Panico da tasse, ringhi di caste: all’Italia hanno ceduto i nervi

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 30 Aprile 2012 - 13:33 OLTRE 6 MESI FA

Bersani, Monti, Alfano, Casini

ROMA – Eugenio Scalfari su La Repubblica di domenica, Luca Ricolfi su La Stampa di lunedì: letture diverse e lontane sul paese e sulla sua economia, sul governo Monti e sulla sua effettiva utilità. Eppure entrambi singolarmente su una cosa convergono, anzi su una cifra: cento miliardi, ci sarebbero cento miliardi. La somma di quanto si può sfilare di tasca agli evasori fiscali più quanto lo Stato può smettere di spendere inutilmente, più quanto può venire di quota parte italiana da uno scongelamento di fondi europei, qualunque ne sia la forma, gli “euro progetti” per opere pubbliche, gli “euro bill” e cioè titoli ad un anno garantiti da tutta l’Unione, Germania compresa, il “piano Marshall” più o meno italo-tedesco e cioè semplicemente spendere in fondi inutilizzati. Cento miliardi di trasfusione nelle vene dell’economia e della società italiana qui e subito, nei prossimi diciotto mesi.

Ci sarebbero, si potrebbe fare. Ma non si farà nonostante quei cento miliardi più o meno ci siano davvero. Non si farà per antichi e consolidati vizi del paese e, soprattutto, per una nuova e sopravvenuta condizione generale: all’Italia di piazza e di Palazzo, all’Italia politica, sindacale, sociale, familiare, all’Italia di borgo e di città, di corporazione e professione,di giovane, mezza e tarda età, all’Italia degli uffici e dei telegiornali, dei bar e dei quotidiani, dei bus e del web, insomma a tutto il paese hanno ceduto i nervi.

Al solo sussurro di mettere tutti gli uffici di Stato in un solo palazzo, uscieri, centralinisti, prefetti, marescialli, questori, magistrati gridano alla patria in pericolo e vilipesa. Ovviamente nessuno “vuole difendere una poltrona”, sono “nervosi” nell’esclusivo interesse della nazione.

Pochi giorni prima tutto il sistema dell’informazione squadernava con orrore l’orrore di quasi la metà delle pensioni italiane che non superano i mille euro al mese. Orrore e sdegno che consentono di omettere alcuni “particolari”: ci sono quasi tre milioni di percettori di due o tre pensioni e, soprattutto, la gran parte delle pensioni sotto i mille euro, se non la totalità, sono pensioni senza contributi pagati in maniera sufficiente a formare appunto pensione. Sono di fatto assegni di assistenza sociale, esistono anche in Europa, dovunque e sono in media il 5/6 per cento delle pensioni. Da noi sono il 30 per cento. E perché mai?

Perché in un paese dove ci si nasconde per decenni all’ombra di dichiarazioni fiscali con redditi inferiori a 15mila euro annui o ancora meno, dove dunque non si pagano contributi per decenni nemmeno per se stessi, si emerge poi alla pensione che è necessariamente di fame.  Pensione di fame sì, sotto i mille euro. Ma come erano sopravvissuti per decenni quelli che alla pensione di fame arrivano, anzi emergono? Al nervo scosso della lacrima sul pensionato di fame questa è domanda che non interessa, così come mai domandare se c’è un qualche rapporto tra le pensioni di fame e il fatto che le pensioni siano da noi 23 e passa milioni su 59 milioni di abitanti neonati compresi. I nervi di tutti sono scossi e a pezzi: l’Italia va in pensione a 66 anni e con assegni di fame. L’Inps ha comunicato che lo scorso anno si è andati in pensione a 60 anni scarsi di media, ma non conta.

Seicento sindaci sono contro l’Imu e anche l’Anci che è l’associazione dei Comuni e anche Giuliano Pisapia “arancione” che è sindaco di Milano. I seicento sono in gran parte verde Lega ma nell’arcobaleno anti Imu i colori si affratellano. In realtà la gran parte dei sindaci, Pisapia compreso, vuole che l’Imu resti tutta pagata e incassata dai Comuni. Ma comunque è rivolta e sdegno contro la “patrimoniale mascherata”. Ma non si voleva la patrimoniale e chi oggi come Bersani parla di alleggerire l’Imu non ne vuole sostituire il gettito con i proventi di una patrimoniale? Boh…Alfano giovane leader del Pdl ha già sfornata l’Imu per un anno e poi si cancella, poi l’idea che chi aspetta di esser pagato dallo Stato come azienda non paga le tasse come contribuente. Più in generale tutti i partiti hanno “impegnato” in Parlamento il governo ad abbassare le tasse. Perché di Imu si muore come dice la Confindustria di Squinzi e anche la Cgil della Camusso. Ma come ha fatto a sopravvivere l’Italia fino al 2008 quando pagava l’Ici? Boh…

E’ uno scandalo, è una vergogna che le aziende vengano pagate con ritardo che è tortura dalle Pubbliche Amministrazioni. Vero, intollerabile. Come è altrettanto vero e intollerabile che di “aiuti all’economia”, cioè di soldi alle aziende non si sa bene perché e per come vada ogni anno il 4 per cento del Pil. Soldi buttati in mance e mancette ai vari settori, un 40/50 miliardi che dovrebbero, potrebbero smettere di essere la “paghetta” per chiunque e comunque e diventare incentivo e politica industriale, incentivo a quell’industria che innova, regge, vende, aumenta fatturato e produttività: Ma se glielo dice a Squinzi e a Camusso  che non è più “paghetta” per tutti, entrambi impallidiscono. I nervi della parti sociali hanno ceduto vogliono “più paghetta per tutti”.

Più paghetta per tutti, meno tasse per tutti e colga la peste chi tocca i governi locali, tempio della democrazia e della civiltà. Pagato lo stipendio a tutti i dipendenti pubblici e pagate tutte le attuali e discutibili spese della sanità, della giustizia, della difesa, della scuola, restano tra i cento e i duecento miliardi che la politica spende per se stessa, le sue istituzioni (il 2,5 del Pil, enormità senza riscontro in Europa) e il resto, abbondantissimo resto, per il paese i cui nervi non reggono più: il pianoforte per la provincia calabra, il corso di bicicletta per l’amministrazione trentina…come ogni giorno raccontano sul Corriere della Sera. Il paese si indigna, i suoi nervi non reggono più, ma qualcuno quel pianoforte lo vende e qualcuno per quei corsi viene pagato.

La benzina a più 20,8 per cento come non mai, il carrello della spesa a più 4,7 per cento, i disoccupati al 9,7 per cento, anzi di più…rispunta perfino Tremonti a dar lezione di conti. Al paese, a tutto il paese sono proprio saltati i nervi. Per panico da tasse e ringhio di casta e ceti ciascuno chino sul suo osso. E per l’indefesso lavoro dei demagoghi:… chi per giungere al potere sobilla il popolo con la promessa di appagare ogni sua aspettativa. È questa la definizione di demagogo come da vocabolario. Da noi la normalità del ceto dirigente da almeno venti anni, da noi il costume sociale e politico accettato e considerato ovvio. Ora è all’opera l’ultima variante: quella che prevede e promette di “appagare l’aspettativa” che un urto di nervi, un nervoso cedimento di massa possa, anzi debba, consentire all’Italia di uscire dalla crisi. Anzi, deve essere questa la via italiana, la soluzione: una botta isterica e la crisi prende paura e scappa via.