Movimento 5 stelle, il potere dell’equivoco

di Ernesto Trotta
Pubblicato il 16 Aprile 2019 - 07:03 OLTRE 6 MESI FA
m5s di maio

Non si può essere partito di lotta e al tempo stesso partito di governo

di Ernesto Trotta

Vi ricordate il “partito di lotta e di governo”?

Bizzarra ed immaginifica allocuzione: è andata di moda molti anni fa e, malgrado il passare del tempo, mantiene a tutt’oggi un fascino indiscutibile, tant’è che “a volte ritorna”, come gli zombie di Stephen King.

Lotta e governo, insieme, c’è tutto, la quadratura del cerchio, la pietra filosofale, il moto perpetuo, l’alchimia, gli estremi che si toccano, il “gelo che ti dà foco”, l’alfa e l’omega, si lotta e si governa.

Che brividi di soddisfazione!

Non so chi sia stato l’autore di un così affascinante e sintetico ossimoro: ricordo che si usava per il PCI del compromesso storico, s’è usato nell’Ulivo e nella mitica Unione di Prodi (bei tempi, professore, altro che “partito dei ricchi”, eravamo “di lotta e di governo”!), però è adatto anche oggi alle contorsioni politiche di Lega e 5stelle, che ambiscono a giocare tutte le parti in commedia (ultrà e questurino, centro sociale e centro di potere, giudice e avvocato, …); tutte le volte insomma che mancano le idee, che manca la determinazione, e allora ci provo ma non so se insisto, mi impegno senza compromettermi troppo.

Ha un suo fascino, non c’è dubbio, proprio come le grandi illusioni appena ricordate.

Purtroppo, la suggestione è alta ma le conseguenze a volte possono essere drammatiche, e anche comiche.

Ministri che partecipano al Consiglio la mattina e il pomeriggio manifestano in piazza contro il Governo, oppure potenti che attizzano il malcontento, dimenticando che sarebbe loro compito contrastarlo e smorzarlo, oppure che maledicono la casta essendo casta essi stessi; partiti che vorrebbero stare dappertutto ed in realtà oscillano senza progetti tra la voglia di rappresentare, anche sobillare, la protesta e la necessità di mettere davvero le mani nei meccanismi del potere, che come si sa è roba pericolosa.

Voglia di opposizione, libera e creativa, mentre ti tocca governare, con tanto di responsabilità, sai che palle!

In realtà è infantilismo allo stato puro.

La democrazia è un sistema duale: o stai al governo o stai all’opposizione; o sei maggioranza o sei minoranza. Tutto insieme non si può e soprattutto non si deve. Altrimenti è consociativismo, ovvero un’allegra ammuina dove nessuno si prende la responsabilità di nulla e tutti possono tenere i piedi in tutte le scarpe che vogliono. Basterebbe solo non lamentarsi che nulla cambia e che tutto va come al solito …! È però una tentazione irresistibile: troppo comodo è criticare e troppo faticoso invece è gestire una realtà spesso scomoda, fastidiosa, anche maleodorante.

Un partito politico, in forza della Costituzione è uno strumento per “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49). Determinare, non influenzare, e nemmeno condizionare.

Se ti fa schifo governare non sei un partito, sei un’associazione qualsiasi; se vuoi solo cavalcare la protesta, prendi atto che al Governo ci sono altri, che fanno quello che LORO ritengono opportuno.

Se invece vuoi cambiare il mondo, devi fartene una ragione: devi prenderti la responsabilità di governare, e prima ancora devi diventare maggioranza, almeno relativa (a seconda dei sistemi elettorali).

Scorciatoie non ce n’è.

O mendichi qualche briciola con il consociativismo, o ti rassegni a non contare nulla, imbozzolato in una minoranza tanto rigorosa quanto inconcludente, o ti attrezzi per convincere tanta gente che sei più capace degli altri e che hai più idee e migliori progetti.

Però la tentazione è forte, sia a sinistra che a destra, con la differenza che a destra sono sufficientemente cinici e spregiudicati da non porsi tanti problemi e sfruttare l’equivoco, finché dura; a sinistra invece ci facciamo del male, perché qualcuno ci crede davvero e va allegramente incontro ai disastri che abbiamo visto più volte. Né lotta né governo: solo malanimo e irrilevanza.

Sarebbe ora di crescere e accettare una volta per tutte che il potere comporta responsabilità di scelta, capacità di mediare, generosità, anche fantasia, per andare avanti, e non nostalgia del tempo in cui i mulini erano bianchi e le bandiere erano rosse.