Le primarie contro Renzi, le “secondarie” contro Monti

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 19 Novembre 2012 - 14:02 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – A Matteo Renzi manca un partito, a Mario Monti manca un elettorato ed entrambe le “mancanze” si vedono eccome nella storia quasi conclusa delle elezioni primarie dei progressisti (preferiscono chiamarsi così piuttosto che centro sinistra) e nella iniziata vicenda delle elezioni “secondarie”, cioè quelle seconde solo in ordine di tempo ma dove davvero si sceglie il Parlamento e il governo.

Che a Matteo Renzi manchi un  partito è una sensazione addirittura fisica, un’esperienza materiale che si provano e vivono basta andare in un circolo del Pd a registrarsi come elettore per l’appuntamento del 25 novembre. Di Renzi si parla, se si parla, come di una sorta di abusivo, nel migliore dei casi come di un “imbucato” in quella che dovrebbe essere una festa in famiglia a sinistra. Il materiale informativo targato Renzi è quasi sempre su un tavolo a parte, quasi mai manca la battuta tipo: “Mica voterai quello..!”. Per Renzi si prova fastidio prima ancora che dissenso, il corpo del Pd non nasconde, davvero sente nei suoi confronti una crisi di rigetto. Il “corpo”, non i dirigenti, non c’è bisogno di arrivare a Rosy Bindi. Il “corpo”, la gente che nel Pd ci vive Renzi non lo digerisce. Il “corpo”, non gli elettori del Pd.

E in questi circoli del Pd nessuno nega che le famose “regole” siano state pensate e adottate per far inciampare Renzi. Registrarsi come elettori e sia, ma registrarsi in altro momento da quello del voto, registrarsi sì via web ma tanto sempre devi andare comunque a ritirare il certificato elettorale da “registrato” sono complicazioni, “chicanes” poste sul circuito del voto per diminuire la velocità dell’afflusso dei votanti. C’erano e ci sono sacrosante esigenze di controllo ma non c’è dubbio che su questo autobus sia stato fatto salire e si sia dato comodo e ampio posto al bisogno, alla voglia di rendere il voto difficile all’elettore “tipo renziano” come il corpo del Pd se lo immagina: moderato in politica, suscettibile di scivolare al centro o comunque in un “altrove” che sinistra non è, pigro e tiepido nelle passioni e convinzioni…Quindi se gli fai fare due file da venti minuti ciascuna per votare, quello non viene.

Neanche lo negano nei circoli Pd di averla pensata così. E’ un “corpo” del partito che non si nasconde, genuino e sincero nella suo “rigetto” di Renzi, molto improbabile che questo “corpo” si presti a brogli e a magheggi o a maneggi sul risultato, però non considerano Renzi uno di loro e quindi sarà uno spoglio delle schede ostile, ostile fino al limite della regolarità. Non oltre, ma al limite sì. E infatti non si fa fatica a raccogliere scongiuri: che Renzi non prenda più del 30%…che dio non voglia superi il 35%…Eventualità narrate con il tono che si riserva alle sciagure. Se poi butti lì la domanda ma se per voi va bene alle “secondarie” non dovreste governare tutti insieme, Bersani, Vendola, Tabacci, Puppato e Renzi? Per i primi quattro nessuna fatica è la risposta, ma Renzi no. Il “corpo” del Pd vive come uno di famiglia, magari scapestrato, quel Vendola che è il leader di un altro partito e come uno “fuori”, forestiero, straniero, barbaro(?) Renzi che è nel Pd.

Quindi Matteo Renzi non ha un partito, anzi gli manca proprio. E le primarie sono state costruite anche per impedirgli di andare oltre il segno. C’è una ragione per questo e non è la storia della “rottamazione”. Questa può spiegare gli attriti appunto con la Bindi et similia. Ma il fastidio che il corpo del Pd prova verso Renzi è di altra natura, è politica pura. Sia pure in maniera non sistematica Renzi non fotocopia e benedice nel suo progetto politico la geografia sociale tradizionale del Pd. Renzi “bestemmia”: non è detto che i pubblici dipendenti abbiano sempre ragione e siano sempre vittime, non è detto che la patrimoniale è la mano santa fiscale e sociale, non è detto che lo Stato debba sempre occuparsi di tutto. In casa Pd Renzi “bestemmia” di liberal democrazia. Questo offre a Renzi un elettorato potenziale fatto di una minoranza, netta minoranza, di coloro che votano a sinistra, di un po’ di quelli che votano al centro, di pochissimi che votano a destra e di chissà quanti per ora hanno deciso di non votare. Insomma, parafrasando al storia del cammello e della cruna dell’ago, è più facile, anzi sarebbe più “plausibile” un Renzi candidato premier che un Renzi segretario del Pd.

A Mario Monti invece, qualora volesse continuare a governare, manca un elettorato. Non è vero che sia pronto a votare per Monti premier quello che fu l’elettorato di Berlusconi. In gran parte quel “fu” discende proprio dall’aver consentito il Pdl che un governo Monti sia esistito. Il Monti premier e perno della vasta alleanza dei moderati dal Pdl all’Udc nell’elettorato non c’è. Quel 45/50%, talvolta di più, di italiani che dal 1948 non vota a sinistra non si unirebbe certo in un voto 2013 destinato a confermare Monti e la sua politica. La gran parte di quell’elettorato è socialmente e culturalmente tutt’altro che “moderata”. Nutre e condivide convinzioni e pulsioni anti Stato, anti euro, anti Europa. Monti è per questo elettorato una brutta esperienza da non ripetere.

Ha allora Monti elettorato a sinistra? Forse lo ha avuto, ne sono rimaste le briciole. E, se lo ha avuto elettorato a sinistra, è stato per equivoco. Nulla del pensiero e dell’azione di Monti coincide con gli assett del Pd per non dire di Sel. La spending rewiev è per la sinistra, partiti, sindacato, gente, “taglio”. La produttività è “sfruttamento”. La pensione a 65 anni è accanimento e negazione dei diritti acquisiti, la flessibilità sul lavoro è inno alla precarietà. Alla fine dell’anno di governo Monti l’elettorato di sinistra è contro Monti, soprattutto contro il fatto che possa governare ancora, al Quirinale magari, ma a Palazzo Chigi una volta basta e avanza.

Allora Monti ha, per Monti c’è un elettorato di “centro”? Sì e no e comunque è un bacino elettorale piccolo e stretto. Per Monti, qualora volesse fare politica in Italia, c’è potenziale l’elettorato riformista: pochissima cosa a destra, poca cosa a sinistra, roba ignota in gran parte della pubblica opinione. Riformismo, l’antitesi di un paese immobile da decenni anche e soprattutto per sua volontà e scelta. Immobile come da sua richiesta. Immobilità che viene vissuta come richiesta e garanzia. Se mai volesse tentarle, le “secondarie” giocano contro Monti e il riformismo. A meno che il 40 per cento dei renitenti al voto, dei potenziali astensionisti non stiano reclamando con questa scelta un immediato, radicale e mai visto riformismo, cioè il cambio dei connotati del paese. Ci sia consentito di dubitarne, quella minacciata astensione è soprattutto rancore di massa verso la politica per non aver saputo mantenere tutto come era prima.