Scuola: cattivi maestri, studenti boicotta se stessi, ricatto scrutini

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 13 Maggio 2015 - 14:01 OLTRE 6 MESI FA
(foto Ansa)

(foto Ansa)

ROMA – Cominciamo dalla coda, dalla minaccia dei sindacati di impedire gli scrutini alla fine dell’anno scolastico. Minaccia, meglio dire quel che è: ricatto. Come il più livido Cobas dei trasporti urbani, come quelli che a metà percorso sgombrano i passeggeri dal vagone della metro perché lo sciopero sta per cominciare e se arrivano a fine tratta lo sciopero scatta con due minuti di ritardo e chi se ne frega di chi sta viaggiando, a chi capita capita…

Come il più inacidito dei Cobas che se la rifa sulla gente, al confronto i tassisti sono dei sindacalisti scandinavi. Come secondo regola prima del sindacalismo corporativismo e lobbista: infliggi il massimo danno alla collettività. Questo è oggi il canone di comportamento annunciato e praticato da Cgil e Uil e, non a caso, Cobas scuola più o meno sparsi.

O forse no, forse il non facciamo gli scrutini è la prefigurazione di una scuola finalmente a misura dell’ideologia montata e montante. Una scuola dove non si giudica, non si esamina e quindi non si scrutina. Speriamo che a nessuno venga in mente di mettere simili pezze ipocrite al minacciato sciopero degli scrutini, speriamo resti un paradosso di chi scrive.

Lo sciopero degli scrutini: il massimo danno possibile a milioni di famiglie e studenti, la massima abdicazione possibile dalla responsabilità, ruolo e dignità di insegnanti. Eppure sta lì, il ricatto scrutini.

Seconda stanza di questa galleria delle sociali brutture gli studenti che boicottano…se stessi. Dichiara Danilo Campis a nome dell’Unione degli Studenti: “vogliamo una valutazione non gerarchica, non escludente e democratica”. Proviamo a dare senso alla richieste e alle parole con cui è formulata: che vuol dire valutazione non gerarchica e, supponiamo dunque, orizzontale come da gergo sindacal/politico? Che vuol dire, che nessuno sta sopra, non c’è gerarchia e quindi ognuno si valuta da solo come gli pare e comunque nessuna valutazione altrui fa testo? Sì, proprio questo vuol dire.

E non escludente e democratica che vuol dire applicata alla valutazione professionale e di competenze acquisite? Vuol dire la stessa cosa: la valutazione deve essere a salve, socialmente a salve. Non deve essere base per giudizi, premi, classifiche, incentivi…Tutti i professori e studenti devono essere messi preventivamente al riparo da qualunque effetto di qualunque valutazione, l’asticella della professionalità e competenza deve essere, restare, al livello tanto basso da consentire a chiunque di superarla con uno svogliato saltino. Dicono essere “di sinistra” questi studenti. Una volta non tanto tempo fa, università e scuole furono piene di studenti che nella loro folle ingenuità volevano fare niente meno che la rivoluzione, questi si limitano a voler l’esenzione da ogni esame. Non c’è parentela culturale tra le due generazioni.

“Studiare per te è…come un calcolo renale”. Domanda e risposta su un foglio dei boicottati test Invalsi. Non è goliardia, è, purtroppo, renitenza e cecità sociale. Altro studente ha vergato in risposta: “Ci rubate il futuro”. Se lo stanno rubando da soli. Si ostinano a non vedere che la scuola italiana produce analfabetismo logico prima ancora che grammaticale, sforna renitenti al pensiero, recalcitranti all’acquisizione delle competenze per la vita. Si ostinano a pensare che vada bene così e si cloroformizzano ripetendo da decenni e decenni che ogni cambiamento è “attacco alla scuola pubblica per favorire la scuola dei padroni”.

Hanno contribuito, contribuiscono a edificare il più vasto ghetto di incompetenze e lo chiamano scuola pubblica. No, non c’è parentela culturale tra la generazione che si ingozzava di testi di Marx, Marcuse, Hegel, Kant e a colpi di citazioni contestava i “baroni” delle cattedre e questi studenti che propagandano l’apprendere come un vizio capitalista. Tanto meno c’è parentale culturale tra loro e la generazione che si alfabetizzò con fatica e cercò nella scolarizzazione riscatto sociale. Dicono di essere sinistra quelli che ai test di valutazione che si fanno in tutto il mondo rispondono con una pernacchia. Se è sinistra, mai finora sinistra è stata tanto incolta e plebea.

Infine i professori. Difficile trovare parole migliori di quelle di Alessandro D’Avenia su La Stampa: “Io educherei fin da piccoli gli scolari a boicottare gli insegnati senza qualità, che non fanno lezione, non si preparano, ripetono la stessa solfa, non sanno tenerli, sparlano dei colleghi, ignorano i nomi dei ragazzi nei colloqui, parlano in dialetto: spettacoli all’ordine del giorno”.  Altro che boicottare i test Invalsi, gli studenti dovrebbero imparare a boicottare chi fa loro danno invece di fare il palo a chi li danneggia.

Ancora D’Avenia sull’aiuto che professori hanno dato e organizzato al boicottaggio: “Gesto che rende gli studenti pedine di un malcontento che riguarda noi ed è da sostenere in altre sedi. Mi chiedo se in questi anni questi insegnanti abbiano dato proposto forme alternative di prova…”.

No, non l’hanno fatto perché non era e non è un’altra forma di prova la ragione e l’obiettivo del boicottaggio. Ragione ed obiettivo sono lo sfregio, la pernacchia, il cogliere l’opportunità di infliggere danno. Certo non tutti ma ci sono nella scuola cattivi maestri. Che insegnano e praticano la dissimulazione, l’irresponsabilità, l’egoismo come religione civile. Che spacciano come democrazia realizzata l’assenza di abilità, competenze, bravure, eccellenze. Pusher di un’ideologia reazionaria che avversa, prima ancora che la cultura della sinistra storicamente progressista, perfino i principi dell’Illuminismo. Dicono di essere sinistra, sono Vandea.

Ma almeno i “vandeani” non si impancano a corpo intermedio della società, sono cattivi maestri ma non pretendono di essere la parte buona della società che evangelizza il prossimo. Si può dire altrettanto dei sindacati e sindacalisti che giudicano “fascista” lasciare in mano a un preside o a un comitato interno gli aumenti di stipendio ai prof bravi e giudica invece “democrazia piena” gestire in prima persona attraverso contratti, circolari e articolazioni territoriali i 580 milioni in più destinati ai professori? Eccola all’osso la grande battaglia per la libertà: non si muova un euro che il sindacato non voglia. Obiettivo talmente alto e nobile come ognun vede da valere, ovviamente, anche il ricatto sugli scrutini.