Papa, anche se Francesco, non è Charlie e rimette Chiesa al centro del villaggio

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 16 Gennaio 2015 - 15:16 OLTRE 6 MESI FA
Papa, anche se Francesco, non è Charlie e rimette Chiesa al centro del villaggio

Papa, anche se Francesco, non è Charlie e rimette Chiesa al centro del villaggio (foto Lapresse)

ROMA – Un nonno del Sud avrebbe commentato annuendo: “Chi è nato tondo non può morire quadrato…”. Una nonna di qualunque provincia e città avrebbe approvato in forza del noto “Scherza con i fanti e lascia stare i santi”…C’ è l’essenza antica, il nocciolo duro, l’identità genuina della Chiesa cattolica, della cattolica religione in quel “Se parli male di mia madre ti arriva un pugno” detto e mimato da Papa in Francesco a bordo di un aereo e davanti alla stampa mondiale. L’essenza, il nocciolo, l’identità non sono “il pugno” ma la ragione asserita del pugno. L’essenza, il nocciolo, l’identità sono il pensiero, la certezza, il presupposto, il postulato secondo il quale qualcuno su questa terra parla talvolta per bocca e spesso con le parole scritte niente meno che da un dio, anzi da dio senza “l’un” che le grandi fedi in questione o sono monoteiste o non sono. Per dirla con Garcia, francese allenatore della Roma, Papa Francesco ha “Rimesso la Chiesa al centro del villaggio”.

Garcia aveva usato la “c” minuscola e lui intendeva per chiesa al centro l’ordine naturale del calcio per cui la squadra più forte vince. Francesco rimette al centro del villaggio degli umani la Chiesa intesa come custode, interprete, megafono niente meno che della parola di dio. Gli umani, possono avere opinioni e libertà d’opinione e pensieri e libertà di pensiero, la Chiesa di Francesco li rispetta. Però se sei sicuro che quel che dici e pensi proviene più o meno diretto da dio, allora giocoforza sei rispettoso dell’altro fino a un certo punto. Fino al punto che decidi tu, per interposto Libro sacro o precetto religioso. La Chiesa di Francesco, pacifica e benefica, tollerante e provvida, dialogante e aperta. Non uccide più nessuno per fede, tanto meno oltraggio alla fede. Lo ha fatto per secoli, lo ha ricordato lo stesso Francesco. Da tempo non lo fa più, non uccide più, condanna di chi lo fa. Ma ritiene pur sempre oltraggio ironizzare, sminuire, sottoporre a critica valoriale le parole e i precetti che la Chiesa dice, asserisce siano quelli di dio. Perché? Perché sono quelli di dio, per la Chiesa la domanda non è pertinente e in fondo non è ammissibile.

Non lo è mai stata per la Chiesa pertinente e ammissibile da parte degli umani la domanda, questa domanda. Parole, precetti, immagini della fede godono da sempre per la Chiesa di uno status superiore perché la loro genesi non è di questo mondo. La libertà, le libertà degli umani possono spingersi più o meno là nel corso dei secoli, nel corso del tempo degli umani, ma mai debbono mettere in causa la superiore, trascendente natura di parole, simboli, precetti e immagini della fede. Questa è la religione, questo è ed è sempre stato e sempre sarà qualunque religione monoteistica, qualunque religione del Libro. Cristianesimo, Islam ed Ebraismo condividono questa certezza di essere a colloquio con dio, talvolta di essere di dio il ventriloquo, di certo di esserne non solo il testimone e l’interprete ma anche l’incarnazione. Se offendi, critichi, ironizzi, intellettualmente critichi o demolisci l’incarnazione, offendi, critichi, demolisci dio.

Puoi perfino amarlo l’altro, non solo il prossimo tuo ma anche l’altro da te. Ma se tu sei con la tua Chiesa o fede o religione in qualche misura partecipe della natura di dio e l’altro no, allora l’altro potrai rispettarlo, proteggerlo, amarlo perfino ma mai stimare la sua opinione o le sue azioni al pari della tua e delle tue. E’ una linea di faglia, una frattura assai profonda e molto antica quella in cui si è calato Papa Francesco esaltando le “garanzie” che la religione, qualunque religione deve pur conservare di fronte alla libertà del pensiero critico. Una faglia che separa il mondo greco classico, il mondo romano antico da quello cristiano. Per la classicità precristiana l’umano ha la possibilità e anche il dovere di un’etica privata e pubblica da definire e osservare in autonomia con la religione. Il cristianesimo rovescia questo valore dell’etica umana che poggia sull’uomo. Ne diffida, la teme. E fonda l’etica a immagine, somiglianza e obbedienza del dettato divino.

Quindici secoli dopo il pensiero scientifico-illuminista-liberale scoprirà o riscoprirà l’autonomia dell’etica dalla religione e vi accoppierà l’autonomia della ragione, della ragion critica dalla religione. Entrambe le autonomie sono pef ogni religione corrosive e meritevoli quindi di limiti. Quando si dice limiti alla satira si intende quindi molto di più della satira. La grande forza delle religioni, la superiore forza delle religioni, il motivo per cui miliardi di umani in millenni hanno in stragrande maggioranza sempre scelto una forma di religione, tutto ciò risiede nella fatica degli umani, nella immane fatica umana a trovare un senso della loro esistenza basato sulla loro stessa esistenza. Più facile, più agevole supporre un senso fuori da sé che solo dà senso al sé. E poi l’altra fatica: concepire, pensare l’inconcepibile e l’impensabile. Pensare la fine. La fine l’uomo non ce la fa a pensarla, letteralmente. Può pensare la morte, non la fine. E le religioni sono lì a dire che la morte c’è di sicuro, la morte. Ma la fine no, la fine non c’è.

Nessuna religione può non sentirsi offesa se l’umano ipotizza in varie forme che la parola attribuita a dio valga quanto ogni altra parola umana. Nessuna religione può farlo, appena lo facesse riconsegnerebbe all’umano la fatica dell’autonomia del senso dell’esistere e minerebbe così la credibilità della promessa di una non fine. Neanche Francesco che porta certo il nome e muove sul cammino di una Chiesa francescana, dei poveri, degli ultimi. Ma che è francescano, gesuita e cattolico e quindi rispetta l’umano intelletto, i diritti umani, l’umana critica. Con loro dialoga, con loro cerca, con loro cammina e procede in pace. Ma mai e poi mai consentirà, potrà solo supporre che la parola di dio e quella dell’uomo valgano altrettanto.

E’ una linea di faglia profonda, chi ha fede, chi confida nella religione è certo che dio abbia creato gli umani a sua immagine e somiglianza sì, ma che questi debbano sempre agire consapevoli della loro natura di creature di entità trascendente. E’ il pensiero religioso. L’altro pensiero, quello scientifico, illuminista e liberale ritiene che gli umani abbiano probabilmente creato dio a loro immagine e somiglianza e che sicuramente le singole religioni e Chiese siano prodotti umani e della storia. E che quindi non abbiano in sé nulla di sacro, di sovrumano, di intangibile. E questo anche nel caso un dio esista davvero. Questa linea di faglia non può mai chiudersi  e infatti non si è mai chiusa.

Quanto al “pugno”, Papa Francesco e ogni buon cattolico e anche ogni buon musulmano o buon ebreo penserà in ottima fede e piena coscienza che il pugno sia quello dell’agire umano che ardisce ironia, satira e critica sul sacro. Che il pugno sia la irrispettosa presunzione umana di porsi al livello del divino. Gli altri, i meno nella storia e suol pianeta ma quelli che hanno fatto nascere e sviluppare ciò che oggi chiamiamo mondo moderno, pensano guarda un po’ che il pugno sia la pretesa, l’arrogarsi il diritto indiscutibile di stabilire ciò che è sacro, sacro perché l’ho detto io e io l’ho detto perché me l’ha detto dio. E no, illuministi e Papa insieme non si può essere. Il Papa non è Charlie perché il suo “villaggio” sta sì in questo mondo e in questo tempo ma la sua Chiesa al centro no. La sua Chiesa è intrisa di divino, chi non lo accetta, non lo condivide, non se ne convince va, non a caso, “salvato”. Salvato perché in fondo è un umano che non rispetta il vero. Perché il vero coincide con il sacro. E quindi c’è molta meno distanza tra cristianesimo, islam ed ebraismo di quanta ce ne sia tra il pensiero, l’umano, scientifico, illuminista e liberale e qualunue religione.