Referendum, abbiamo già perso: addio Italicum danno più grande

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 6 Ottobre 2016 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA
Referendum, abbiamo già perso: addio Italicum danno più grande

Referendum, abbiamo già perso: addio Italicum danno più grande (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Referendum 4 dicembre, sondaggi danno avanti il No e il Sì in leggera rimonta, dicono che il Sud vota soprattutto No. Dicono anche che più o meno il 60 per cento degli elettori ha intenzione di andare a votare e tra questi il 10 per cento (dieci!) sa più o meno cosa c’è nella legge da approvare o respingere. Su cosa, per cosa e contro cosa, perché voterà o vuole andare a votare il restante 50 per cento degli elettori è un meraviglioso fenomeno della coscienza collettiva del paese.

La gran parte dei prossimi elettori, la stragrande maggioranza di chi intende andare a votare (non dei promessi astenuti) non sa e non ha grande interesse a sapere, anzi ritiene superfluo e fuorviante, oltre che noioso, sapere della legge che approva o respinge. Sa però che voterà Sì e soprattutto No, per tutti altri motivi dall’oggetto del referendum. Un miracolo di comunicazione emotiva e di partecipazione ignorante.

Referendum 4 dicembre, dire dunque cosa c’è nella legge da respingere o approvare è tempo perso e parlare al miglior sordo, quello che non vuol sentire. Dell’oggetto della legge i più nella pubblica opinione francamente se ne fregano, vogliono e hanno altro per cui votare. Dell’oggetto della legge francamente se ne fregano anche i politici, i partiti, i Movimenti e i Comitati che fanno campagna elettorale. Ci mettono dentro, soprattutto quelli del No, dentro alla legge non alla campagna, quello che gli pare: chi la dittatura, chi il “nero” sotto casa, chi la mancata pensione a 60 anni.

Tempo perso, quindi non staremo a dire cosa c’è nella legge ora sottoposta a referendum. E nemmeno staremo a calibrare le conseguenze (rispettivamente descritte come apocalittiche e rovinose oppure liberatorie e taumaturgiche) della vittoria del Sì e del No. Renzi dice l’esito del referendum vale buona sorte per i prossimi venti anni, Salvini replica: cinquanta anni di disgrazie se vince il Sì.

Semplicemente, se vince il Sì lo zoppicante e fortemente inviso riformismo di governo made in Renzi riprende fiato e la reazione di rigetto nel paese si attenua, se invece vince il No Renzi va di fatto e casa e soprattutto il paese manda un messaggio chiaro: guai a chi tocca l’ordine costituito dei “tavoli”, coalizioni, parti in commedia, corporazioni, sindacati, diritti acquisiti, assetti democratici, democratici nella declinazione per cui non ci può e deve essere decisione senza spartizione di vantaggi della decisione stessa tra tutti i seduti al “tavolo”.

Importa certo che vinca il Sì o il No e in fondo ha ragione l’elettore ignorante a votare anche se non sa su cosa. In fondo comunque voti va a votare su diverse idee e anche valori, anche se non lo sa. Anche se vota per la pensione mancata, per il nero sotto casa, per dispetto, per istinto di lobby o per punire l’usurpatore in fondo vota coerentemente per bocciare ancora una volta quello che in Italia ha sempre perso ed è sempre stata minoranza sociale e politica: il riformismo. O al contrario, anche se vota per inerzia e perché tizio gli sta simpatico, in fondo vota per correre il rischio di cambiare, scuotere un paese sempre più inacidito e obsoleto.

Importa certo chi vince, ne deriveranno o no crisi di governo, elezioni politiche, dati finanziari…Importa, ma abbiamo già perso. Abbiamo già perso tutti. Tutti tranne…Abbiamo già perso perché in nome e cercando una vittoria del Sì al referendum Renzi ha mollato la legge elettorale chiamata Italicum.

Italicum, non che fosse una legge perfetta. Aveva il difetto dei capilista nominati dai capi partiti, il difetto della soglia di sbarramento troppo bassa…Ma era una legge elettorale che chiaramente evitava il peggio. Il peggio che oggi, addio all’Italicum consumato, torna. Il peggio è una legge elettorale, quella che sicuramente verrà, che consentirà, favorirà ancora una volta gli Ulivi e le Case della Libertà, cioè quelle coalizioni che si formano solo per prendere insieme voti e poi sono fatte per non governare.

La legge che verrà, diversamente dall’Italicum o da qualunque legge veramente maggioritaria, sarà legge elettorale come un appalto per governi al massimo ribasso. Sarà fatta a misura di ogni piega di interessi nel paese e di ogni voglia e abilità di farci un partito sopra. Ne verrà fuori un Parlamento in cui nessuno potrà fare da solo e in cui nessuno si sognerà quindi di fare un bel niente se non rappresentare se stesso. Avremo Parlamento e governo più o meno proporzionalmente appaltati e politica e governo finiranno lì. Anzi no, ci sarà una fortissima opposizione anti sistema che mai e poi mai si sognerà di diventare governo, ne morirebbe.

Il ballottaggio, il secondo turno, il premio di maggioranza erano modo per evitare ancora e ancora il non governo del paese. Coerentemente tutte le forze conservatrici, affezionate o incistate al sistema attuale, rifiutano ballottaggio, secondo turno, premio di maggioranza. Strani “democratici di sinistra” ora dicono che con l’Italicum poteva vincere M5S. E allora? Se il paese vorrà, venga M5S al governo. In realtà non di M5S al governo sono preoccupati, sono preoccupati di una legge elettorale che stabilisca davvero che chi vince le elezioni governa davvero. Questo è insopportabile per chi vede Italicum o simili come indubbio danno allo statu quo.

E quindi addio Italicum. Dice per salvare la riforma del Senato, delle Regioni…Dice, ma non c’è partita. Anche passasse la riforma costituzionale (ed è tutt’altro che detto) il danno di una legge elettorale proporzionale o giù di lì in arrivo è grande, più grande. Ed è danno già fatto. I Bersani, D’Alema, Grillo, Di Maio, Brunetta, Salvini…questo danno l’hanno già prodotto. La prossima legge elettorale sarà a misura e postura di un paese cui fa schifo, orrore, sdegno e paura anche solo provare a cambiare usi, riti, poteri, ruoli, garanzie, privilegi, lavori, cultura…

Quindi sul referendum abbiamo già perso. Tutti, tranne quelli cui il paese sta bene così come è. In fondo anche se non lo sanno neanche questo i votanti del Sì e del No votano anche se non soprattutto su questo e per questo.