di questo sapeva che le pensioni, tutte le pensioni, prima o poi dovevano essere calcolate e pagate con il metodo contributivo e che l’età per andare in pensione, l’età vera e non fittizia, doveva salire di almeno un lustro, cinque anni rispetto alla media effettiva di un paese che andava in pensione a 59 anni. Lo sapevano tutti ma tutti erano d’accordo che nessuno poteva farlo. Era regola comunemente accettata che chi l’avesse fatto si sarebbe rotto la testa e le ossa. Quindi nessuno lo faceva. Questo governo lo ha fatto. Non ha certo convinto tutti nel farlo, i sindacati ancora masticano amaro e molti pensionandi nel paese nutrono risentimento e rancore. Ma lo ha fatto ed ora il sistema previdenziale italiano è non solo finanziariamente sostenibile ma anche, giusto o sbagliato che sia, molto più equo ed eguale per tutti di quanto non fosse prima. Pensioni, era giudicata una missione impossibile. Ora, bene o male, è una missione compiuta.

Seconda, le tasse, quelle da far pagare. Al solo pronunciare la parola “patrimoniale” i governi da quasi venti anni si arrendevano e si ritraevano. Convinti, sicuri che sarebbe stata una rovina politica, anzi elettorale. E comunque ancora una volta una sociale missione impossibile. Con la reintroduzione della tassa sulla casa, con quella sugli investimenti finanziari e sui depositi bancari, una “patrimoniale”, anche se minima e sparsa, è arrivata. Atto di rapina o atto di giustizia che la si voglia giudicare, è stata la seconda “governata”. Giudicata impossibile per ogni governo italiano, eppure fatta.

Terza, l’evasione fiscale. Con la tracciabilità dei movimenti di denaro sui conti correnti, con la sequenza di ispezioni fiscali negli esercizi commerciali e con altri strumenti di legge e comportamenti concreti, l’evasione fiscale giudicata non solo imbattibile ma perfino invulnerabile in Italia è stata messa in relativa, piccola difficoltà. Ma in difficoltà: da settimane si fanno più scontrini ovunque e la rassegnazione all’evasione di massa sempre e comunque ha ceduto il passo ad altro “sentimento” sociale. Qualcosa contro l’evasione è stato fatto, si vedrà poi se vale cinque o dieci o quindici miliardi di euro. Pochi rispetti ai 130 di evasione da tutti stimati, un’enormità rispetto alle abitudini consolidate degli ultimi venti anni o quasi.

Quarta, la trasparenza. Ci hanno messo quasi tutti i cento giorni ma alla fine i redditi e i patrimoni dei ministri sono diventati pubblici. Un governo di ricchi, ma di ricchi che pagano le tasse. E di ricchi che non si sono arricchiti con la politica. Non sono certo dei santi o dei missionari, ma quel che sono, nel portafoglio, e come e perché lì son diventati quel che sono ora è finalmente pubblico. Così pubblico come non lo era mai stato.

Quinta, la Chiesa e non solo la Chiesa. Far pagare l’Ici alla Chiesa e anche ai partiti, ai sindacati, ai “Circoli” privati. Impossibile fino a ieri camminare su questo terreno minato senza esplodere e saltare in aria. La Chiesa, i partiti, i sindacati e i Circoli pagheranno un po’ di Ici/Imu e nessuna mina è esplosa, gli uomini del Vaticano hanno detto sì.

Sesta, la concorrenza. Sono poche e incerte le liberalizzazioni delle professioni e dei servizi e alcune fortemente contestate. Ma al concorrenza è uscita dal recinto del “dover essere” che non sarà mai ed è diventata tentativo di governo.

Settima, la credibilità. In Europa, sui mercati finanziari, negli Usa. Credibilità vuol dire credito, cioè denaro, moneta corrente. Che sia o meno ben riposta, che sia illusione ottica o sperimentata sostanza, in questi cento giorni l’Italia ha riguadagnato un capitale perduto e disperso, anzi cento giorni fa ridotto a zero.

Ottava e ultima “governata”, la reintroduzione perfino ostentata del principio di responsabilità. Rifiutarsi di firmare la cambiale in bianco per le Olimpiadi è stato gesto tanto politicamente scomodo e impopolare tra i partiti quanto in sintonia con il buon senso, appunto responsabile. Scelta che alla pubblica opinione non a caso è piaciuta, forse anche perché ne è rimasta sorpresa, nessun altro governo l’avrebbe fatto.

Otto “governate e…mezzo”. Anzi tre volte mezzo. Il primo “mezzo”, ancora le tasse. Stavolta da alleviare, per qualcuno e non per tutti. L’idea che si potessero abbassare le tasse due mesi dopo averle alzate era ingenua e propagandistica. Nasce invece un “Fondo” nel quale nel 2012 e nel 2013 verranno riversati i soldi che si faranno pagare e scucire agli evasori. Con quel “Fondo” non si pagherà una diminuzione dell’aliquota minima dell’Irpef, operazione costosa e suscettibile di ingiustizia sociale e fiscale: ai confini dell’aliquota minima si addensano le dichiarazioni fiscali di buona parte dell’Italia che evade le tasse. Con quel “Fondo” nel 2014, ma forse anche prima come ha appena precisato Monti, si aumenteranno le detrazioni per i lavoratori dipendenti e per i figli a carico. Il principio è: se nel “Fondo” i soldi ci sono, allora vanno alle detrazioni, quelli che ci sono, non di più, non di meno. Non è ancora una “governata”, vale solo un mezzo, una metà.

Il secondo mezzo, la seconda “mezza governata” è il lavoro. I contratti di ingresso al lavoro e le regole di uscita: le assunzioni e i licenziamenti, la precarietà, la cassa Integrazione, l’indennità di disoccupazione. Allo stato è ancora meno di una metà. Se sarà, sarà tra due anni. E non è detto che sia senza contrasti durissimi. Entro marzo sapremo se il governo si ritira, rinuncia, sfuma oppure se rischia o addirittura risolve.

Il terzo mezzo, la terza “mezza governata” è la spesa pubblica. E’ in corso l’analisi della spesa, il tentativo di individuare non aree di taglio ma di spreco. Da qui il governo deve, vuole tirare fuori una decina di miliardi. Che, aggiunti agli altrettanti da recupero dall’evasione e da circa altrettanti ancora da una diminuzione della spesa per interessi sul debito dovrebbero costituire la massa d’urto per portare l’Italia fuori dalla recessione nel 2013 insieme al pareggio di bilancio per lo stesso anno. Un’altra missione impossibile quella della minor spesa pubblica senza tagli di servizi e investimenti. A nessun governo finora, ammesso che l’abbia tentata, è finora riuscita.

Cento giorni, otto “governate”, tre enormi incompiute o lavori in corso si vedrà. E due “indicatori” che predicano l’un contro e l’altro a favore di Monti: benzina a quasi due euro al litro, duecento punti in meno di spread.  Che effetto tutti insieme hanno fatto, stanno facendo? E’ stato come sbattere un tappeto, come scuotere un abito da lungo tempo in armadio. Grande polvere. Che va depositandosi. Un “coagulo” e qualcosa di più va chiaramente formandosi a sinistra, a sinistra del governo Monti, ad una sinistra politica, sociale e d’opinione per cui quello di Monti è “un governo di destra”. Massimo D’Alema dice che è una discussione e una definizione “priva di senso”. Non lo è per quel 20/25 per cento che emerge in ogni sondaggio di opposizione e rigetto “da sinistra” del governo Monti. Uno su quattro di chi esprime un’opzione di voto si allontana e boccia Monti sentendo se stesso di sinistra e sentendo Monti di destra. Uno su quattro di chi si pronuncia. Metà degli italiani non si pronunciano e quindi gli anti Monti da sinistra sono il 10/15 per cento del totale e il 20/25 per cento dei sicuri votanti. “Senza senso” il dibattito e la questione?

Altro coagulo a destra, all’opposizione di Monti da destra: 11/12 per cento della Lega, 3/4 per cento di destra estrema tra coloro che si pronunciano. Un 15 per cento relativo, un 7/8 per cento in assoluto. E poi fuori dagli schieramenti gli elettori potenziali di Cinque Stelle di Beppe Grillo: 4 per cento relativo, due per cento in assoluto. Contro Monti si va depositando a vario titolo, ma in fondo non tanto vario, un quaranta per cento abbondante di chi dichiara che andrà a votare. Sono coaguli già fatti, stabili e che ingrossano.

Poi c’è il pulviscolo: quella fetta di elettorato del Pd e del Pdl e quasi tutto l’elettorato del Terzo Polo che Monti appoggia o tollera. Diciamo un 35 per cento nella metà degli italiani che si pronuncia, un venti per cento in assoluto sulla platea elettorale. Ma il vero pulviscolo sospeso è il quaranta e passa per cento degli italiani tutti che ad oggi dichiara di non sentirsi né di destra né di sinistra e di non saper dire se Monti e il suo governo sono di destra o di sinistra. E’ questo l’enorme pulviscolo sollevato e tuttora sospeso per aria che le “governate” e i cento giorni hanno sollevato. Pulviscolo che è difficile immaginare possa depositarsi in una forza politica, in uno schieramento, in un voto a sostegno di questo modo di governare. Ma pulviscolo che se resta tale rende tutti gli altri “coaguli” opinione e sentimento incapaci di produrre governo. Ad aprile vota la Grecia, a maggio la Francia. E nel 2013 votano italiani e tedeschi. Il biennio elettorale in Europa ci dirà quanta e che Europa rimane, quanto e che euro, quanta “crescita” e quanta garanzia sulla solvibilità degli Stati, quanto gli elettorati consentiranno o imporranno ai governi. E se e quanto il “montismo” in Italia sarà stata una parentesi o una metamorfosi.